Diventiamo intolleranti in famiglia dove anche un piccolo diverbio diventa occasione per sfogare frustrazioni e tensioni accumulate; neanche il bar, luogo da sempre deputato agli scambi di vedute fra una partita di carte ed un bicchiere di vino, ne è esente, ora basta un semplice parere contrastante su un incontro di calcio per scatenare istinti omicidi.
Questa intolleranza nasce dalla quotidianità, dalla informazione pilotata, dalla capacità che i nostri “media” hanno sviluppato nel riuscire a farci caricare di valenze negative i discorsi dei nostri interlocutori, dalle esternazioni quotidiane delle persone che (non) ci rappresentano nella conduzione dello stato. Si riesce a canalizzare l’intolleranza verso lo straniero, il “diverso” per evitare che essa si rivolga verso i veri responsabili di questo stillicidio giornaliero.
Come diceva stellaerratica in un post precedente: noi italiani siamo uno strano popolo, i francesi non fanno tante parole, ed i loro governanti sanno che possono spingersi fino ad un certo punto, dopo di che il popolo si solleva (e non si limita alla manifestazione popolare che lascia il tempo che trova) d’altra parte loro sono gli eredi della Rivoluzione Francese.
Noi invece sfoghiamo le nostre frustrazioni sui più deboli, sugli emarginati, su coloro che hanno come unica colpa quella di essere distanti anni luce dalle stanze di potere. Le nostre pistole, i nostri coltelli, ma anche semplicemente le nostre parole, diventano lo strumento per giustificare repressione, sperequazione sociale e pretesto per aumentare le divisioni all’interno di gruppi anche omogenei di individui e ingenerando un circolo vizioso che genera altra intolleranza che genera a sua volta altre leggi liberticide (anche se non ce ne accorgiamo) e via così fino all’annichilimento totale.
Per quanto riguarda gli “stranieri”, questi sono sempre stati presente in altre società (vedi Francia su tutte) eppure leggi di integrazione oculate e uno stato che riesce a gestire bene la sicurezza, con l’ausilio di leggi ben applicate e soprattutto con la certezza della pena, sono state capaci di rendere omogenea una società che per sua natura ha sempre avuto a che fare con l’immigrazione. Noi invece, da sempre popolo di migranti, non avevamo mai avuto l’esperienza di vedere sul nostro suolo gente proveniente da altri luoghi del globo e questa esperienza, avvenuta in maniera repentina non ci ha trovati preparati e capaci di reagire in maniera adeguata, se a questo aggiungiamo la miopia di tutti i governanti che si sono succeduti ecco che abbiamo esattamente lo scenario che si è venuto a creare.
A questo scenario, poi, noi contribuiamo con i nostri distinguo sulle minchiate più variegate:
odio i meridionali, ma solo quelli che abitano a Caserta, vanno in macchina al lunedi dalle 18 alle 19,30 ed hanno la micosi ungueale, gli altri tutto sommato mi sono indifferenti;
odio i padani che portano scarpe 43 che hanno un loft su viale Manzoni o corso Buenos Aires, ma solo se escono dalle 13.30 alle 14.30 del 15 agosto, sugli altri ho solo delle giustificate riserve.
Poi, invece, riflettiamo quando un post, in apparenza insulso, ci fornisce il pretesto per la messa in moto degli unici tre neuroni non intossicati che ci sono rimasti e poi il giorno dopo, già in crisi d’astinenza, ci “facciamo” di Tg, di pupe e secchioni, di grandi fratelli, di pomeriggi televisivi dove la cultura dell’intolleranza e della violenza viene ben rappresentata miscelata con una dose di prostituzione intellettuale che tutti siamo disposti a praticare in cambio di una comparsata in TV, di una quindicina di minuti di notorietà o di qualche centinaio di euro.
P.S. Scusate la lungaggine.