Capiamo che qualcuno mette tutto se stesso in una poesia, perché profondamente colpito dal fatto, e se la vede cancellata, sentendo come se si volesse cancellare ciò che ha provato.
Tuttavia ci dobbiamo comportare così perché lo reputiamo giusto. L'abbiamo fatto indipendentemente se il personaggio sia pubblico o meno, anche quando fu rapito quel bambino e poi ritrovato in un fosso, ad esempio. Il motivo è che la forte emotività di certi episodi, quando è unito alla forte risonanza mediatica, è una cattiva compagna per scrivere una poesia. Nonché per leggerla.
Sono poesie che l'autore sente sempre fortemente, indipendentemente dalla qualità effettiva, ed in chi legge acquistano valore perché condivide le emozioni non dalla lettura della poesia, ma dalla eco mediatica che ha condiviso con l'autore.
Fra autore e lettore dovrebbe crearsi una comunicazione di emozioni attraverso la poesia, invece in questi casi autore e lettore sono in comunicazione attraverso la risonanza, le immagini viste in televisione o lette su un giornale, che poi vengono richiamate dalla poesia, non dalla poesia in se stessa. Una poesia così è sempre "bella", "colpisce" sempre, è sempre "efficace", perché si basa su una emozione che il lettore ha già dentro di sé e nata spesso davanti ad un televisore.
Ed i commenti, come non potrebbero essere sempre positivi? Anzi, sono obbligatoriamente positivi, perché scrivere che una poesia su un ragazzo appena morto in diretta tv (od un bambino ucciso) è brutta, sarebbe un po' come mostrarsi senza cuore e cinici.
Chi scrive poesie probabilmente è una persona sensibile, che reagisce profondamente ad avvenimenti come questo. Però è necessario, soprattutto per noi che siano responsabili del sito, imporgli una minima meditazione.
Di ragazzi, di adolescenti anche, di bambini perfino, in fin di vita o morti per un incidente in moto o motorino ne arrivano spesso in pronto soccorso. Che hanno questi esseri di 4, 12, 14, 16, 19, 23... anni di diverso rispetto a questo ragazzo morto ieri, per non essere compianti e non avere una poesia? Solo l'eco mediatico, le immagini in tv, ma hanno la stessa vita spezzata fra una ruota e l'asfalto. Allora, per rispetto dell'uno e degli altri, è meglio vederlo passare in silenzio, e se uno ha una poesia la dice dentro di sé. O ci pensa, ci medita, sull'uno e sugli altri, e la scrive quando il clamore mediatico non lo influenza più e la vita quotidiana ha riportato la morte degli uni e dell'altro sullo stesso piano a cui, naturalmente e giustamente, appartengono, quello di giovani vite morte troppo presto.