Scrivere può essere una cura, specialmente la scrittura autobiografica, ma non solo.
Per restare nel campo della letteratura, ad esempio, ne "la Coscienza di Zeno", Svevo immagina che il protagonista scriva la sua autobiografia su richiesta dello psicoanalista a fini curativi.
Credo che il valore curativo della scrittura consista, in fondo, sia nell'essere uno sfogo, sia nell'essere un modo per mettere in pratica l'antica massima "conosci te stesso".
Conseguentemente anche la poesia.
Probabilmente molti hanno cominciato a scrivere "poesie" per sfogo e autoconoscenza.
Ma non sempre si tratta davvero di poesie.
L'evoluzione della poesia moderna e contemporanea porta, talvolta, a credere (erroneamente) che non sia necessaria una "tecnica poetica" per scrivere poesie.
Così scrivere "poesie" diventa un mezzo per esternare i propri pensieri in modo più facile rispetto alla scrittura in prosa: estemporaneo, senza troppa preoccupazione per le regole della grammatica e della sintassi.
E' inutile dire che rarissimi sono i casi in cui da un approccio del genere nascono vere poesie.
Viceversa è opinione comune che una mediazione tecnica tolga autenticità e verità allo scrivere: alcuni millenni di storia dell'umanità escludono questa possibilità.
Che si tratti di scrittura, di pittura, di scultura, di cinema o che altro, una solida conoscenza delle tecniche dell'arte ed il loro uso libero e consapevole, spesso piegato alle esigenze del genio, è la base di ogni operare.
Quindi la poesia può essere curativa, ma non tutto quello che è scrittura curativa e non rientra nella prosa chiamerei "poesia".