La signora Giovanna Desantis è persona che io considero di grande gentilezza, ed anche con me si è sempre comportata in modo tale. Mi meraviglio perciò che proprio lei, spesso poetessa di buone poesie per le quali anche io ho espresso ed esprimo il mio consenso insieme a tanti, venga ad intervenire in questo colloquio.
La signora Desantis è una poetessa che, dal punto di vista dei commenti, se ne esce sempre in frasi altolocate, dove il più semplice aggettivo, quello meno esaltante, è sempre il solito: “Stupenda”, dando l'impressione (che può essere sbagliata, per carità, però quest' impressione la dà) di gradire molto i commenti che giungono alle sue poesie, e che spesso appaiono , o sembrano, scegliete quel che volete, “in restituzione”. Basta vedere la sua poesia degli ultimi giorni, nella quale racconta l'avventura dal barista dello sfaticato, mettendo in versi che molti dei commenti hanno definito “originali” una barzelletta che il mio bisnonno raccontava agli amici quando andavano a bere all'osteria il pomeriggio dei giorni di festa. Quella “poesia” è senza dubbio la peggiore e la più banale fra quante la nostra autrice ne abbia scritte, eppure ha avuto un tale ventaglio di commenti, non positivi, ma addirittura esaltanti, per cui c'è da rimanere veramente stupiti. Tanto da far pensare che i commentatori non avessero neppure letto quella poesia e si limitassero solo a ricambiare. Questa è stata la mia impressione, e non solo mia.
Per il rispetto che porto a questa autrice mi sono permesso di dire queste parole, perché anche lei comprenda, al di là delle considerazioni scaturiti dal suo colloquio con un alto esponente della poesia, che non tutto è scritto a fine di gelosia, invidia e cattiveria, ma talvolta magari con spirito di verità. E la verità, purtroppo, è difficile da accettare.
Vi sono state poi persone che mi hanno scritto privatamente, incazzatissime, accusandomi di avere sparato sul mucchio. E si sono sentite coinvolte. Come se io, leggendo sul giornale una frase tipo “siamo in un mondo di disonesti” inveissi contro il direttore della rivista urlandogli in faccia: “Che c'entro io, io sono un onesto!”
Il direttore poterebbe rispondermi: “Se ti ci specchi tanto intensamente, allora...”