Autore Topic: L'arte come finzione... in che senso?  (Letto 6303 volte)

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Offline Chiara Catanese

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #15 il: Lunedì 27 Aprile 2009, 22:50:47 »
Sulle interpretazioni...anche io penso che una poesia si debba innanzitutto sentire (fatti salvi i casi che citavi in cui, direi, è parimenti importante anche capire...)
Un po' come le canzoni, che diventano di tutti, si prestano a raccontare varie storie, varie vite, varie emozioni, varie anime...Una volta create prendono vita propria. Ciò non toglie che a monte ci sia una soggettività che l'abbia messe alla luce, una miccia che le ha fatte esplodere...
Anch'io tuttavia mi interrogo sul fatto se l'abilità di un vero poeta non consista nel far trapelare sempre quanto intendeva...mi sto rispondendo che non è così...
Che anzi saper parlare a tante anime è una forza della poesia e ne è la bellezza, attraverso cui possiamo anche scoprirla sempre diversa. La poesia deve parlare all'anima.
Poi, nel mio caso, molto spesso neanche io so dove voglio arrivare (e si vedeXD) : mi viene l'ispirazione, e la lascio parlare. Concepisco lo scrivere anche come un mettersi a nudo dell'anima, dunque io stessa mi metto ad interpretare quanto nasce in me. Come in una sorta di autoanalisi, un mettersi in ascolto di tutto...

Se mi chiedo (e chiedo ;D) l'interpretazione originaria è perchè sono curiosa di vedere cosa c'è dietro, di scoprire questa interpretazione autentica (per usare un termine giuridico ;D) e quindi nello scoprirla di rileggere i versi con occhi nuovi e fare assumere ad essi un nuovo sapore e un nuovo senso (se non coincideva con la mia), di conoscere nuove letture della realtà...
Una cosa che forse farà sorridere: se alle parole di una canzone do un'interpretazione che poi scopro essere differente da quella con cui è nata, mi è capitato di restarci un po' male, ma poi mi sono detta...beh, a me ha parlato in questo modo, significa che è libera dai vincoli di verità e contingenza...

Hai ragione sulle interpretazioni dei poeti celebri. A dirla tutta poi a me pare che da una parte insistere su queste cose tolga poesia...

E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.


...La fantasia da sola è sufficiente,
se l'ape è assente...

cipreacalend

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #16 il: Martedì 28 Aprile 2009, 00:37:29 »
Perchè mi fa rabbrividire il fatto che qualcuno si metta a scrivere poesie per attirare l'attenzione della gente :o
Quindi mi chiedo, tu pensavi a questo?

In effetti fa rabbrividire pensare che qualcuno possa scrivere dei testi solo per attirare l'attenzione della gente... come si potrebbe definire un comportamento del genere? Mi vengono i brividi solo a pensarci. Certo, non sarà qualcuno normale... sicuramente dovrà avere dei problemi psichici, chissà.... ;D
« Ultima modifica: Martedì 28 Aprile 2009, 00:39:23 da Mirella Crapanzano »

Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #17 il: Martedì 28 Aprile 2009, 10:12:46 »

Anch'io tuttavia mi interrogo sul fatto se l'abilità di un vero poeta non consista nel far trapelare sempre quanto intendeva...mi sto rispondendo che non è così...
Che anzi saper parlare a tante anime è una forza della poesia e ne è la bellezza, attraverso cui possiamo anche scoprirla sempre diversa. La poesia deve parlare all'anima.



vedi, per quanto me lo chieda, non trovo una risposta. ci sono poesie di una semplicità e linearità disarmanti, tanto che sembrano scritte da un bambino eppure emozionano tantissimo, ci sono poesie che inseguono virtuoismi poetici che lo sono parimenti, poi ci sono quelle di cui si può apprezzare la tecnica, e che emozionano per la bravura!  ;D

però se, riprendendo la frase di Stefano, "l'arte è verità" allora la cosa più importante che un poeta debba mettere nei suoi scritti è l'anima sua, come per regalarla al componimento e farlo vivere di vita propria.
ciò consentirà alla poesia di rivelarsi ai lettori ma prima ancora a noi stessi, per divenire strumento di conoscenza. (contorto?)

