Autore Topic: L'umiltà: che parolone!  (Letto 4541 volte)

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Offline Michele Tropiano

L'umiltà: che parolone!
« il: Venerdì 3 Giugno 2011, 12:48:13 »
Che la nostra sia un’epoca dominata dall’ipocrisia, è una cosa sotto gli occhi di tutti: i sociologi chiamano il nostro tempo “società dei consumi”, io la chiamerei più a ragione “società dell’ipocrisia”. E in tutti i campi, nel pubblico e nel privato, dai grandi governi che discutono ai G8 sulla fame del mondo e poi portano guerra e distruzione, a noi tutti che mandiamo 2 euro tramite messaggino ai terremotati poi spendiamo 200 euro per un paio di scarpe.
L’ipocrisia è avvertita soprattutto nei nostri discorsi. Michel Foucault, storico e filosofo francese del secolo scorso, analizzò le parti e l’ordine del discorso concludendo che nel nostro parlare ci sono diverse procedure “di esclusione”, ovvero modi in cui certe cose possono o non possono venir dette: molto in breve, “l’interdetto” (argomenti tabù come per esempio sesso e politica), “partizione della follia” (le parole del folle, che non vengono nemmeno calcolate), “il vero contro il falso” (ogni società ha un ordine di verità, accetta alcuni discorsi come veri, altri li rigetta come falsi). Dietro questi tre tipi di procedure, c’è per Foucault una volontà di fondo di impedire “l’anarchia della parola”; non sto a dilungarmi molto perché l’argomento non è certo questo, ma mi piace fare premesse ampie. Per allacciarmi al mio discorso, credo nella nostra società ci sia un’ulteriore procedura d’esclusione che abbraccia tutte le altre, ovvero quella dell’ipocrisia: qualcosa non può essere detta? allora la si sostituisce con un'altra, con un tacito accordo da parte di tutti che – inconsciamente o meno – la accettano come vera e come possibile, pur sapendo – sempre inconsciamente o meno – che in realtà si vorrebbe dire qualcos’altro, di più vero e più possibile, più plausibile.

Per entrare nel merito – “finalmente” direte voi! – di questa discussione specifica, una delle etichette che spesso, ma non sempre, fanno parte dell’ipocrisia è la cosiddetta “umiltà”. Che è un valore assoluto nella nostra società, molto più importante, a detta di molti, del valore della famiglia, dell’amicizia, o di altri: si sente dire spesso che l’umiltà sia la base per raggiungere grandi obiettivi, colui che non è umile rimarrà nella sua superbia a marcire. Tra l’altro, questo è un valore che nell’antica Roma, per esempio, non era contemplato, non esisteva nemmeno la parola “umiltà”: “humilis” e “modestia” significavano ben altro, ovvero, tra gli altri significati, la condizione sociale; anzi, proprio in virtù della condizione sociale, il valore più importante era quello di “elevarsi”. L’autocelebrazione e l’ambizione erano confessabili, anzi, necessari per essere ammirati. Basti pensare alla trentesima ode del terzo libro dei Carmina di Orazio (“exegi monumentum aere perennius”) in cui egli afferma di aver costruito un monumento perenne con la sua poesia: avesse scritto una cosa del genere ai nostri tempi, l’avrebbero subito etichettato come superbo, presuntuoso ed arrogante, invece proprio questa sua presa di coscienza – che fosse vera oppure no interessava poco – acuiva, presso i suoi contemporanei, la sua grandezza. Non fraintendetemi: non voglio propugnare un ritorno al tempo dei fasti dell’Impero Romano, assolutamente! Questa digressione storica era solo per spiegare che un valore così importante come l’umiltà non è così assoluto come si potrebbe pensare. Così come molti altri valori, del resto.

