Non so se al Tanka si possano attribuire le stesse “regole” di composizione che si richiedono per l’Haiku: kigo, assenza di (eccessivi) riferimenti personali, pura osservazione della natura ecc.; ma penso di no.
Già altri tipi di componimenti giapponesi in metrica 5-7-5 non lo richiedono: ad esempio il Senryu.
Il Tanka è più antico di tutti questi (che da esso derivano) e pare significhi semplicemente “poesia breve”.
La brevità ne implica abbastanza necessariamente l’essenzialità, anche l’effetto di “inversione semantica” (poi passato anche all’Haiku) tra i primi tre versi e gli ultimi due pare essere richiesto.
Vi riporto alcuni Tanka antichi che riprendo da “L’angusto sentiero del nord” di Matsuo Basho che si può scaricare (o almeno si poteva tempo fa) da Cascinamacondo.com.
La notte di tempesta
spruzzi e polvere d’acqua
tra i loro rami
i pini di Shiogoshi
hanno incantato la luna
Basho lo attribuisce a Saigyo (1118-1190) rinunciando a comporre un Haiku giustificandosi così: “è stato tanto e tanto scritto su questo luogo (i pini di Shiogoshi) che non è possibile dire altro della bellezza che offre al viaggiatore.
Questo tanka parrebbe rispettare sostanzialmente le regole valide per l’Haiku; quello che riporto di seguito, invece, direi di no.
E’ ancora più antico, è riportato in nota come esempio di Tanka, e viene data anche la traslitterazione dal giapponese. E’ stato composto da uno dei maggiori autori del genere: Ki-no-Tsurayuki (morto nel 946). Nel suo capolavoro Tosa-nikki racconta che la figlia di un dignitario di corte possedeva un prugno coperto da magnifici fiori. Passeggiando l’imperatore lo apprezzò ed ordinò di trapiantarlo nei suoi giardini. La ragazza non si oppose, ma fece accompagnare l’albero da questi versi:
Se è l’ordine del Signore
io mi inchino con rispetto
ma quando l’usignolo
verrà a cercare il suo nido
cosa potrò rispondergli?