per quello che riguarda le strumentalizzazioni dell'arte, bhe, certo, la strumentalizzazione ai fini commerciali è una delle tante. ma, d'altra parte, quando si decide che si vuole vivere di arte, spesso si scende ad un compromesso che incontri i gusti del mercato o di una particolare fetta di mercato abbastanza ampia da consentirti di guadagnarti il pane. lo fanno molti scrittori, musicisti, pittori. c'è chi non ha bisogno di farlo perchè è stato tanto fortunato da riscontrare successo senza dover modificare il suo modo di intendere la sua arte, c'è chi non lo fa perchè decide che farlo vorrebbe dire rinunciare alla propria identità e allora preferisce morire di fame... io sarei, se mai decidessi di commercializzarmi, tra questi... e morirei di fame!  ::)

« Ultima modifica: Martedì 28 Aprile 2009, 10:16:54 da Zima »
"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.

Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #18 il: Martedì 28 Aprile 2009, 10:13:19 »
per quello che riguarda le poesie sui fatti di cronaca, o sulle violenze sulle donne, o su tutti quegli argomenti che toccano inevitabilmente il cuore del lettore, bhe... io voglio sperare che non si scriva solo per avere tanti commenti, ma che quelle parole, seppur mal scritte, sgorghino dal cuore, dalla pancia, dall'anima. non è facile affrontare determinati argomenti, ma a volte ci prende una rabbia tale che abbiamo assolutamente bisogno di mettere nero su bianco. credo comunque che ogni cosa scritta vada sempre rivista e limata qualora ci accorgessimo che l'impulso emotivo ha prevalso sulla necessità di esporre un buon lavoro!

ma sai, quello che mi fa rabbrividire, è leggere scritti che non partono dal cuore ma dalla testa, che vengono composti solo per essere letti (un po' come alcune canzoni, un po' come quei pessimi libri di cui si parlava, ma senza un intento commerciale che almeno lì è per i soldi!). è chi scrive per ispirare compassione, è chi scrive per reperire favori, è chi scrive per far credere alla gente che sia scritto per loro, è chi scrive per fare innamorare, per abbindolare, per depredare.
sarà malattia mentale o perversione? odio nei confronti del prossimo o egocentrismo? egoismo o cattiveria? dolore o solitudine? bho... di certo il motivo è losco assai e quantomeno ingiusto!

è per questo che, sia quando leggo le poesie degli autori celebri, sia quando leggo le poesie in questo o in altri siti, decontestualizzo e scindo (almeno ci provo) sempre l'autore dallo scritto. questo mi aiuta ad essere oggettiva, ad entrare nel testo per apprezzarlo, a trarne una verità solo mia. ho stabilito che meno conosco della vita di un autore ma più so del suo percorso poetico e meglio riesco a leggerlo!  ;D
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Offline Maurizio Spaccasassi

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #19 il: Mercoledì 29 Aprile 2009, 01:05:20 »
L'argomento in oggetto lo trovo molto interessante,anche per il fatto che può essere sviscerato in molte altre argomentazioni prettamente connesse alla poesia.
Ho letto molte considerazioni in questo topic ,a mio avviso molto illuminanti a riguardo dei versi finali di Pessoa,

osì, scrivo in mezzo
a quanto vicino non è:
libero dal mio laccio,
sincero di quel che non è.
Sentire? Senta chi legge.

Mi ha colpito molto in particolare un verso:"libero dal mio laccio"
Riflettendo su questo verso devo supporre che forse l'autore in un certo modo  inganna anche se stesso immaginando solamente, di fingere di essere solo vicino,forse egli sapeva che se quelle emozioni le avesse sentite sue, lo avrebbero fatto soffrire o illudere,in quel modo ha creato un sistema indolore per essere solo un semplice spettatore(ma questa è una mia semplice supposizione senz'altro sbagliata).Per questo il laccio che lui sta menzionando credo sia il collegamento alla sua personalità.Non è forse quello che capita anche a noi?
« Ultima modifica: Mercoledì 29 Aprile 2009, 01:08:22 da Maurizio Lauriani »

