Dono e poesia: intuizione del mistero nel quale gli opposti si conciliano e si generano l’uno dall’altro…
Suggestivo! E condivisibile.
Ma siamo qui a cavillare
e non possiamo arrenderci alle suggestioni.
Già Platone riteneva la poesia dono delle Muse, ispirazione divina, e perciò la distingueva dalle arti, che erano considerate attività umane caratterizzate dalla capacità tecnica di fare qualcosa.
Nel secolo scorso Benedetto Croce concepisce l’arte (che intanto ha mutato di significato, assumendo quello che ha per noi oggi) come unità di intuizione ed espressione: una forma dello spirito già perfettamente compiuta prima di assumere una qualsiasi forma materiale. La tecnica ha il solo scopo di costituire una mediazione tra creatore e fruitore: è inessenziale, non si dà una distinzione delle arti su base tecnica, la varietà delle arti è il riflesso della infinita varietà delle personalità artistiche.
Ma siamo sicuri che il “fare” materialmente l’opera sia inessenziale all’arte (intesa in senso moderno)?
Siamo sicuri che la tecnica attraverso la quale l’intuizione si esprime non sia parte essenziale nella creazione di un opera d’arte?
Siamo sicuri che la forma attraverso la quale il contenuto si comunica dal creatore al fruitore non finisca con il fare parte del contenuto stesso?
Insomma, se l’intuizione artistica si dispiega in una poesia o in un racconto, piuttosto che in un quadro o in una scultura, questo non è indifferente! E dipende dalla tecnica impiegata.
Dirò di più: se l’intuizione artistica è riconosciuta come tale, ciò dipende dalla forma nella quale si manifesta.
E, come ha detto Corripio, qualcosa di simile all’intuizione artistica gioca sicuramente un ruolo in discipline non artistiche. Qualcuno recentemente ha osservato la presenza di tratti mitologici che si possono riconoscere in filigrana dietro la struttura di alcune teorie scientifiche: le antiche immagini cantate dai poeti possono, quindi, riemergere come archetipi capaci di organizzare il moderno pensiero scientifico.