Non so se quello che sto per scrivere, e che ho pensato poco fa, sia o meno interessante e originale: nel dubbio, non dategli troppa importanza.
Cos'è, in fin dei conti, la poesia, se non un tentativo di ritorno all'Eden, al Paradiso che è ancora in noi, anche se (lo si prenda nel senso che si vuole) ne fummo cacciati?
Che cosa intendeva Baudelaire quando voleva portare la sua bella "là-bas, où tout est luxe, calme et volupté" , se non il paese della poesia perenne?
L'arte poetica si distingue dagli altri modi di usare le parole proprio perché ( purtroppo solo nei momenti in cui la usiamo, scrivendo, o ne usufruiamo, leggendo) dovrebbe riportarci nei Paradisi perduti, o trasformare in sopportabili Paradisi sussidiari anche eventi infausti.
E non credo che siano concepibili Eden non governati da precise leggi ritmiche, musicali e matematiche, e al contrario retti dalla caotica prosa che impera tutti i giorni sulla Terra.
Grazie per aver letto questo mio improvvisato pensiero, e grazie soprattutto a coloro che, con i loro interventi precedenti, me lo hanno ispirato.