Offline Maurizio Spaccasassi

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #20 il: Mercoledì 29 Aprile 2009, 01:07:03 »
Un poeta in un certo modo è anche attore di se stesso,per rappresentarsi,deve inventarsi uno scenario e se parla di sè, deve confondersi fra cose luoghi e persone, perchè gli automatismi di autodifesa sono sempre all'erta,ma agendo in modo subdolo sono irriconoscibili, persino da chi scrive.Mi sembra di aver letto molto raramente poesie che descrivono nel dettaglio ogni singola verità sull'ispirazione della poesia.
Se nessuno aveva il problema di risultare vero,allora non ci sarebbero stati tanti nomi finti.Chi si sognerebbe di scrivere un atto di cornificazione in una poesia sapendo che il proprio consorte è un assiduo lettore di poesie?
Devo essere sincero nel mio caso i miei testi partono sempre da uno stimolo vero,ma molte volte vengo trascinato altrove e finisco per scrivere versi  che inizialmente non erano stati pensati..allora di chi sono questi versi?Non li  ho predeterminati,ma li ho scritti,sono falsi o sono veri?Sono forse spezzoni di un karma  smarrito rimasti nell'aria?
Penso che a forza di vivere una parte di se stessi nell'immaginazione si esca in parte da se stessi,ed è qui la magia.Manipoliamo i versi perchè siamo a cavallo di due mondi paralleli o siamo semplicemente a cavallo di qualcosa d'indefinito.
Poi per carità ,ognuno di noi è diverso,ma  devo ammettere che ho scritto anche io una poesia che possiamo definire "finta", il testo descriveva la visione degli occhi di una madre che aveva perso un figlio nella scuola di San Giuliano.
Ma per me è stato diverso, quell'impulso era mio, perchè ho sentito piangere il mio cuore a vedere una certa scena,la mia vita in particolare per vari motivi mi ha lasciato vicino al dolore e questo ti fa partecipe per comprenderlo fino al punto di saperlo rappresentare,perchè in un certo senso quel dolore è diventato tuo e ti appartiene.
Forse data l'ora sto dilagando in varie assurdità, ma come ha detto Mirella  Crapenzano e S.Toschi ,un attore è costretto a recitare il vero ,anche per questo molti di loro prima di fare un film si adeguano di proposito, a vivere nei gesti,nei modi e nell'ambiente e in  tanti altri aspetti al  personaggio che devono personificare.
Ci sono testimonianze che dicono che certi attori hanno avuto problemi a ritornare alla personalità iniziale.





« Ultima modifica: Mercoledì 29 Aprile 2009, 01:13:17 da Maurizio Lauriani »

ascolto

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #21 il: Mercoledì 29 Aprile 2009, 09:56:52 »
Un optional, una facoltà ?
Ineluttabile , incancellabile ?
Forse che istiga o forse sussurra?

Di certo non fu mai vela
spiegata al cielo che a stento osiamo
sulle nostre zolle assetate di seme,
senza saper per chi sarà pane.


Ciao. Mi chiedo spesso cosa sia la poesia e la prima immagine che mi viene sempre in mente per prima è un abbraccio. Già, mi vedo cieco e bisognoso di tutto , ed ecco la poesia è li,  mi abbraccia. E mentre mi abbraccia mi regala una confezione di pastelli e pochi fogli, i fogli della mia vita, e senza dire una sola parola mi ritrovo , pur perplesso, a disegnare quel profumo . Mi dico che sono cieco, che non potrò mai  fare un bel disegno, che non potrò mai carpire il senso delle cose , eppur mi ritrovo per la strada dei miei giorni a scarabocchiare i baci che mi giungono , incredibili, da dove mi sembra ci sia uno stagno senza acqua limpida, un giardino recintato senza poterci rotolare.

E poi mi vedo alla fine dei tempi, con tanti fogli disegnati, da me , cieco al sapere pur bramandolo. E finalmente li guardo e non poso che dire che si, le mani del mio animo disegnarono tutto ciò, che si, gli occhi del mio animo raccolsero….  Eppure, non io sono l’autore di quei disegni ma la poesia. Senza quell’abbraccio , senza quei fogli, senza quei pastelli, sarei vissuto, ma non sarei esistito.

Grazie per quanto ho letto e buona giornata a tutti-

Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #22 il: Mercoledì 29 Aprile 2009, 13:42:10 »


così, scrivo in mezzo
a quanto vicino non è:
libero dal mio laccio,
sincero di quel che non è.
Sentire? Senta chi legge.

