Scusami
, forse mi spiego male, ci riprovo. Non è possibile decontestualizzare dei versi; la poesia va letta nella sua totalità. E' chiaro che ci sono dei passaggi descrittivi ( a parte che poi, quell'insistere sulla descrizione nei suoi minuti particolari, con onomatopee e tutto,e quell'"ascolta" iniziale già trasportano in un'altra dimensione che non è la prosa) ma la poesia - nella sua compiutezza - non è una descrizione. Il famoso senso panico della natura, la presenza femminile con un nome classicheggiante, il compiacimento del poeta e la trasformazione finale in esseri fitomorfi decretano che "La pioggia nel pineto" è poesia, a prescindere dai singoli versi descrittivi. Non sto dicendo che non siano le cadenze, la posizione, le metafore a fare poesia; ma ci vuole anche un contesto "interiore" che faccia in modo da dire qualcosa di reale e nello stesso tempo qualcosa di completamente irreale ma condivisibile da molti.
Esempio di Ungaretti:
Variazioni sul nulla
Quel nonnulla di sabbia che trascorre
Dalla clessidra muto e va posandosi,
E, fugaci, le impronte sul carnato,
Sul carnato che muore d'una nube...
Poi mano che rovescia la clessidra,
Il ritorno per muoversi, di sabbia,
Il farsi argentea tacito di nube
Ai primi brevi lividi dell'alba...
La mano in ombra la clessidra volse
E, di sabbia, il nonnulla che trascorre
Silente, è unica cosa che ormai s'oda
E, essendo udita, in buio non scompaia.
Noi possiamo anche dire che è la descrizione di come la sabbia fa su e giù nella clessidra quando noi la giriamo e del colore dell'alba, ecc. Ma tutti avvertono che si tratta di una connotazione diversa delle parole, il poeta vuole parlarci del tempo e della sua fugacità, del poco che ci resta concretamente e via dicendo.
O no?