da
http://www.poiein.it/autori/L/Lucini/lucini_poesia_musica.htm a cui rimando la lettura più approfondita.
"La poesia infatti dice sempre qualcosa, perché è un evento e pertanto non può sottrarsi alla regola dell’interpretazione e quindi della comunicazione [2]. Un messaggio infatti, esprime sempre un senso. Se non volesse esprimerlo, questo sarebbe il suo contenuto: non voler esprimere senso – ma, paradossalmente, il messaggio della negazione è sempre positivo, perché negando asserisce. La poesia che cerca la forma musicale e non si cura del senso, esprime pertanto la forma musicale, che è cosa diversa dalla poesia. Sarà un’espressione linguistica che “suona bene” ma non dice nulla, o dice di non voler dire – ma, a questo punto, il messaggio che essa trasmette, a lungo andare, diventa oltremodo noioso e piatto, banale, vano rivaleggiare con i suoni della natura, che in questo campo sicuramente ha molto da insegnare all’uomo. “Dice” molto di più il soffio del vento fra i castagni, il ciangottìo dell’acqua di un ruscello, lo stesso silenzio di un’altura, del suono della voce umana che rincorre i suoi canoni estetici e non si cura del significante. Peraltro, parole accostate senza esprimere un percorso di senso, la ricerca di un qualcosa di vivo, sorgivo, originale e personale, provocano, a lungo andare, un effetto di irritazione (ma questo, potrà dire qualcuno, è un aspetto soggettivo di chi legge). Se non altro, la natura esprime una libertà che l’estetica non può conoscere, perché l’estetica è regola. Certo, il poeta sceglie una certa regola (e in questo sta la sua libertà, ossia la sua eticità), ma se questa scelta lo porta a fare il “musicista”, non può pretendere di essere considerato un poeta. Dovrà quindi riconoscere di essere, in quel momento, musicista che usa la parola quasi come strumento e non poeta che usa la musica in modo complementare alla poesia. L’unico elemento identificabile come contenuto e che “una tantum” (a rischio di noia mortale) può essere considerato “poetico”, è proprio la negazione della poesia come senso e messaggio, o almeno la sua subordinazione alla musica o con-fusione con essa.
Certamente non è neppure il senso un criterio capace di sostenere, da solo lo “status” della poesia; e, soprattutto, occorrerebbe fare una distinzione fra senso nella poesia e nella prosa, altrimenti dovremmo dedurre che la Critica della ragion pura di Kant potrebbe essere “poesia” al pari del Faust di Goethe. Ma lasciamo in sospeso, per ora, questo ragionamento.
Piuttosto, è bene qui indagare anche l’aspetto contrario del problema: ossia: senza musicalità la poesia è snaturata. Se è vero che la poesia non può ridursi a musica, è altrettanto vero che la poesia è riconoscibile, al di là della lingua nella quale viene espressa, da particolari accorgimenti fonici che noi chiamiamo “musica” – ma che in effetti non hanno nulla in comune con la musica vera e propria, definita - si fa per dire - come "arte dei suoni", se non per una tendenza ad accentuare alcuni suoni, smorzarne altri, inserire pause e silenzi, ecc. Quello che ontologicamente divide le due espressioni artistiche, è che l’una si mette, per così dire, al servizio della parola, mentre la musica non ha bisogno della parola, ma soltanto del suono (che poi, emesso dall’apparato di fonazione umana, diventa un fonema). La musica esprime soprattutto stati d’animo, la poesia esprime messaggi fatti di parole - certo connotati da stati d’animo. Pertanto, il canale comunicazionale della musica è essenzialmente analogico, mentre quello della poesia è anche cognitivo (non necessariamente razionale). La musica, in qualche modo, arriva im-mediatamente al senso, attraverso una mediazione culturale estremamente contenuta, mentre la poesia ha bisogno di una mediazione culturale molto più pregnante per essere com-presa. La musica è più intrusiva, si propone, che lo si voglia o no, si fa ascoltare; per così dire, si propone con forza, mentre per gustare la poesia bisogna uscire dal proprio orizzonte culturale ed ampliarlo, entrando nell’orizzonte del testo.