No, ma sono punti di vista.
Io credo in una poesia che sia espressione irrazionale dell'essere; la parola non è in grado di cogliere la complessità dell'animo umano, non può rendere a pieno le sensazioni che proviamo.
La regola non esiste in sè per sè, almeno secondo me, per il fatto che è stato l'uomo ad assegnarsi delle cosiddette regole, non è nulla di imposto dall'alto dei cieli da un dio superiore: le regole metriche e poetiche in generale sono invenzioni umane e come tali derivano dalle associazioni tra parole e suoni che l'uomo ha trovato e ha chiamato chiasmo, anafora, onomatopea, poliptoto; perchè essere così legati alla regola pensando che una poesia formalmente ineccepibile(e anche perfetta contenutisticamente come tu dici) sia per l'appunto perfetta?Chi lo ha deciso?
Non è forse la poesia una delle tante forme espressive che l'uomo conosce?
Non è forse un mezzo per esternare la propria visione del mondo?
Non consiste forse in parole, umane e quindi fallaci, che si legano per conseguire lo scopo che ho citato sopra?
La poesia è pura espressione e credo che, come tale, non possa ammettere dei confini che la limitino all'interno di uno schema.
Più che le regole, il vero poeta dovrebbe imparare, secondo me, ad abbandonarsi alle proprie sensazioni, riscoprendo mondi ogni volta nuovi, mondi di sregolatezza espressiva e perchè no, anche incomprensibili.
Che ci siano o meno delle regole poetiche per me è ininfluente.
Se c'è veramente talento suoni e le immagini verranno da sè.
Detto ciò, questa discussione mi sta appassionando particolarmente ; )
Io e te abbiamo una concezione della poesia completamente opposta: io sinceramentente non credo nella poesia come pulsione irrazionale, come libere parole che escono dalla mano dell'autore. Nella storia della letteratura ci sono stati degli esperimenti simili (l'automatismo psichico dei surrealisti per esempio) ma mi sembra che le loro poesie non abbiano fatto così fortuna come quelle di leopardi o di pascoli!
Tu dici che la regola non esiste in sé per sé: in parte hai ragione ma in parte hai torto... Alcune regole in effetti sono semplicemente "il nome" che qualcuno ha dato ad un certo fenomeno, ma le altre sono state effettivamente costrizioni a tavolino; queste ultime, benché oramai non più in uso (la prima cosa che mi viene in mente è il "sonetto caudato") hanno avuto anche una certa fortuna. E ti parrà strano ma stesso io dico che è una... fortuna che non ci siano più queste regole così strette! Il problema è che secondo me nella contemporaneità la poesia stia scadendo di livello proprio perché alle regole nessuno ci bada più. Ci vuole il giusto compromesso in poesia, come in ogni cosa nella vita!
Per quanto riguarda invece la poesia come pura espressione, ugualmente non sono d’accordo: per me la poesia è l’arte sublime e come tale non può avvicinarsi alla perfezione essendo semplicemente una pura espressione della nostra mente! Non sto a dire che la poesia è la ricerca della perfezione (né voglio fare un discorso filosofico su di essa, per carità ci vorrebbero libri interi!), tant’è che nemmeno Dante o Leopardi hanno mai scritto cose perfette, ma sicuramente ci si può avvicinare alla perfezione. E ci si avvicina coltivando il talento che si ha. Alessio, sei giovane e credo tu abbia talento, soprattutto se mi dici che quegli accorgimenti poetici che io ho riscontrato ti sono usciti da sé, naturalmente: qualcuno qui presente in questa discussione ha scritto una volta che nessuno su questo sito aspira ad entrare nella storia della letteratura.. ma io dico, ma perché no? Se si ha talento, bisogna coltivarlo, come è stato giustamente detto sopra di me. Ma appunto, se ci si affida solo al talento e alla “pura espressione dell’io” non si va da nessuna parte, credo. E mica solo in poesia, ma in tutto nella vita, lo ripeto!
E non ti credere che io sia un vecchio babbione fissato sulle regole e sui tecnicismi, ma tutte queste cose che sto dicendo ritengo siano valide solo per la poesia, per le altre arti figurative no… A me piace molto Jackson Pollok (se non lo conosci è quello che dipingeva schizzando il colore sulla tela) e chi più di lui in pittura si è abbandonato alle pulsioni più intime, all’irrazionalità pura? Ma in pittura se lo si può permettere, perché il quadro va osservato appeso alla parete, anche da parte dei “non addetti ai lavori”. La poesia no, la poesia è arte elitaria (o almeno io così la vedo), la poesia va studiata per essere capita. Eppure, sai Alessio, ci sono stati dei matematici che hanno fatto degli studi sui quadri di Pollock ed hanno riscontrato che in quelle macchie frenetiche e disordinate si celava in realtà uno schema molto simile a quelli dei “frattali matematici” che sinceramente non so spiegarti bene: quello che volglio dire è che anche in ciò che sembrava pura irrazionalità in realtà si celava una “regola intrinseca”, se pur inconscia.
Per concludere (ho scritto anche troppo) la regola per me è la base di tutto, si deve partire sempre da lì, sono le fondamenta di un palazzo: anche i palazzi ultramoderni hanno le fondamenta, non possono prescindere da esse, altrimenti crollerebbero. Si può stravolgere le regole, plasmarle a proprio piacimento, ma per fare buona poesia (perché per fare “semplice poesia” basta scrivere, questo è ovvio!) non si può prescindere dalle cosiddette “regole”.
P.S. Io ho questa idea, se qualcuno è in disaccordo mi spieghi le sue motivazioni, come ho fatto io, non si limiti ad attaccare come pure è stato fatto…