Mi ha colpito molto in particolare un verso:"libero dal mio laccio"
Riflettendo su questo verso devo supporre che forse l'autore in un certo modo  inganna anche se stesso immaginando solamente, di fingere di essere solo vicino,forse egli sapeva che se quelle emozioni le avesse sentite sue, lo avrebbero fatto soffrire o illudere,in quel modo ha creato un sistema indolore per essere solo un semplice spettatore(ma questa è una mia semplice supposizione senz'altro sbagliata).Per questo il laccio che lui sta menzionando credo sia il collegamento alla sua personalità.Non è forse quello che capita anche a noi?



come dici tu, siamo pieni di barriere, che ci difendono e che ci limitano anche inconsapevolmente.
io credo che quel laccio sia proprio il laccio al quale si scioglie il nodo dell'appartenenza con i sentimenti e le parole. è come se l'autore, per evitare coinvolgimenti, decidesse di scrivere di pura fantasia, inventando un mondo diverso dal proprio. ma... è realtà o illusione?
si può scrivere senza metterci del proprio?

c'è chi evidentemente riesce davvero a slacciarsi, c'è chi a volte ci prova, per nascondersi anche a se stesso, c'è chi ritiene che ciò non sia possibile.
Ma in ogni caso, la poesia dovrebbe prescindere da storie vere o presunte di corna (solo per citare il tuo esempio) o di altre cose che poco hanno a che vedere con lei, e dovrebbe essere pura espressione di noi stessi, nudi da ogni vincolo, sciolti da ogni laccio che ci concateni alla realtà.


come hai detto tu

Citazione
ho scritto anche io una poesia che possiamo definire "finta", il testo descriveva la visione degli occhi di una madre che aveva perso un figlio nella scuola di San Giuliano.
Ma per me è stato diverso, quell'impulso era mio, perchè ho sentito piangere il mio cuore a vedere una certa scena,la mia vita in particolare per vari motivi mi ha lasciato vicino al dolore e questo ti fa partecipe per comprenderlo fino al punto di saperlo rappresentare,perchè in un certo senso quel dolore è diventato tuo e ti appartiene.

e questa NON è finzione!  :)

nonostante la tarda ora, Maurizio, le tue non sono assurdità! la riuscita di una buona finzione sta nel fare in modo che essa cessi di esserlo e diventi la realtà, in quel limbo di magia in cui ricadiamo ogni volta che scriviamo, quando la penna va da sola e segue il cuore, non la mente, non una storia, non la tecnica, ma quelle parole nascoste dentro l'anima che escono da sole e macchiano il foglio!

« Ultima modifica: Mercoledì 29 Aprile 2009, 13:48:45 da Zima »
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Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #23 il: Mercoledì 29 Aprile 2009, 13:49:06 »
Citazione
E poi mi vedo alla fine dei tempi, con tanti fogli disegnati, da me , cieco al sapere pur bramandolo. E finalmente li guardo e non poso che dire che si, le mani del mio animo disegnarono tutto ciò, che si, gli occhi del mio animo raccolsero….  Eppure, non io sono l’autore di quei disegni ma la poesia. Senza quell’abbraccio , senza quei fogli, senza quei pastelli, sarei vissuto, ma non sarei esistito.


ecco... quello che dice Ove è quello che avrei voluto dire io...  :)


grazie ragazzi!!!  :-*

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scarlatto

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #24 il: Mercoledì 29 Aprile 2009, 16:57:30 »
E poi mi vedo alla fine dei tempi, con tanti fogli disegnati, da me , cieco al sapere pur bramandolo. E finalmente li guardo e non posso che dire che si, le mani del mio animo disegnarono tutto ciò, che si, gli occhi del mio animo raccolsero….  Eppure, non io sono l’autore di quei disegni ma la poesia. Senza quell’abbraccio , senza quei fogli, senza quei pastelli, sarei vissuto, ma non sarei esistito.

