Autore Topic: Il veleno del linguaggio  (Letto 7338 volte)

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masman

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Il veleno del linguaggio
« il: Lunedì 8 Marzo 2010, 10:13:27 »
Uno dei più ingenui e comuni errori che si rischia di commettere nella versificazione è quello di infarcire il componimento di cosiddette immagini poetiche, trascurando il suono dei fonemi e l’armonia. Il tentativo di riprodurre, attraverso un sistema rappresentazionale puramente auditivo (il linguaggio), una visione o un immagine, sfocia spesso in banalità, clichés e luoghi comuni. Se vi siete cimentati nell’esercizio di descrivere a qualcuno un’immagine, sapete bene che non è per niente facile e, soprattutto, non v’è la certezza che il ricevente, attraverso le vostre parole, si crei mentalmente l’esatta immagine che state tentando di descrivere. Il motivo di questa distonia comunicativa è semplice: ogni parola, per ognuno di noi, richiama un’esperienza soggettiva diversa. La parola ‘mela’ non identifica l’oggetto mela, bensì la nostra esperienza della mela, vale a dire il modo in cui noi, mentalmente, ci ri-rappresentiamo la mela. Ora, sono assolutamente certo che alcuni di voi stanno pensando a una mela rossa, altri a una mela gialla, altri ancora a una mela verde. Nessuno ha pensato a una mela blu. Questo perché, nella nostra esperienza, non esistono mele blu. Allo stesso modo, quando in una poesia leggiamo la parola ‘tramonto’, proiettiamo su quella parola la nostra esperienza. Si può affermare, quindi, che le parole fungono da innesco alle nostre rappresentazioni visive interiori. Il poeta deve tener conto di questo: ciò che ci rappresentiamo attraverso la parola passa attraverso un filtro: la nostra esperienza soggettiva. Questa è anche la ragione per cui, spesso, l’interpretazione di un testo poetico può variare profondamente da lettore a lettore. E se è indubbio che colui che scrive, lo fa da un punto di vista soggettivo - vale a dire, rappresenta a se stesso la sua esperienza attraverso il linguaggio (Bandler e Grinder, “The Structure Of Magic, Vol. I”, 1976) - è altrettanto indubbio che chi legge prende quell’esperienza e, a sua volta, proietta su di essa il suo modello.
Le parole NON SONO le cose che rappresentano. Sono soltanto simboli: sonori quando verbalizziamo, grafici quando scriviamo. Se ci dimentichiamo di questo, il linguaggio diventa un veleno che paralizza la creatività e, in taluni casi, la vita stessa. Ma se lo teniamo sempre a mente, allora può diventare il nettare più dolce, la linfa creativa che ci permette di crescere come esseri umani e come artisti.
Il poeta deve necessariamente operare su un doppio livello di comunicazione. A un primo livello, rappresenta a se stesso, attraverso le parole, il proprio modello del mondo; a un secondo livello, descrive al lettore il proprio modello, e lo fa operando nella sfera della condivisione del significato. Eppure è proprio all’interno di questa che nascono e si autoalimentano i due nemici fatali della poesia: il luogo comune e l’immagine poetica. Paradossalmente, egli più tenta di essere poetico e più diviene banale e impoetico.
« Ultima modifica: Lunedì 8 Marzo 2010, 10:34:52 da Luigi. »

Offline Benedetta Cavazza Miciamalvina

Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #1 il: Lunedì 8 Marzo 2010, 12:30:03 »
bella---grazie---ci rifletterò...davvero grazie

aureliastroz

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #2 il: Lunedì 8 Marzo 2010, 17:48:40 »
Wittgenstein e Husserl?  ;D

Clodia

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #3 il: Lunedì 8 Marzo 2010, 21:30:18 »
Quindi quale sarebbe la soluzione di questo insanabile dualismo?
Eh eh...Non ci puoi lasciare così penzolanti come impiccati a una corda saponata, nel vuoto che ci attrae e ci respinge come l'indovinello della sfinge (esempio di stra-immagine soggettiva/oggettiva stra-ridondante  ;) )

Offline Amara

Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #4 il: Lunedì 8 Marzo 2010, 22:53:34 »
..certo che non essere poeta... mi solleva parecchio.. ;D
dopo aver letto avrei paura a scrivere......

credo.. che anche un luogo comune possa essere trattato poeticamente.. e che una figura poetica possa esserlo davvero... quando nascano dalle dita di chi ha in sè la poesia...

ma penso tu abbia davvero ragione..
nella mani di noi dilettanti possono scaturire parole banali ed a buon peso...
oppure qualcosa di inintellegibile.. anche per il 'sentire'...

attendo quindi di sapere quali difese frapporre a queste tentazioni.....

