per comodità riporto il brano di Benedetta.
Amare le stagioni Introspezione
Sanno d'amaro, sì
e passano
lente dipanano emozioni
di luce
e stelle buie
ne segnano lo sfiorire
Sanno d'amore, sì
perché non si fermano
a prendere gli istanti
ma tutto danno sul momento
e nulla resta
nemmeno il pieno ricordo
solo sfumature
d'oro abbagliante
al tramonto
dei giorni
e della vita
Amare sono, sì
se d'amore non le consumi
tutte
senza che nel palmo
aperto
ne resti
un attimo
e il sospiro del rimpianto...
nemmeno quello.
Solo Luce
Benedetta Cavazza Miciamalvina 03/11/2009 19:49|
Quoto al cento per cento l'intervento di Zima.
In questa poesia in particolare non vi sono difetti nelle pause, non che io veda, almeno! Le pause sono usate in maniera che definirei suberba: nessuna pausa è buttata lì tanto per dare l'aria di interrompere il discorso. Esse sono usate in questo caso per dare ad ogni singolo vocabolo il giusto significato evocativo.
Faccio un esempio: quel "tutte" che se non staccato potrebbe essere una sciocca ridondanza sulle giornate, a sè stante mi evoca, invece, tutto il discorso che ognuna assume importanza, senza esclusione alcuna, neanche quelle da voler dimenticare. E lo stesso quel "palmo" che se lo immaginassimo stretto, non starebbe ad indicare il possesso? O forse un pugno rabbioso? Invece no, il palmo è "aperto, ce le offre! Le giornate sono dunque un dono offferto e da offrire.
-Comunque ben vengano le impressioni del lettore, ma per cortesia siano almeno esse dettate dall'accortezza della lettura.