Per il notturno Francesco su Orazio e Ungaretti.
Peccato che ci sia la luce elettrica altrimenti ti avrei visto bene al lume di fumose candele intingere la penna d'oca nel calamaio e scrivere concitato su ruvide pergamene!
Se si fa sentire anche il verso seguente è più espressivo:
Tìtyre, tù patulaè recubàns sub tègmine fàgi
sìlvestrèm tenuì Musàm meditàris avèna
che, se ricordo bene, si traduceva
O Titiro, tu sdraiato al riparo di un grande faggio
mediti un canto silvestre sull'esile flauto
Teniamo presente che questa è una pronuncia convenzionale, intesa a dare un assaggio, si spera, mediante accenti tonici (intensivi) di una metrica che era invece quantitativa, ovvero basata su sillabe brevi e lunghe sulle quali, pare, cambiasse anche volume e altezza della voce. Come realmente suonasse la poesia originale è ignoto, per quel che ne so.
I primi due di Ungaretti:
A una proda ove sera era perenne
di anziane selve assorte, scese,
La mia sincera impressione immediata è che i versi di Orazio suggeriscono un rilassato quadretto capestre, mentre quelli di Ungaretti c'introducono subito nei tormenti dell'anima...sera perenne...anziane selve assorte...
Se però si leggono interamente entrambe le composizioni l'affinità emerge e potrebbe essere che Ungaretti si sia qui ispirato ad Orazio (dimostrando così la sua conoscenza dei classici!). Rimane comunque una differenza essenziale. Pur turbato dal fatto di dover abbandonare il suo podere, la sua vita, Melibeo riesce ad apprezzare la tranquilla esistenza di Titiro; il tono della poesia è comunque tranquillizzante, descrittivo, il suo significato esplicito. Invece un'inquietudine irriducibile percorre tutta la composizione di Ungaretti che pur parlando di un immaginario luogo (che nella realtà pare fosse Tivoli!) nel quale la sua anima tormentata avrebbe dovuto riposare, si capisce che nasconde nei versi altri oscuri significati. In realtà egli non riesce a rasserenarsi e comunica questa tensione al lettore.