Il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza
(J. L. Borges)

Offline Barbara Golini

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #5 il: Martedì 9 Marzo 2010, 20:32:02 »
quel che scrivi mi fu chiaro fin dalla prima poesia che lessi in pubblico e da quello che le persone ne avevano ricavato e così accadde ancora con una mia poesia che fu messa in scena.
 "Eppure è proprio all’interno di questa che nascono e si autoalimentano i due nemici fatali della poesia: il luogo comune e l’immagine poetica. Paradossalmente, egli più tenta di essere poetico e più diviene banale e impoetico.",
anche la definizione del luogo comune e dell'immagine poetica sono relative a chi le definisce e/o le rappresenta,  quel che per qualcuno può rappresentare un luogo comune può non necessariamnete e non deve eserlo per altri, soprattutto per chi vive in un mondo fatto di diverse culture e non monoculturale.

Detto questo ci tengo a ribadire che siamo letti e apprezzati da chi comunque comprende quello che scriviamo.

Io amo spaziare nella lettura delle poesie tra autori molto diversi non solo da me ma anche tra loro...non devo necessariamente sapere scrivere come Majakowskij per apprezzare comunque le doti di un poeta futurista e questo vedo che spesso manca nel sito, ci si legge tra persone che la pensano nello stesso modo per me questo ha rappresentato sempre una noia nella mia vita forse perquetso sono sempre stata amante delle culture diversde dalla mia.

Per concludere, non vorrei che questa consapevolezza del doppio compito di un poeta, portasse lo stesso a perdere la vera ragione dello scrivere. In più mi unisco ad Amara...con tutte 'ste responsabilità quasi quasi chiudo bocca mani e orecchie e non dico né scrivo più nulla nella mia infinita insignifitudine ;-)
« Ultima modifica: Martedì 9 Marzo 2010, 20:49:28 da Barbara Golini »

Offline Barbara Golini

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #6 il: Martedì 9 Marzo 2010, 20:36:19 »
.....acc.....forse ho divagato troppo.....

aureliastroz

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #7 il: Martedì 9 Marzo 2010, 21:04:20 »
(...)
Per concludere, non vorrei che questa consapevolezza del doppio compito di un poeta, portasse lo stesso a perdere la vera ragione dello scrivere. In più mi unisco ad Amara...con tutte 'ste responsabilità quasi quasi chiudo bocca mani e orecchie e non dico né scrivo più nulla nella mia infinita insignifitudine ;-)

Peccato eri partita così bene... poi ti sei persa nella storia del multiculturale che è come cercare i pinguini all'equatore  ;D ;)



Massimiliano, anche io come Clodia e Amara ho avuto l'impressione che ci sarà un seguito quindi attendo...
« Ultima modifica: Martedì 9 Marzo 2010, 21:09:33 da Il Conte »

Offline Gianpiero De Tomi

Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #8 il: Martedì 9 Marzo 2010, 23:21:33 »
Ottimo valore aggiunto Conte, da prendere in considerazione. Sottolineo pero' il fatto, che pur avendo sempre prospettiva di un  margine di miglioramento, la poesia che scriviamo è da neofiti. Ci divertiamo a scrivere , a volte riesce bene , altre volte le immagini sono uffuscate dal nostro vissuto, ma sempre una nostra creazione, e magari devono nascere in quel modo. Sdrammatizzerei dicendo che ognuno scrive come sente....saranno altri ad esprimere, eventualemnte giudizio. Sta poi a noi , prendere il considerazione le opinioni come "opinioni" e non come giudizi definitivi .

