Riprendendo la metafora vitivinicola introdotta da Corripio (e spostandone un po’ il senso), se la scrittura è l’uva, che già può essere assai gustosa quando è matura, e la poesia è il vino, l’impressione è che sul web ci sia molto mosto che si vuol far passare per vino.
Molti, poi, preferiscono il mosto, così dolce e inebriante, così facile da bere, al vino, più strutturato e impegnativo, troppo ricco di sfumature, di sapori, di retrogusti, di aromi.
C’è, poi, anche al di là del web, del vino che ha virato in aceto, è diventato acido e imbevibile seguendo, o anticipando, una tendenza dell’arte contemporanea; eppure c’è chi ne esalta il sapore (de gustibus…).
Certo chi conosce il vino dovrebbe saperlo distinguere dal mosto o dall’aceto, quando lo beve!
Non nego che il mosto e l’aceto abbiano le loro valide ragioni d’essere.
Il difficile è convincere chi preferisce il mosto o l’aceto, ed è convinto di bere vino, che si sta sbagliando, almeno sulla natura di ciò che beve.
Alla salute!