Nella terza arriva il messaggio vero e proprio, che possiede un sottile senso di ironia “accettati per quello che non sei… e non interrogarti”, se poi non cerchi davvero le risposte, se le lasci indurire all’ombra dell’ipocrisia. Certo, perché ogni qual volta ci giustifichiamo, affermando di essere stati sfortunati, di aver avuto un destino avverso, mentiamo a noi stessi, consapevoli che in realtà il destino ce lo costruiamo passo dopo passo, con le nostre scelte.
Non so tecnicamente come potrei definire le figure retoriche nei versi, oltre che metafore, perché è presente una specie di intreccio tra le parole, sottile e molto acuto, che mette in relazione il pane, i rimorsi, il tempo e la fame.
I giorni mandati/non consumati, sono quelli che non abbiamo vissuto, vivendo nell’ombra, di cui sentiamo un rimorso, o meglio rimpianto.
Gli ultimi due versi, li trovo bellissimi:
"perché è troppo vile l'appetito
e troppo tarda è la fame"l’appetito è vile, ha paura di dichiararsi e si nasconde, non si sazia… credo possa legarsi ai desideri e ai sogni che non abbiamo avuto il coraggio di realizzare; la fame è tarda perché ormai ci attanaglia, ci consuma e arriva quando ormai è troppo tardi per saziarla, il pane è diventato duro, e rappresenta quelle domande a cui non diamo risposta, quei rimpianti inutili.
E l’ultima piccola strofa è quella che mi scioglie, assolutamente, chiude quel percorso e smentisce i versi iniziali… quando si riesce ancora a vedere la bellezza nelle cose piccole, quando si riesce a commuoversi per un nulla, allora non si è perso. Il coraggio è tutto lì, in quel barlume di luce riflesso nella lacrima, la vittoria è la capacità di vivere, di sentire, di emozionarsi, di Amare quello che abbiamo intorno.
Ancora una volta, l’autore ripete la stessa parola, come in tutte le altre strofe, enfatizzandola, facendocela sentire “per un niente, davvero, per un niente”. Ogni termine, ogni singolo particolare, è studiato per attaccarsi alle ossa, per far sobbalzare l’anima. È questa la sua bellezza.
Questa poesia, rappresenta un percorso di indagine profonda all’interno di se stessi, che è personale dell’autore, intimo, sentito, ma nel quale ognuno di noi può ritrovarsi, un percorso col quale prima o poi ci ritroveremo a fare i conti.
Scivola, tra la bellezza forte e struggente delle immagini, tra le numerose metafore, tra le allitterazioni, le assonanze e le consonanze, come inchiostro fluido, è cuore depositato sul foglio e non si può che ammirare.
Mi ero ripromessa di fare un commento per lo più tecnico, ma non ci sono riuscita, tanta è l'emozione che questa poesia mi suscita e mi perdonerà, l'autore, se mi sono lasciata andare...
Grazie Alex, di averci regalato te stesso, su un “vassoio di luce”…