Salve…ho trovato molto interessante questa iniziativa, e devo ringraziare Neroscarlatto per avermi suggerito questo forum. Partendo dal presupposto che è la prima volta che mi cimento
in quest’arte dell’ “occupare” , ho provato comunque a incanalarmi in questi versi per trarne un qualcosa di mio e condividerlo.
Sulla prima poesia di Chianese, ho trovato molti spunti di riflessione, a partire dall’uomo, che per quanto sogni un libero arbitrio, è soggetto ad un fato anteposto alla nascita, un qualcosa di statico che non da scampo alla libera persona, al suo mutare
(E il bambino è uno,
sessile e primevo, dalle acque.
La strada da un lato
la chiude la macelleria, dall’altro i cifrari
del ritorno: mai che uno straccio,
qui e sui balconi, distrugga il vento.) ;
passando poi per il divenire dell’uomo che cresce in sé il peso di tante aspettative o modelli circostanti
(Pochi si accorgono
di portare cattedrali sulla schiena
- dacché è nato, dacché
egli è nato…magari anche “dove” è nato);
e infine la strofa finale: io quel “Tu” l’ho interpretato come un richiamo all’infante che è dentro ognuno di noi e che richiama gli spettri primevi che il coraggio ancora rifiuta di affrontare
(Tu lasciami la sensorietà ottusa
del sonno anche nei quadrivi meridiani
che ancora
l’ombra – l’ora – visitano
e stancamente
gli spettri amicali(lo saranno davvero?) dall’infanzia).
I primi versi mi hanno appunto questa impressione in quanto vi ho letto di
“un uomo che nella notte resta fisso ad ascoltare quel bambino (chissà lui stesso?) che lo richiama anche cento volte”