Mi riconosco in queste parole, sono quelle della Poesia, non quella di parole, forme, stili, ma quella che nasce dall'urgenza di far vivere le cose, insufflando l'anima dentro di esse.

siamo pieni di barriere, che ci difendono e che ci limitano anche inconsapevolmente.
io credo che quel laccio sia proprio il laccio al quale si scioglie il nodo dell'appartenenza con i sentimenti e le parole. è come se l'autore, per evitare coinvolgimenti, decidesse di scrivere di pura fantasia, inventando un mondo diverso dal proprio. ma... è realtà o illusione?
si può scrivere senza metterci del proprio?

Ma si possono evitare i coinvolgimenti, si può escludere il sentimento, l'emozione di chi scrive, lasciando alla parole di vivere indipendentemente dal loro autore?
E' come se i versi prendessero una natura propria, come i personaggi in cerca di autore di Pirandello. E riuscirebbero quei versi a comunicare emozione, quel sentire, di cui il poeta vuole liberarsi? Forse nella creazione esiste un disegno, una necessità, un'ansia di immedesimazione, una catarsi... chissà... nell'atto creativo ciò che conta è il dono, la capacità di offrirsi, di essere, di lasciare un segno.

Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #25 il: Giovedì 30 Aprile 2009, 00:52:37 »
Ma certo che si può, mio caro nerino! :)
Anzi, ritengo che la poesia riesca nel suo intento quando assume una propria anima indipendentemente dall'autore, quando sia capace di trasmettere emozione al lettore.
In buona sostanza credo che la poesia viva in due momenti particolari e distinti ma legati da un unico filo, l'anima che si tramanda da autore a lettore: l'atto della creazione, durante il quale il poeta si ispira e si libera, si dona completamente alle sue parole, e il momento in cui la poesia è ormai libera di tramandarsi, indipendentemente dal proprio autore, a chi la leggerà e la farà sua, interpretandola, sentendola e "ricevendola" secondo la propria sensibilità.

Alla fine però, se ho capito bene quello che vuoi dire, concordo con te e ritorniamo al punto di partenza: perchè tutto ciò avvenga, il sentimento del poeta deve essere sincero, egli deve denudarsi e offrire la propria anima così com'è.

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Offline Marina Como

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #26 il: Venerdì 1 Maggio 2009, 00:59:34 »

come dici tu, siamo pieni di barriere, che ci difendono e che ci limitano anche inconsapevolmente.
io credo che quel laccio sia proprio il laccio al quale si scioglie il nodo dell'appartenenza con i sentimenti e le parole. è come se l'autore, per evitare coinvolgimenti, decidesse di scrivere di pura fantasia, inventando un mondo diverso dal proprio. ma... è realtà o illusione?
si può scrivere senza metterci del proprio?

c'è chi evidentemente riesce davvero a slacciarsi, c'è chi a volte ci prova, per nascondersi anche a se stesso, c'è chi ritiene che ciò non sia possibile.
Ma in ogni caso, la poesia dovrebbe prescindere da storie vere o presunte di corna (solo per citare il tuo esempio) o di altre cose che poco hanno a che vedere con lei, e dovrebbe essere pura espressione di noi stessi, nudi da ogni vincolo, sciolti da ogni laccio che ci concateni alla realtà.


come hai detto tu

e questa NON è finzione!  :)

nonostante la tarda ora, Maurizio, le tue non sono assurdità! la riuscita di una buona finzione sta nel fare in modo che essa cessi di esserlo e diventi la realtà, in quel limbo di magia in cui ricadiamo ogni volta che scriviamo, quando la penna va da sola e segue il cuore, non la mente, non una storia, non la tecnica, ma quelle parole nascoste dentro l'anima che escono da sole e macchiano il foglio
concordo in pieno con gli interventi di Maurizio e Zima, vorrei far riflettere anche su una questione (o forse due) che non è ancora stata trattata. Quanto di quello che non ci succede non è reale? Non sono forse reali le nostre paure? Io che ho conosciuto solo mio marito e non mi sono mai lasciata, quando scrivo di abbandono metto sul foglio le mie paure, rappresento una scena che mi ha colpito, o sono permeata dall'empatia per qualcosa che ho vissuto passivamente?
Sicuramente il laccio per me rappresenta la ragione, il presente, la storia. Si lascia il giorno per entrare nel mondo dei sogni, inconsci ma reali come le parole che ci sovvengono. A questo proposito, perchè a volte si vuole mandare un messaggio e si scrive col cervello, mentre altre volte ci appaiono le parole come fossero nate frasi da luce propria e quando si asseconda la penna ed il flusso di pensieri, ci si ritrova spesso in mano una considerazione non passata attraverso il canone razionale ma inconscio?
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Offline Zima

Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #27 il: Lunedì 4 Maggio 2009, 20:58:51 »
a marì ma che sta' a dì?!  :P

mah, tanto per spremermi il cervello ancora un pochino...
i sentimenti sono tutti reali, le paure lo sono e scriverne, anche se quel determinato fatto non ci è accaduto, significa concretizzarle, sviscerarle, portarle alla luce. non sempre si scrive avendo già deciso quale sarà il messaggio che vogliamo trasmettere, ma io sono dell'idea che ci sia sempre un messaggio, che ognuna delle nostre parole abbia un significato preciso, anche quando non è veicolato dalla nostra mente direttamente.
a me per esempio capita molto più spesso di scrivere senza sapere cosa voglio dire, che non di avere in testa un messaggio e di strutturare le parole perchè questo arrivi. io scrivo e poi rileggo e ci trovo dentro tutti i possibili significati, a partire dalle percezioni che la lettura delle immagini, dei suoni, della disposizione delle parole, mi trasmette.


Maurizio prima portava l'esempio degli attori, raccontando di come ci sia bisogno di entrare in un ruolo e vestirlo come se fossimo noi stessi, per riuscire a trasmettere le emozioni allo spettatore, ma anche di come a volte sia difficile uscire dal ruolo che si è indossato.

secondo voi è possibile rimanere incastrati nella maschera che ci cuciamo addosso quando scriviamo? e non è pericoloso tutto questo? non si finirebbe per trasformare la finzione letteraria in un inganno vero e proprio che coinvolge noi stessi e gli altri?!  ::)

oddio... NOOOOOOO!!!!!!! help me!!! ;D


« Ultima modifica: Lunedì 4 Maggio 2009, 21:12:31 da Zima »
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Offline Chiara Catanese

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #28 il: Mercoledì 6 Maggio 2009, 13:41:39 »
Altre cose interessantissime avete scritto, tutti! <3

Bene ha fatto Marina a porre l'accento sulle paure e sul mondo del sogno, toccando un altro punto importante.
Zima, anche a me la stragrande maggioranza delle volte capita così, che le parole arrivino come dal cielo e io stessa devo mettermi a trovare un senso, un filo rosso che le leghi, una spiegazione...

Maurizio mi ha fatto riflettere molto su un punto: quello di uscire da sè attribuendo ad un io lirico sentimenti e pensieri che forse sono intimamente nostri...volutamente (perchè non vogliamo svelarci del tutto) o inconsciamente (e questo secondo me è più interessante) Ed è a questo proposito, Zima, che a mio parere potrebbe prendere forma quell'incubo (perchè è un incubo! :o) che paventi...
Secondo me però non è possibile rimanere incastrati in questa maschera, se non per il tempo che si scrive. Un attore deve entrare in un ruolo per molto tempo, prima studiando il personaggio, poi interpretandolo durante le tante prove e messe in scena (tutto questo detto in soldoni, senza scendere nei vari particolari e nelle varie tecniche recitative, ad esempio c'è chi pensa si debba recitare come se io fossi il personaggio, altri facendo il personaggio) . Un poeta invece scrive la sua poesia e poi passa anche a scrivere altro, no?
Oppure può diventare un meccanismo per cui non guardiamo più in noi stessi ma diventiamo tutti tesi soltanto a porre in atto una messinscena...che probabilmente è quello che intendevi. Però secondo me è raro che accada! Oddio, se si ricorda sempre di guardare in se stessi, serbando questa volontà e aspirazione, questo rischio dovrebbe essere scongiurato...!

Ritornando più indietro, chi scrive con intenti loschi che non partano da un sentimento, da una sincera spinta interiore, semplicemente non è un poeta -nè grande nè "amatoriale"- ma un millantatore, ridicolo e indegno (e sento ancora d'avergli fatto un complimento ::)) Il ventaglio di motivi per cui uno può farlo -dalla solitudine alla cattiveria, all'egoismo e aggiungerei alla stupidità- l'hai già illustrato e in ogni caso, sì, è sempre qualcosa di ingiusto.