Ciò che, senza dubbio, ha contribuito notevolmente a creare l’umiltà come valore è la religione cristiana: sicuramente io non sono contro l’umiltà a priori, sempre e comunque, anzi, a volte, in determinate situazioni, è decisamente una buona cosa; piuttosto, io mi chiedo come mai nella nostra società l’umiltà sia così tanto determinante e, soprattutto, come mai sia diventata una forma di ossessione tale da farla rientrare, spesso – spesso ma non sempre, ripeto! – nell’ambito delle ipocrisie quotidiane del nostro tempo. Io ritengo che a volte l’umiltà e la modestia siano falsi pregi in quanto, a parte l’ipocrisia, essi sono capaci di attirare verso di sé lodi del tipo “guarda quello lì, è bravo e pure umile”. Se una persona si crede superiore e invece non lo è, il problema è suo, non certo degli altri, allora perché biasimarlo? Al massimo la cosa migliore sarebbe lasciarlo “cuocere nel proprio brodo”, no? Come mai non è possibile esprimere ciò che si pensa liberamente riguardo sé stessi? Perché il solo ponderare di essere meglio degli altri è motivo di biasimo da parte di tutti? E perché infine bisogna dissimulare questo ritenersi migliori dietro l’etichetta dell’”umiltà”?

P.S. Ripeto ancora una volta affinché non me lo si dica nemmeno una volta: spesso (o “ a volte”, fate un po’ voi) ma non sempre l’umiltà è ipocrisia.
« Ultima modifica: Venerdì 3 Giugno 2011, 13:00:26 da Michele Tropiano »
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quod non imber edax, non Aquilo inpotens
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Offline paolo corinto tiberio

Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #1 il: Sabato 4 Giugno 2011, 00:04:03 »
rispondo all'invito anche se sull'umiltà ho ben poco da dire, forse un aforisma che m'è venuto or ora in testa: "E' facile fare l'umile per chi lo è per davvero!"  ;D

l'umiltà è una buona e pia cosa, ma mica sempre e per sempre, insomma... ;)
salvatico è quel che si salva

Past_Or0

  • Visitatore
Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #2 il: Sabato 4 Giugno 2011, 11:35:33 »
l'umiltà può avvere due antitesi dialettiche (vanità e superbia)... riporto una citazione di schopenhauer un superbo convinto della sua superiorità filosofica... qui c'è qualcuno invece convinto della sua superiorità poetica che scrive scrive scrive tanto per autoesaltarsi come a voler che anche gli altri si convincessero di questo come lui (forse) lo è...
Citazione
La differenza tra questi ultimi due [vanità e superbia] sta soprattutto nel fatto che la superbia è la convinzione, già esistente, della propria superiorità in un senso o nell’altro; la vanità è, invece, il desiderio di suscitare quella convinzione negli altri, accompagnato, per lo più, dalla segreta speranza di poterla poi fare anche propria. Così, la superbia è una grande stima di se stessi che procede dal proprio interno, ed è quindi diretta, mentre la vanità è un’aspirazione a ottenerla dal di fuori, cioè indirettamente. In conformità con ciò, la vanità rende loquaci, e la superbia rende taciturni [...] A rendere veramente superbi è il convincimento saldo, intimo, incrollabile di possedere doti eccezionali e di valere più degli altri.
(Schopenhauer)

Offline Gianpiero De Tomi

Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #3 il: Sabato 4 Giugno 2011, 16:48:14 »
Magari l'egoista superbo vive bene questa sua condizione ...chi può dirlo? Ognuno dovrebbe essere nella possibilità di perseguire la propria natura, a patto che questa, non sia lesiva nei confronti di altri ... perchè mai tutti dovremmo essere umili? L'essere umano è materia composita estremamente mutevole ...

Offline Amara

Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #4 il: Sabato 4 Giugno 2011, 16:57:17 »
..ho riflettuto molto su questo tuo topic...
credo che l'ambizione sia un fatto positivo.. (sarà che il non esserlo mi ha spesso tenuto al palo) quando non sia smodata e basata sulle proprie capacità oggettive..
la presunzione.. ha già nella sua accezione il dubbio sull'esistenza reale di valore..
poi come dici tu è affar proprio il rimanerne vittima... però questo rende chi ne abusa inviso agli altri.. e credo per più di una ragione.. che possono essere insofferenza..invidia..senzazione di prevaricazione..
ma credo che più di tutto sia il fatto che chi di sé presume molto.. difficlmente sa accogliere e ascoltare.. e siccome i rapporti umani sono uno scambio... viene meno una delle parti.. che condurrà l'altro ad abbandonare con irritazione...

