Autore Topic: Il GENIO POETICO  (Letto 21807 volte)

0 Utenti e 2 Visitatori stanno visualizzando questo topic.

Offline Massimiliano Manocchia

Il GENIO POETICO
« il: Lunedì 30 Maggio 2011, 15:07:13 »
Il termine “poetico” ha assunto, nella nostra cultura, una valenza talmente generica e vaga da essere utilizzato quasi sempre a sproposito. Il dibattito su ciò che è “poetico” è ormai argomento da Bar Sport, utile forse per alleviare la seccatura di una mano persa a Tressette o una bocciata maldestra. Non è dissimile la sorte toccata alla “poesia”; pur non essendo l’intento principale di questo mio scritto, nel quale mi propongo di parlare del concetto di “genio” applicato alla poesia, alcune considerazioni critiche sulla poesia sono necessarie e vitali per le argomentazioni che andrò ad esporre. Per non tediare troppo il lettore, limiterò, laddove possibile, qualsivoglia forma di tecnicismo accademico e di analisi formale, e non parlerò, se non raramente, di poeti classici, moderni o contemporanei, bensì di alcuni poeti presenti sul sito, prendendo a esempio e analizzando alcune loro composizioni. Mi scuso fin d’ora con gli esclusi e ancor di più con gli inclusi, alcuni dei quali proveranno profondo risentimento nei miei confronti, tanto più immotivato quanto più il loro ego si gonfierà d’astio.
Poiché mi considero sommamente rispettoso sotto il profilo umano, ma so di apparire talvolta irriguardoso sotto il profilo letterario, invito gli autori che dovessero sentirsi sbranati o massacrati dalle mie considerazioni, a prendere queste come critica al loro lavoro soltanto, e, nel contempo, rivolgo agli autori che prenderò a modello di “genio poetico” la preghiera di non coccolarsi troppo nel brodo di giuggiole con cui l’enfasi, a volte ridondante, lo ammetto, del mio apprezzamento riempirà la vasca dorata del loro ego.
Infine, esclusivamente per comodità di esposizione, classificherò, non senza una punta di bonaria ironia, alcuni autori sotto l’etichetta di “genio poetico” e altri sotto quella di “genio impoetico”.

Offline Massimiliano Manocchia

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #1 il: Lunedì 30 Maggio 2011, 15:07:46 »
Il “Genio poetico” – 1
I primi due autori di cui vorrei parlare a proposito di genio poetico sono Pietro Roversi e Amara. E non a caso. Essi si collocano, infatti, agli estremi opposti, ma confinanti, dello spettro del “genio poetico”.
Roversi possiede una profonda consapevolezza del proprio verso e dell’effetto che questo produce sul lettore; non è un poeta “istintivo”; tutto, nelle sue composizioni, viene accuratamente meditato, dalla scelta dei vocaboli all’esposizione metrica e sintattica, per dare forma (nuova e originalissima) all’intuito.
Amara è invece il tipico e rarissimo esempio di poetessa “naturale”: è istintiva, poco “tecnica”, dotata di uno splendido senso musicale innato; sembra scrivere apparentemente di getto, anche se in realtà non credo sia così, poiché tra i suoi versi, specie quelli più riusciti, un orecchio attento non mancherà di individuare un profondo lavoro di ricerca per l’armonia.
Ora, vorrei far notare come, pur partendo da background culturali profondamente diversi, e da concezioni poetiche che arrivano addirittura a contrapporsi tanto sono discordanti, entrambi siano in grado di donarci squarci di sublime poesia.
Prima di passare all’analisi di alcune composizioni, poserò qui il primo tassello del mosaico che, alla fine, andrà a comporsi: il genio poetico è la capacità di cogliere le nostre più profonde intuizioni. Come per colui che cerca “l’illuminazione” non è sufficiente coglierne un barlume per potersi definire illuminato, così, per colui che ricerca la “poesia”, non è sufficiente azzeccare un paio di versi riusciti per potersi definire poeta. E’ necessaria la continuità. La scintilla dell’intuizione è il primo vagito del genio poetico; va nutrita e cresciuta, educata e istruita. Per farla breve, va coltivata consapevolmente, criticamente e messa in discussione attraverso un confronto con se stessi (e con l’altro da noi) che deve essere tanto duro quanto incessante. Il poeta deve contestualizzarsi nel finito, se vuole superarne i confini.

