Diventa allora determinante stabilire il carattere peculiare della forma poetica (che secondo me è quello che ho detto in un post precedente).
Certamente è escluso che tale carattere debba risolversi esclusivamente nella metrica, nel ritmo e nella rima, tuttavia dissento fortemente da affermazioni come questa:
“Stile, canoni, rime....tutta roba vecchia! Gli schemi servono solo ad imprigionare il pensiero e castrare le emozioni. La vera ed unica regola è: non ci sono regole!”
Si tratta di una concezione che risale alle avanguardie del primo novecento, che ha impregnato di sé tutto il secolo scorso, ma che non ha più niente di moderno.
Si sente semmai l’esigenza di liberarsi, a nostra volta, dai canoni stessi del novecento, per esempio dall’imitazione stantia di un’ermetismo scolastico (che poi l’ermetismo è stato essenzialmente metrico) o di qualche poesia d’amore letta in traduzione (dove si perde la pregnanza del verso poetico originale).
Le forme metriche tradizionali lungi dall’essere “roba vecchia” sono tuttora utilizzate (con le più varie intenzioni), perfino dalle avanguardie (per esempio:
http://www.oplepo.it/).
Poeti dalla scrittura tendenzialmente prosastica, come Roboni, hanno sentito l’esigenza di adottarare forme chiuse, come il sonetto, senza con ciò rinunciare al loro modo di scrivere, tanto che rime e metrica, che pure sono perfette, quasi non si avvertono nella lettura, ma marcando così una forte riconoscibilità della forma poetica.
Sonetti hanno scritto, Fortini, Caproni, Pasolini, Zanzotto, Sanguineti (anche Montale, a dire il vero).
“Gli schemi servono solo ad imprigionare il pensiero e castrare le emozioni”, ma soltanto di chi ha poca confidenza con la tecnica.
Cito, per finire, Lello Voce (poeta, tra i fondatori del Gruppo 93, si parla di “neoneoavanguardie”): “Le forme chiuse tornano, certo, e probabilmente questa è una delle conseguenze di quella che noi di Baldus nell’89 definimmo la fine della funzione normativa della tradizione… Questo esaurimento rimette a disposizione un’enormità di materiale prima inutilizzabile – Forme chiuse comprese – ma poi dipende dal poeta se fare, con tutte le rovine e i reperti che si trova tra le mani, un dejà vu o una cattedrale romanica…”.
(Citazione tratta da “Aspetti del Sonetto Contemporaneo, N. Tonelli, ETS, 2000)
Scusate la prolissità...