l'umiltà..la modestia..li ritengo di per sé valori positivi quando non siano falsamente utilizzati ad altro scopo... ma a volte, quando non sinceri, sono anche frutto di insicurezza.. di timore del confronto...
o lenzuola su qualcosa di sé che non si sa affrontare..
certamente se utilizzati come captatio benevolentiae..risultano alquanto odiosi.. perchè danno la sensazione di voler ottenere senza davvero spendersi..

insomma alla fine credo che le parole magiche per ogni atteggiamento umano siano.. 'misura' e 'apertura'
non potendo pretendere di dare indirizzi che siano per tutti sinceri e validi.. e sopra tutto per me la sospensione di giudizio rimane il modo migliore per comprendere ed essere compresi..
« Ultima modifica: Sabato 4 Giugno 2011, 17:01:41 da Amara »
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Offline Ilguardianodelfaro

Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #5 il: Sabato 4 Giugno 2011, 22:31:51 »
sono senza parone, continuate ragazzi, la strada è lunga, ciao.
ilguardianodelfaro
Quello che hai visto ricordalo perché quello che non hai visto ritorna a volare nel vento. (Navajo)

Offline Michele Tropiano

Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #6 il: Domenica 5 Giugno 2011, 01:34:35 »
sono senza parone, continuate ragazzi, la strada è lunga, ciao.
non si capisce se questa risposta sia ironica o cos'altro.. Poiché ritengo questo un argomento impegnativo, non mi sembra una cosa corretta nei confronti di chi una risposta si è sforzato a farla uscirsene con certe affermazioni ambigue e inutili per il topic.
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In Venere

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Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #7 il: Domenica 5 Giugno 2011, 09:47:05 »
rispondo con questo pezzettino da blog, scritto ieri.

presunzione ed umiltà
paiono due antitesi
chi è presuntuoso, non è umile
chi è umile, non è presuntuoso.
umile, da humus, terra
presunzione da... da cosa?
in ogni caso, si pensa siano antitetici e spesso invece non è vero
si può essere presuntuosamente umili
e umilmente presuntuosi
un sacco di gente lo fa
e succede sempre che passi da umile.
"è bellissimo, certo non come le mie cose
le mie cose son bellissime, non certo come le tue."
scoprite le differenze
e ditemi: umili o presuntuosi?
io presuntuosa, sempre, per esigenze di copione, chiaro.

buona discussione

Offline Michele Tropiano

Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #8 il: Domenica 5 Giugno 2011, 11:56:58 »

umile, da humus, terra
presunzione da... da cosa?


pezzettino di blog carino... peccato che umile derivi da "humilis" non da "humus"!  ;D ;D forse la parola latina humilis deriva da humus o forse il contrario non saprei sinceramente
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Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #9 il: Domenica 5 Giugno 2011, 12:20:33 »
era per farti capire la mia posizione. l'umiltà di essere presuntuosi e la presunzione di essere umili sono trappole molto vicine all'equilibrio di non essere nè umili, nè presuntuosi, tutto qua.

Offline Michele Tropiano

Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #10 il: Domenica 5 Giugno 2011, 12:21:35 »
era per farti capire la mia posizione. l'umiltà di essere presuntuosi e la presunzione di essere umili sono trappole molto vicine all'equilibrio di non essere nè umili, nè presuntuosi, tutto qua.

sisi tranquilla avevo capito
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Offline DarioC 85

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Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #11 il: Domenica 5 Giugno 2011, 15:03:47 »
A me sembra che questo topic faccia tanta confusione per nulla:
umiltà: per me è umile chi si comporta col massimo rispetto verso tutti, indipendentemente da qualsiasi posizione culturale, politica, religiosa,...E non mi pare si possa essere falsamente umili:o si ha rispetto per tutti o non lo si ha. Gesù, nei Vangeli (ovviamente per chi ci crede, insegnava ad essere umili, ed egli per primo, nel giorno di Giovedì Santo lavò i piedi a tutti i suoi discepoli...e non mi sembra sia scritto in alcun passo del Vangelo una frase del tipo:"modestia a parte, so fare miracoli...").