"meno conosco della vita di un autore ma più so del suo percorso poetico e meglio riesco a leggerlo!" interessante questo punto! Ma siamo anche umani quindi può capitare di sentire di più ad esempio la poesia di un amico che parla di un qualcosa che l'ha toccato, essendo a conoscenza dei retroscena. Ma è vero, si dovrebbe sempre scindere il lato emotivo da quello "oggettivo" se si vuole fare una buona critica e andare davvero a fondo della Poesia. Lo dicevamo prima, si può avere tutto l'apprezzamento per la spinta emotiva quando è sincera ma tuttavia conservare delle riserve su come questa è espressa, su quanto questa spinta ha generato. Ed evviva chi sa fare questo, e rendertene partecipe, direi! :D

(segue)
« Ultima modifica: Mercoledì 6 Maggio 2009, 13:43:16 da Chiara Catanese »

E il pino
ha un suono, e il mirto
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Offline Chiara Catanese

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Re: L'arte come finzione... in che senso?
« Risposta #29 il: Mercoledì 6 Maggio 2009, 13:53:28 »
(continua)


Le strumentalizzazioni dell'arte per fini commerciali, altro punto interessante, su cui si potrebbe dire tantissimo. E' vero, quando essa diventa un lavoro, spesso diventa inevitabile scendere ad un compromesso. Nel campo della poesia, poi, è davvero difficilissimo vendere... -__-' Siamo poi in una società in cui regna la moda, la gente non è educata al bello. Capisco benissimo quello che dici, secondo me però l'unica soluzione per mantenere integra la propria identità non è sottrarsi: un artista del resto vuole esprimere sè stesso, vuole comunicare...ci sono artisti (mi viene in mente nel campo della musica) che non si sono venduti tradendo sè stessi eppure ci sono...già alcuni fans parlano di tradimento se vanno a fare la promozione in tv ma secondo me quello fa parte del gioco -o meglio del lavoro- così come lo fa il lancio di un brano più orecchiabile come singolo quando nell'album in uscita ci sono canzoni ben più profonde...dispiace anche a me ma posso accettarlo in quest'ottica (molti non sono d'accordo con me, ma sono arrivata a pensarla così), e poi non dimentichiamo che sta anche all'ascoltatore non essere un consumatore passivo ma andare al di là a scoprire altro e non solo quello che il mercato ti offre come piatto forte (e unico)...nel campo della musica come in quello della letteratura ecc...

Cmq tornando al "poeta fingitore" mi è venuto in mente un verso della canzone di De Gregori la meravigliosa "Le storie di ieri" (una delle mie preferite) che dice:

"Mussolini ha scritto anche poesie
i poeti che strane creature
ogni volta che parlano è una truffa.


in questa versione l'aveva cantata De Andrè, poi lo stesso De Gregori l'ha cantata cambiando quello "strane" in "brutte".

Direi che calza! ;D
E questo verso per me simboleggia qualcosa che mi ha sempre in qualche modo colpito...il fatto che a volte chi scrive dovrebbe avere una certa sensibilità che trasuda dalle sue poesie/prose ma la sua storia testimonia altro...mi viene in mente D'Annunzio che ha aderito al fascismo come anche Pirandello che addirittura -era sulla terza pagina del Corriere di recente- sembra fosse violento con le donne di casa... Sono solo due esempi, che ho citato perchè quei due "artisticamente" per un motivo o per l'altro li adoro (D'Annunzio anche solo per "La pioggia nel pineto", e mi piace il suo estetismo, Pirandello è semplicemente un genio per la sua filosofia con le sue maschere, identità, trappole della società...un genio!!! <3)  non voglio fare analisi spicciole e superficiali e trascurare lo specifico contesto storico di quella scelta 
Che ne pensate? E' dunque possibile scindere in questo modo vita concreta e letteraria? Non è una forma d'inganno anche questa?  (c'è in questo stupore cmq una forma di idealizzazione, me ne rendo conto, e sarà puerile questa domanda ma inutile nascondere che me la sono posta!)
« Ultima modifica: Mercoledì 6 Maggio 2009, 13:56:36 da Chiara Catanese »

E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
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se l'ape è assente...