Io posto un mio breve racconto. In parte è una riflessione sui ricordi e sulla differenza tra ricordi e poesia.
Titolo: Ricordi e poesia
Vorremmo proteggerli dalle intemperie, dal tempo che scorre, ma i ricordi come i fiori appassiscono.
Mi ritrovo spesso a cercare un appiglio ad un passato lontano, giorni che mi sono appartenuti, almeno quanto quelli che sto vivendo oggi. Vedo volti sfumati, in bianco e nero, delle voci sento solo l’eco. Sembrano più sogni che ricordi, Tutto sbiadisce, si consuma come un abito liso conservato nell’armadio.
Mia madre riaffiora con le sue urla e i suoi silenzi. Risento il suo profumo, dolciastro proprio come la sua pelle. Rivedo le sue piaghe e la buccia di banana nella quale inciampò.
I suoi insegnamenti, sempre sottovalutati, accompagnano dolcemente i miei giorni.
Accarezzo le sue foto con grande tenerezza , e leggo e rileggo le lettere d’amore che mi padre le scriveva al tempo del loro fidanzamento.
Anche io sono stata bambina. Non ne ho la percezione, tanto il tempo ha distrutto ogni traccia.
Sembra che il vento, come un tifone, abbia attraversato i miei ricordi e li abbia trascinati lontano su una stella
I ricordi di mia madre nell’infanzia sono confusi, frammentati, qualche immagine sfuocata, nella mente ho più presente la figura del lupo cattivo che mi avrebbe mangiato se non avessi riposato accanto a lei il pomeriggio.
Nitido è solo la memoria di una notte di Natale, di una luce fioca e un pensierino rivolto ai miei genitori.
I ricordi non hanno peso, sono fantasmi nella notte, sono circolari, ruotano, ruotano, e ti conducono sempre al punto di partenza, che coincide col punto di arrivo.
I tempi del collegio e poi l’università, i piccoli e i grandi amori, la gioia, la malattia e poi la morte e poi la rinascita e poi ancora la morte.
Un susseguirsi di eventi che fanno una vita ma che costruiscono anche la sofferenza o l’indifferenza o la felicità. Il futuro è una campana di vetro, così fragile che puoi spezzarla, il passato no, il passato è roccia. Il passato non te lo toglie nessuno, lo ingoi come una pillola . Lo devi ingoiare e porta con sé rimpianti, sensi di colpa, malinconia, giorni belli affossati dalla non consapevolezza che tutto finisce e dunque non apprezzati.
Ho scritto poesie per una vita. E’ una fortuna che lo abbia fatto, perché non mi sarei ricordata delle mie emozioni o desideri, e invece stanno tutti su un pezzo di carta. Sono quanto di più caro ho.
Tutto si evolve, ma le poesie sono sempre lì, statiche, il tempo non le smuove, non le contorce, non le spezzetta.
Al contrario dei ricordi, le poesie non te le porta via nessuno. Somigliano all’anima, sono immortali e se qualcuno dopo la morte te li distrugge, restano nei pensieri di chi le ha lette.
Sotto le lenzuola penso, mi dilania il pensiero che tutto muore: l’alba, il giorno, il tramonto, un fiore, una cicala, il contadino che mi porta la ricotta e persino io . Tutto muore, la poesia no.
Devo amarla la poesia, più di mio padre, più dei miei figli, più di ogni altra cosa, perché non mi lascerà mai sola, non se ne andrà, non volerà in cielo, non mi deluderà.
La dovrò amare come si ama un amante e la dovrò rispettare.
Me ne vado in silenzio, in punta di piedi o scalza. Esco dalla vostra vita come se non fossi mai entrata.