modestia:questo è un artificio retorico e, diversamente dall'umiltà, prescinde dal rapporto con gli altri, riguardando l'opinione che ciascuno ha di sè...In tal senso può essere usata come strumento per la "captatio benevolentiae" (come evidenziato dalla signora Amara), e in tal caso si può benissimo peccare di falsa modestia se riferiamo agli altri di avere una considerazione di noi stessi più bassa di quella reale.

superbia:è superbo chi disprezza gli altri a prescindere, ritenendosi comunque superiore..Cioè è l'opposto del falso modesto e del modesto:del primo rispetto al proprio rapporto con gli altri, del secondo rispetto alla concezione che ha di sè.

Fatta questa premessa, credo che l'umiltà non possa mai essere intesa in una accezione negativa, e per questo il topic più propriamente (almeno riguardo quanto mi sembra di aver colto dalla discussione) dovrebbe essere intitolato: "La modestia:che parolone!"

Offline Michele Tropiano

Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #12 il: Domenica 5 Giugno 2011, 15:10:56 »


Fatta questa premessa, credo che l'umiltà non possa mai essere intesa in una accezione negativa, e per questo il topic più propriamente (almeno riguardo quanto mi sembra di aver colto dalla discussione) dovrebbe essere intitolato: "La modestia:che parolone!"

bene, allora nel mio testo sostituisci alla parola "umiltà" la parola "modestia" ogni volta che ricorre e rispondi alle mie domande, poichè il problema è solo di accezione linguistica a questo punto, non di contenuto. mi sembra che nessuno fin ora abbia davvero risposto alle mie domande.
« Ultima modifica: Domenica 5 Giugno 2011, 15:14:18 da Michele Tropiano »
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Offline Amara

Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #13 il: Domenica 5 Giugno 2011, 15:26:08 »
..mi pareva di averlo fatto.. per quello che è il mio pensiero...
forse non erano le risposte che volevi leggere...?
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Offline DarioC 85

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Re: L'umiltà: che parolone!
« Risposta #14 il: Domenica 5 Giugno 2011, 17:04:14 »
Se una persona si crede superiore e invece non lo è, il problema è suo, non certo degli altri, allora perché biasimarlo? Al massimo la cosa migliore sarebbe lasciarlo “cuocere nel proprio brodo”, no? Come mai non è possibile esprimere ciò che si pensa liberamente riguardo sé stessi? Perché il solo ponderare di essere meglio degli altri è motivo di biasimo da parte di tutti? E perché infine bisogna dissimulare questo ritenersi migliori dietro l’etichetta dell’”umiltà”?

Io cedo che esternare il giudizio che si ha di se stessi, a prescindere, sia un comportamento da biasimare:ci si porrebbe, infatti, contemporaneamente, nella posizione di "accusatore", "giudice" e "persona oggetto del giudizio"...Il che mi sembra un assurdo, soprattutto perché un giudizio necessita di un termine di paragone esterno, che in tale situazione sarebbe scelto a proprio comodo da chi è oggetto del giudizio stesso.

Darsi un giudizio, tuttavia, non è in sè un male, a patto però che resti nel "foro interno" (per usare un termine di diritto canonico), e cioè nell'alveo della propria coscienza.

Giudicare gli altri, invece, ci offre il vantaggio di essere "persona terza"...Si spera anche "imparziale".

Per questo, credo, dire "Secondo me Tizio non è bravo a fare una certa cosa" o "Tizio non dimostra di avere una grande cultura" sono frasi tutto sommato accettabili (purché motivate e non frutto di mero astio). Dire, invece, "Io sono più bravo di Tizio" automaticamente connota il mio giudizio di una certa negatività, così come dire "Tizio è più bravo di me" in una situazione in cui sia palese il contrario.