Offline Giorgia Spurio

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #2 il: Lunedì 30 Maggio 2011, 23:46:34 »
"il genio poetico è la capacità di cogliere le nostre più profonde intuizioni. Come per colui che cerca “l’illuminazione” non è sufficiente coglierne un barlume per potersi definire illuminato, così, per colui che ricerca la “poesia”, non è sufficiente azzeccare un paio di versi riusciti per potersi definire poeta. E’ necessaria la continuità. La scintilla dell’intuizione è il primo vagito del genio poetico; va nutrita e cresciuta, educata e istruita. Per farla breve, va coltivata consapevolmente, criticamente e messa in discussione attraverso un confronto con se stessi (e con l’altro da noi) che deve essere tanto duro quanto incessante. Il poeta deve contestualizzarsi nel finito, se vuole superarne i confini."

wow...definizione completa... e come un flash mi sono venuti in mente i più grandi poeti della storia che "hanno creato la Storia della Poesia"
"Il problema, è che non ho niente.Solo l'arma delle mie parole.
Dicono sia spoglia di ciò che luccica eppure nella mano, come una penna -stilografica-, d'inchiostro che non ha termine, brilla l'arma che è di Luce."
https://twitter.com/SpurioGiorgia
https://www.facebook.com/GiorgiaSpurioScrittrice

Offline India

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #3 il: Martedì 31 Maggio 2011, 07:24:46 »
anche io come Giorgia concordo con la definizione che Massimiliano  ha dato di genio poetico, come dote.  Vorrei aggiuingere solo che il genio poetico non è riconoscibile, proprio perchè geniale rimane incompreso e il più delle volte passa inosservato.
Non vorrei togliere nulla agli autori che Massimiliano  ha citato, anzi, ha dipinto egregiamente due figure valide,  ma  guarda caso si tratta di due personaggi molto noti sul sito, così come sono sicura che quando parlerà di genio impoetico farà altrettanto.
Il genio invece è invisibile, forse è presuntuoso credere di averlo individuato. Io mi sento presuntuosa quando credo di averlo individuato in Mela. Chi sono io per aver trascurato altri di voi?
E' giusto ergersi a critico letterario?
Il genio è sfigato, sfigatissimo, maledetto, proprio perchè così sfigato nessuno si accorgerà che lui esiste.

Offline Massimiliano Manocchia

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #4 il: Martedì 31 Maggio 2011, 09:32:48 »
“Non bastano a creare un poeta l’avvio e il compimento del percorso formativo che ha preso le mosse dai giochi linguistici e dalle filastrocche dell’infanzia per poi passare attraverso l’esperienza dei diari sentimentali dell’adolescenza e delle introiezioni sensibili del mondo richieste da una vita più adulta (attività tutte nobilissime se destinate – nella loro contingenza versificata – a se stessi o alla cerchia familiare), plasmando alla fine la coscienza e la competenza di un lettore acuto e partecipe, appassionato e davvero dialogico”.
Non ho scritto io, né avrei saputo scriverlo con tanta lucida chiarezza argomentativa, questo concetto; l’autore è Alberto Bertoni, docente di Letteratura italiana contemporanea dell’Università di Bologna, e il passo, che rasenta l’ovvio, è tratto da un piccolo libricino, tanto più utile quanto più opinabile, dal titolo “La poesia. Come si legge e come si scrive”.
Ho voluto riportarlo qui per tracciare una distinzione netta e inequivocabile tra “Poesia” e quella che Bertoni, con garbo ed eleganza, definisce “esperienza dei diari sentimentali dell’adolescenza”; e per affermare, senza tema di smentita, che le composizioni di Roversi e di Amara sono poesia nel senso quasi assoluto del termine.
Tengo tra le mani una copia del volumetto intitolato “Una crisi creativa. Testi di un romanzo” che Roversi a pubblicato nel 2010 per i tipi di Puntoacapo Editrice, nella collana “Altrescritture”; un piccolo scrigno di tesori che tutti coloro che ambiscono a una “lettura acuta” della poesia dovrebbero procurarsi.
Nella composizione che apre la silloge, "Alla Musa, a mo’ di spiegazione", Roversi si confessa poeta nel momento stesso in cui disconosce il valore universale della cifra poetica: con sincera e innegabilmente simpatica presuntuosità invoca alla Musa il perdono per questo “nuovo idioma”, che egli stesso colloca “tra il porno contemporaneo e il libertino / settecentesco”. La poesia è

[…] come un’erezione in pubblico
in un incubo dopo un’indigestione molesta:
chi me l’arresta? […]

La poetica di Roversi, per chi sa leggere, è racchiusa quasi totalmente in questi versi. Diventa necessaria, irrinunciabile, come una “pugnalata alle spalle”: proviene dalla “rabbia della mortalità”. Non si può leggere Roversi senza comprenderne l’elegante, preziosa irriverenza, e senza godere immensamente della blasfemia letteraria nella quale intinge il suo velenosissimo genio poetico. L’incipit (“Musa, perdonami”) sbeffeggia il classicismo e allo stesso tempo se ne imbeve, vi cede, quasi con timore, senz’altro con dovuto e oltraggioso rispetto.
Quella che definisce “crisi creativa” è una sorta di falso intellettuale: il poeta ama prenderci in giro e noi amiamo essere presi in giro da lui.

