Prima di spiegare perché considero Amara un “genio poetico”, vorrei spezzare un po’ la noia e portare il primo esempio di “genio impoetico”: Manocchia.
Avendo la fortuna/sfortuna di conoscerlo quasi come conosco me stesso, mi perdonerete se talvolta il confine tra oggettività e soggettività sembrerà scomparire, assottigliarsi al punto da non essere più distinguibile.
Ciò che immediatamente colpisce (se colpisce) di questo pseudo-poeta, di questo falso critico, di questo finto umile, è l’immane sforzo che compie nel tentativo di deturpare qualsiasi componimento che esce dalla sua penna. Si ha l’impressione – e ho il sospetto che sia ben più di una mera impressione – che egli faccia di tutto per “andare contro” la poesia. Quando lo leggo, non posso fare a meno di irritarmi. Se prendiamo, per esempio, “La parte bianca della pagina” – un’escrescenza ripugnante, più che un componimento poetico – il senso del “banale”, leggendo, ci attanaglia da tutte le parti, ci soffoca, ci opprime: è talmente banale da non essere nemmeno provocatoria. E, ciò ch’è peggio, questo artista da quattro soldi si pone di fronte alla platea dei veri poeti – che sono sempre umili, caritatevoli, mai pieni di sé; che scrivono “spontaneamente”, perché la vera poesia non è qualcosa che si “costruisce”, ma che nasce, appunto, spontanea; che rifuggono le lodi e la fama, perché sanno che la lode e la fama uccidono la poesia; che si sminuiscono perché il poeta, non appena si rende conto di esser poeta, prova vergogna della propria capacità; che sono poeti proprio perché rifiutano di esserlo; che sono più simili a santi che a letterati – si pone, dicevo, con beffardo sarcasmo condito da ironia a buon mercato, da cui emerge tutto l’astio (l’invidia, forse) per la propria dilettantesca incapacità di riuscire a raggiungere le vette sublimi della “Poesia vera”.
Come se non bastasse, questo abominevole distruttore della lingua italiana, pretende di ergersi addirittura a critico, o filosofo, e ci propina una sua raffazzonata e rabberciata idea di “genio”, quando tutti sanno che oggigiorno non è più possibile avere idee di simile stampo, poiché è già stato detto tutto (e chi siamo noi per avere altre idee???), e nessuno dovrebbe permettersi di parlare di certi concetti, figuriamoci poi di svilupparli.
Manocchia è l’antitesi della poesia: in lui leggiamo tutto ciò che nella poesia non dovrebbe esserci; manca di intuito, manca di profondità, manca di musicalità e armonia, manca di immagini poetiche, manca di umiltà e ispirazione, manca di senso del ritmo, ecc. E pretende di venire a parlarci di “genio”!
Questo è intollerabile. Se gli piacciono tanto Roversi e Amara, che si legga per suo conto, senza infliggerci le sue stupide opinioni.