Proseguendo nel mio studio sugli haiku, sempre leggendo quelli scritti da Basho, ho rilevato un’altra discrepanza
in quanto scritto su
http://www.scrivere.info/haiku.php, là dove viene fatto un esempio .
Si dice che nell’aggettivo “spaventosi”, riferito ai frutti, è implicita un’emozione per cui, anche per questo, il testo di esempio non può essere definito un haiku.
Ma c’è un haiku di Basho che si riferisce all’estate:
“mugi no ho wo
chikara ni tsukamu
wakare kana”
Traduzione: “ separazione
le spighe dell’orzo
tormentate fra le dita”
Qui le spighe sono “tormentate” che è un aggettivo che esprime emozione che, probabilmente, era l’emozione provata dall’autore.
Inoltre, ne ho trovato uno, relativo alla primavera, che recita così:
“Kutabirete
yado karu koro
ya fuji no hana”
Traduzione: “Affaticato
mentre cerco albergo
mi scopro sotto i fiori del glicine”
Se contiamo le sillabe nella versione originale si ha una sequenza di 5-6-6 per un totale di 17.
Da ciò si può evincere che la regola per eccellenza nella composizione di haiku sia il rispetto del numero totale delle sillabe e dei versi, lasciando una piccola licenza nell’aumentare un verso di una e, contemporaneamente, diminuirne un altro di una.
Anche questo contrasta con l’esempio, poiché si definisce haiku il seguente:
“rami oscillano
al vento tiepido
frutti impiccati”
Qui si ha una sequenza di 5-6-5, per un totale di 16.
Manca una sillaba, e pertanto, non può dirsi un haiku.
Può diventarlo se si pone, ad esempio, l’articolo “i” davanti a “frutti”.
Quanto ho scritto è soltanto il mio modesto parere derivato da un mio personale studio.