Disposti a corte a lutto per il gesto
di cecità e selezione di trama, scelgono,
l'ordine è preciso ed è il dramma, quello e questo
il prodotto a ricompensa, lui un fatto,
fatto di denaro, quello buono, che ingoia nello sguardo.
Vuole, vuole tra i suoi il trofeo da bacheca, ma l'attenzione
fa 18 da una parte e meno dall'altra, ed è nella parte
portante che non si riduce, non si deve, al massimo si capovolge
a tenere il palco fermo nella sua morte, la sua dinamica in prima visione.
La serata è farsi di walzer, è l'ospite in vena
e l'attesa della flebo finale, chiede un capocomico (è la fine del buffone)
che stacchi la spina finalmente della luce, riprodotta
in carta e penna da parata, mentre il vincitore, rizzato
nello stucco dei denti, mette radici, si appropria
di spazio non suo, non finto, non definito. Questa è la nascita,
la prima ondata, la sotterranea sbavatura, lo sbrodolamento
da solletico... alla fine non è che un atto e finisce
e con gesto teatrale, e un pagliaccio lo rinchiude nel tendone,
è la fine e buffamente invoca il dio che si mostra
nell'insieme dei moti, la noia delle stesse mani a piatto.
The end.
Titoli di coda.