Offline Michele Tropiano

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #5 il: Martedì 31 Maggio 2011, 12:52:19 »
non è sufficiente azzeccare un paio di versi riusciti per potersi definire poeta. E’ necessaria la continuità. La scintilla dell’intuizione è il primo vagito del genio poetico; va nutrita e cresciuta, educata e istruita.


non ho ben capito cosa intendi... continuità in tutta la propria produzione artistica o continuità all'interno di una poesia? In quest'ultimo caso sono d'accordissimo con te, nel primo invece... assolutamente no! basta  prendere in rassegna due o tre grandi autori della letteratura (i cosiddetti "geni") che non hanno avuto assolutamente continuità, anzi, le loro opere che adesso considerate "capolavori", furono scartate dall'autore stesso, mentre le opere che noi consideriamo "minori" erano tenute in gran considerazione dall'autore (ad es. tasso e la sua gerusalemme liberata). Forse sto divagando, però questa tua parola, continuità, vorrei che la spiegassi bene.
« Ultima modifica: Martedì 31 Maggio 2011, 13:08:01 da Michele Tropiano »
Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non Aquilo inpotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum.
(Horatio, Carmina III, XXX)

Offline paolo corinto tiberio

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #6 il: Martedì 31 Maggio 2011, 15:24:13 »
“Non bastano a creare un poeta l’avvio e il compimento del percorso formativo che ha preso le mosse dai giochi linguistici e dalle filastrocche dell’infanzia per poi passare attraverso l’esperienza dei diari sentimentali dell’adolescenza e delle introiezioni sensibili del mondo richieste da una vita più adulta (attività tutte nobilissime se destinate – nella loro contingenza versificata – a se stessi o alla cerchia familiare), plasmando alla fine la coscienza e la competenza di un lettore acuto e partecipe, appassionato e davvero dialogico”.

Certamente, ma senza di esse n u l l a si dà in poesia!

il genio è semplicemente chi dà la regola all'arte!!!!!!... se tra centocinquanta e più anni i poeti del futuro prenderanno come esempio per le loro composizioni di scrittura (luminescente, forse) Roversi o Amara, ciò vorrà dire che quest'ultimi hanno la fortuna di possedere nell'animo la natura che dà la regola all'arte... cioè sono genii
e siccome devono essi produrre ciò di cui non si può dare una regola, i loro testi devono necessariamente essere originali, poiché da questa origine si deve in seguito prendere esempio... ma lo dicessi io questo, almeno!... ce lo dice quel mingherlino di Kant nel suo noiosissimo libro che io sconsiglio a tutti di leggere... ed inoltre affermo perentoriamente che l'uomo non ha nessuna capacità d'intuire niente... dobbiamo buttare a mare quest'intuizione che permetterebbe ex novo la rivelazione nascosta agli occhi degli altri ed aperta solo a noi!... "l'intuizione se arriva arriva sulle spalle delle conoscenze precedenti, e amen... :D
salvatico è quel che si salva

Offline Grazia Longo

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #7 il: Martedì 31 Maggio 2011, 16:07:01 »
Qualcuno ha detto che per scoprire un genio ci vuole un genio. Forse sarebbe meglio parlare di talenti?
Non c'è bellezza se non ci sono occhi che guardano.
Non c'è amore senza libertà.
Non c'è incontro senza rispetto per la diversità.
Non c'è felicità senza coraggio.
Non c'è niente di scontato in una vita che meriti di essere vissuta...
E la vita è un'avventura meravigliosa ...

Offline Grazia Longo

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #8 il: Martedì 31 Maggio 2011, 16:08:33 »
L'affermazione sull'erezione mi ricorda vagamente Jean Cocteau ... o sbaglio?
Non c'è bellezza se non ci sono occhi che guardano.
Non c'è amore senza libertà.
Non c'è incontro senza rispetto per la diversità.
Non c'è felicità senza coraggio.
Non c'è niente di scontato in una vita che meriti di essere vissuta...
E la vita è un'avventura meravigliosa ...

Offline Massimiliano Manocchia

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #9 il: Martedì 31 Maggio 2011, 16:21:01 »
Grazie per gli ottimi contributi e gli sputi di riflessione.

