II parte
Ricordavo tutte le battute, un flash dietro l'altro, in ordine maniacale., Ricordavo tutti i posti che avevo visto, ogni persone che avevo incontrato, tutti quelle che avevo amato, odiato, ignorato, ricordavo anche quelli che per me non avevano significato nulla, dall’uomo casualmente incontrato nell’ascensore da bambina, al lattaio che tutte le mattine consegnava alla mamma il latte ed ogni ricordo era così lucido da sembrare reale.
Gli spettatori erano muti e incantati. Non uno sbadiglio, non un colpo di tosse, non una risata. Sembravano incatenati alla loro poltrona. Dai loro volti non riusciva a trapelare la benché minima emozione e neanche riuscivo a capire se apprezzassero o meno la mia rappresentazione.
Solo il vecchietto faceva col capo un segno di assenso e ascoltava curioso, ma sembrava ascoltare ciò che già sapeva, sembrava un maestro davanti all’alunno che ripete la lezione.
Io non ero a disagio davanti a un pubblico così assente, Forse la loro presenza era solo strumentale,
. Non mi volevo chiedere perché fossero così immobili, da sembrare statue. Io continuavo a recitare, anche perché sentivo dentro me stessa non avrei potuto esimermi dal farlo. Era la mia prima e forse ultima occasione.
Tra un atto e l'altro vi fu una breve pausa., ma nessuno si alzò per sgranchirsi le gambe o anche solo per un caffé, o una sigaretta: Erano tutti rigorosamente composti. Altro particolare: sembravano non conoscersi l'uno con l'altro, eppure casualmente si respirava un’aria di simbiosi di comune sorte tra tutti i presenti.
Mi chiedevo se anche loro fossero finiti casualmente in quel teatro e da quanti secoli vi stessero dentro. Sembravano mummificati e non si rendevano conto di quanto fossero grotteschi con quegli abiti anche in costume che giusto al carnevale di Venezia avevo visto.
A me tra il primo e il secondo atto fu chiesto di dormire poiché avevo bisogno di rigenerarmi.
Si aprì il sipario e per qualche secondo pensai di fare anche io la bella statuina e rimanere sul palco senza far niente. Avrei voluto vedere chi si sarebbe stancato prima ad essere mummificato, ma il vecchietto senza parlare mi fece capire con gli occhi che avrei dovuto continuare.
Decisi anche di sorvolare sulle cose insignificanti per non annoiare il pubblico che mi sembrava sempre più inerme, ma il vecchietto, come se conoscesse la mia vita penetrò i suoi occhi nei miei e mi urlò: " No no Signora, torni un po' indietro".
" Mi scusi ma non vorrei che il pubblico si stancasse"
" Non si preoccupi di questo, questa è la sua vita e non quella del pubblico e se il pubblico sta qui, vuol dire che deve imparare qualcosa da lei"
L'autorevolezza delle sue parole mi fulminarono. Non risposi ma pensai fra me e me cosa poteva il pubblico imparare da una come, che nella vita non aveva fatto altro che sbagliare
Ancora una volta, come se mi avesse letto nel pensiero mi disse: " Da tutti si impara e ragionevolmente queste persone dovranno impararare.
Cosa avrebbero dovuto imparare standosene così impalati e inebetiti non mi era chiaro.
Ad ogni modo, incoraggiata, proseguii sul palco, sempre più sicura di me stessa. In fondo se non gliene importava niente a nessuno, io almeno uno spettatore ce l'avevo ed era uno spettatore di grande spessore, anzi era proprio lui che voleva questa farsa.
Io non avevo fretta di finire, con quanta animosità e fervore mi raccontavo.
Mi stupivo di me stessa e della grande compostezza, sincerità con cui riuscivo a comunicare. Ero riuscita a ad abbattere stupide barriere che spesso si era frapposte tra me e la vita.
I caldi amori e le passioni, le bambole, i miei fratellini, il fiume e i castelli per aria., le capriole e le batoste una dietro l’altro che avevo preso fino a quel momento. Tutto in fila i miei ricordi, come tanti soldatini sull’attenti in attesa di andare in campo.
Le urla soffocate, le giornate con vuoti di memoria, un carosello senza fine ruotava davanti ai miei occhi e veniva espulso con le mie parole, con i gesti. Non scendeva mai il coprifuoco o il silenzio su nessun piccolo particolare della mia vita.
Era il mio momento e tutto doveva avere raccontato, elaborato, a costo di sentirmi mortificata come un verme.