masman

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #9 il: Mercoledì 10 Marzo 2010, 11:54:37 »
È ormai risaputo, detto e ridetto, fino ad esser diventato un luogo comune: noi esseri umani non interagiamo direttamente con la realtà, ma attraverso la nostra mappa della realtà. E attraverso i nostri filtri. In modo non dissimile, il poeta, dandoci una sua rappresentazione della realtà, ci fornisce contestualmente i filtri attraverso cui egli ri-rappresenta a se stesso la realtà che osserva. Ci fornisce, per usare un linguaggio più consono, la sua mappa del mondo, e lo fa attraverso un modello: il modello linguistico, che è, per definizione, un modello auditivo. Se davvero vogliamo comprendere quelle che il poeta ci dice, se davvero vogliamo penetrare nella sua mappa del mondo, non dobbiamo limitarci a leggere ciò che scrive, ma dobbiamo imparare a recitarlo.
Deragliata multiculturale a parte, Barbara Gollini dice una grande verità: “[…] e questo vedo che spesso manca nel sito, ci si legge tra persone che la pensano nello stesso modo per me questo ha rappresentato sempre una noia nella mia vita forse perquetso sono sempre stata amante delle culture diversde dalla mia. […]”.
Non è ovviamente un problema di culture diverse, bensì di ricchezza della mappa linguistica utilizzata. Limitandoci agli autori di questo sito, la maggior parte utilizza le stesse parole, le stesse frasi, la medesima sintassi per esprimere quasi sempre gli stessi concetti. Per paura di non essere compresi o per mancanza di strumenti adeguati, costoro cadono nel tranello del voler essere compresi a tutti i costi, e limitano il loro potenziale (quando c’è). Un linguaggio ricco produce un’arte ricca, e arricchisce anche la vita.

Offline Barbara Golini

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #10 il: Mercoledì 10 Marzo 2010, 12:01:10 »
Caro MAssimiliano,

devo dire che questa tua ultima mi ha convinta, forse è ildifetto del mondo virtuale in cui si entra a far parte stando in un sito...è come stare al paesello o come essere un'enclave culturale in un altro paese (come succede a noi italiani di Germania, che abbiamo un linguaggio limitatissimo rispetto agli italiani d'Italia, e molto molto conservatore). Ci si fa prendere facilmente dal canale comunicativo usato e ci si perde in esso.

Barbara

Tosco32

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #11 il: Mercoledì 10 Marzo 2010, 13:03:55 »
Sinceramente il linguaggio di Massimiliano, che egli nella prima lettera interpreta nel senso molto riduttivo di "mela" che può essere di vari colori ma non blu... ebbene, io, nella mia mente, ho dato un'interpretazione al nome che a lui non è passata nemmeno per la contraccassa del cervello. Ed ho pensato a tutt'altro tipo di mela. Femminile, naturalmente... del resto "mela" è già di per se stessa di genere femminile...
Altererà questo mio concetto il resto della discussione iniziata? Spero proprio di no.

masman

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #12 il: Mercoledì 10 Marzo 2010, 15:11:27 »
Tutt'altro, caro Lorenzo, lo rafforza... e sostiene in qualche modo la mia (che in realtà non è mia) tesi.

masman

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #13 il: Mercoledì 10 Marzo 2010, 15:13:57 »
Caro MAssimiliano,

Ci si fa prendere facilmente dal canale comunicativo usato e ci si perde in esso.

Barbara

Ottima, ottima osservazione...

Offline Barbara Golini

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Re: Il veleno del linguaggio
« Risposta #14 il: Mercoledì 10 Marzo 2010, 15:34:33 »
Grazie Massimiliano,
la comunicazione è di per sé affascinante e terribilmente complessa. Credo che quasi mai o forse mai quello che l'em,ittente intende sia recepito esattamente nello stesso identico modo dal ricevente. Ma il fascino della lingua e del comunicare sta proprio in quello non trovi? A me ha fatto sempre piacere vedere cosa le persone percepivano dalle mie poesie e sinceramente inficiare il tutto con una mia predefinizione di come debba essere letta mi sembra molto limitante. è un po' come scrivere un romanzo, i personaggi che descrivi assumono automomia e sono essi stessi a guidarti e a dirti come devi scrivere e cosa devi scrivere....così è la poesia diventa autonoma e non ti appartiene più nel momento in cui l'hai scritta......la tua mela a me ha rimandato ad un ricordo che ti ho scritto nel commento e per questo forse ho lasciato poco spazio alla fantasia e molto di più al ricordo.