Offline Grazia Longo

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #10 il: Martedì 31 Maggio 2011, 17:38:03 »
Sputi o spunti?  ???
Non c'è bellezza se non ci sono occhi che guardano.
Non c'è amore senza libertà.
Non c'è incontro senza rispetto per la diversità.
Non c'è felicità senza coraggio.
Non c'è niente di scontato in una vita che meriti di essere vissuta...
E la vita è un'avventura meravigliosa ...

Offline caligola

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #11 il: Martedì 31 Maggio 2011, 18:51:27 »
Il genio ha una capacità di "cogliere e svelare" fuori dalla norma, eccezionale.
L'intuizione quindi come capacità di capire subito (cogliere), prima degli altri o più degli altri una cosa o meglio la verità di una cosa. Poi però serve un disvelamento poetico, una capacità artistica travolgente (svelare) che immetta in una condizione di conoscenza privilegiata, unica, magnifica.

Prima di passare all’analisi di alcune composizioni, poserò qui il primo tassello del mosaico che, alla fine, andrà a comporsi: il genio poetico è la capacità di cogliere le nostre più profonde intuizioni. Come per colui che cerca “l’illuminazione” non è sufficiente coglierne un barlume per potersi definire illuminato, così, per colui che ricerca la “poesia”, non è sufficiente azzeccare un paio di versi riusciti per potersi definire poeta. E’ necessaria la continuità. La scintilla dell’intuizione è il primo vagito del genio poetico; va nutrita e cresciuta, educata e istruita. Per farla breve, va coltivata consapevolmente, criticamente e messa in discussione attraverso un confronto con se stessi (e con l’altro da noi) che deve essere tanto duro quanto incessante. Il poeta deve contestualizzarsi nel finito, se vuole superarne i confini.


Offline paolo corinto tiberio

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #12 il: Martedì 31 Maggio 2011, 21:20:58 »
il genio ha la capacità di cogliere e di svelare esattamente come ce l'abbiamo tutti, poiché tutti facciamo commercio coi segni... pertanto non possediamo nessunissima intuizione che ci ponga al cospetto della cosa "in carne ed ossa"... l'intuizione è una credenza psicologica, che avviene all'interno di noi, non all'esterno dove ha il luogo la verità... per questo la natura della verità è interpretativa e non intuitiva...  c.v.d.   ;D
salvatico è quel che si salva

Offline Grazia Longo

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #13 il: Martedì 31 Maggio 2011, 22:23:23 »
"Il peggio che può capitare ad un genio è di essere compreso." Ennio Flaiano (1910-1972).
Non c'è bellezza se non ci sono occhi che guardano.
Non c'è amore senza libertà.
Non c'è incontro senza rispetto per la diversità.
Non c'è felicità senza coraggio.
Non c'è niente di scontato in una vita che meriti di essere vissuta...
E la vita è un'avventura meravigliosa ...

Offline Massimiliano Manocchia

Re: Il GENIO POETICO
« Risposta #14 il: Mercoledì 1 Giugno 2011, 08:26:35 »
Questo “patto” con la Musa è sancito da una sorta di tacita promessa: “Mi auguro che questa vena mi passi tra un minuto. / Ritornerò al mio verso consueto, […]”. E qui il sospetto che Roversi non abbia mai scritto un “verso consueto” è quasi una certezza; la promessa non verrà mantenuta e si trasformerà in spudorata menzogna, con profonda gratitudine estetica da parte del lettore. Nell’orgia (auto)ironica e (auto)irriverente dell’effervescente linguaggio, quasi pirotecnico, non è facile individuare quella “negazione di mancanza” che produce l’incubo della crisi creativa, che si esprime attraverso il “prurito / del rimpianto senza rimorso, / del sentimento che si insabbia lungo il percorso […]”.
Come già accennato, la poetica di Amara si colloca invece a distanze siderali rispetto a quella di Roversi; se quest’ultimo, infatti, può definirsi un poeta consapevole, Amara è – apparentemente – una poetessa (sì, passatemela) del tutto inconsapevole, che incede timorosa, talvolta sorpresa dal verso che le esce dalla penna; in breve, sembra quasi che lei stessa non sappia come fa a scrivere ciò che scrive. Ed è facile, facilissimo e bellissimo, farsi “rapire” da una poesia di Amara, poiché il suo verso possiede quella che io, con notevole azzardo, definirei “qualità ipnotica”.
Breve, quasi vernacolare definizione di qualità ipnotica: la qualità ipnotica, nella scrittura, è quella peculiare caratteristica che, dopo aver letto qualcosa, ci fa dire: “Ma che cazzo c’è scritto?”, e nello stesso tempo ci rispondiamo, “Non lo so, ma mi è piaciuto un casino. Rileggiamolo”.
Se Roversi percuote il nostro intelletto, Amara lancia strali alla nostra esperienza sensoriale.