Autore Topic: Se questo è un uomo-Primo Levi  (Letto 1462 volte)

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Nikita

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Se questo è un uomo-Primo Levi
« il: Sabato 4 Aprile 2009, 19:35:12 »
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un Sì o per un No.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.


Avrei molto da dire riguardo il libro da cui è tratta questa composizione, ma qui si parla di poesia e a ciò mi voglio limitare.
Innanzitutto, vorrei sapere cosa ne pensate. Per un qualche motivo, che io identifico con la solidarietà umana o memoria comune, leggere queste parole mi ha sempre turbata. Sono dure, dirette, impietose. Non lasciano spazio alla speranza, né al perdono: e così, a parer mio, è giusto che sia.

Detto questo, girovagando per la rete ho trovato un articolo interessantissimo che paragona “Se questo è un uomo” all’inferno dantesco. Non sarà il massimo dell’allegria, ma è parte della nostra storia ed è bene ricordare (e -perché no?- ragionarci sopra). Ve ne propongo una sintesi.


Il viaggio verso Auschwitz fu un viaggio verso l’Inferno.
Sui cancelli dell’Inferno Dante lesse il celebre monito: sul cancello di Auschwitz i prigionieri lessero “ARBEIT MACHT FREI”, ossia “IL LAVORO RENDE LIBERI”. Bella presa per il fondoschiena.
L’autocarro che trasportò i prigionieri pare la barca infernale, pronta a traghettare sempre nuove anime dannate al di là dell’Acheronte.
Il soldato tedesco che li sorvegliò durante il tragitto aveva i tratti di Caronte.
Il Lager, come l’Inferno, fu la casa dei morti: i condannati erano destinati a morte certa e in loro era assassinata ogni traccia di umanità.


(continua...)

Nikita

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Re: Se questo è un uomo-Primo Levi
« Risposta #1 il: Sabato 4 Aprile 2009, 19:36:19 »
(...segue)

L’umiliante nudità cui erano sottoposti, così come il timore di fronte alle grida dei loro aguzzini, assimila i prigionieri ai dannati. Come scrisse dante:

“Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude
Cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che ‘nteser le parole crude.”

Le stesse pene che dovettero sopportare, ricordano quelle della dannata gente. Scrisse Primo Levi:
“spingo vagoni, lavoro di pala, mi fiacco alla pioggia, tremo al vento…”. Queste parole non vi ricordano nulla?
Nei Lager, come nell’Inferno, v’era la confusione babelica delle lingue. Il pane, pensiero fisso, era ripetuto in italiano, tedesco, yiddish, russo, francese, ebraico, ungherese: pane, brot, broit, chleb, pain, lecchem, kenyér .
Primo Levi, durante la prigionia, prova a recitare il canto di Ulisse: cercare di ricordare la Divina Commedia significa sforzarsi di conservare la propria umanità (“fatti non foste a viver come bruti…”, no?). Beh, nei campi di concentramento si viveva come bruti, la semenza umana era calpestata, la virtù e la conoscenza erano l’ultima delle preoccupazioni.
Anche il castigo di Ulisse naufrago (a opera di Dio, che Odisseo aveva sfidato), ricorda il destino dei prigionieri per essersi opposti al nazismo in Europa e, in particolare, il fato degli ebrei: fra le ragioni dell’antisemitismo tedesco c’erano, infatti, l’odio e il timore per l’acutezza intellettuale degli ebrei, un’intelligenza che li avvicina a Ulisse. Il "folle volo" di Ulisse, infine, ricorda anche un altro folle volo, cioè il tentativo di sollevarsi per un momento al di sopra della condizione disumana del Lager con lo sforzo di ricordare la Divina Commedia.


Mi è sembrato un valido argomento di discussione, per questo ho deciso di creare questo topic.
Chi ha qualcosa da dire?



Nicole

Offline Stefano Toschi

Re: Se questo è un uomo-Primo Levi
« Risposta #2 il: Giovedì 16 Aprile 2009, 18:52:13 »
Un racconto delle esperienze vissute nel lager, quale è il romanzo di Primo Levi, può ben essere assimilato ad un viaggio nell’inferno e non è escluso che in effetti l’autore abbia fatto riferimento nella sua narrazione a modelli letterari tratti dall’Inferno dantesco.
Leggendo la poesia, però, il primo riferimento che mi viene in mente è quello biblico, specialmente nella seconda parte.
Il brano seguente:

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.


Riecheggia evidentemente questo, tratto dal Deuteronomio:

Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.

Il quale fa parte dello “Shemà”, la preghiera quotidiana degli ebrei.
Anche le maledizioni finali

O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.


hanno un sapore biblico: sono quelle minacciate contro i trasgressori dell’Alleanza.
Ancora nello “Shemà” si legge:

Allora si accenderebbe contro di voi l'ira del Signore ed egli chiuderebbe i cieli e non vi sarebbe più pioggia e la terra non darebbe più i prodotti e voi perireste ben presto, scomparendo dalla fertile terra che il Signore sta per darvi.

Oppure più avanti, sempre nel Deuteronomio:

Maledette saranno la tua cesta e la tua madia. Maledetto sarà il frutto del tuo seno e il frutto del tuo suolo; maledetti i parti delle tue vacche e i nati delle tue pecore. Maledetto sarai quando entri e maledetto quando esci.

Questo rifarsi alla Bibbia, alla preghiera ebraica, sembra quasi suggerire la domanda circa come sia stato possibile tanto male se un Dio esiste; ed alla memoria continua di Dio e della sua Legge richiesta nella preghiera si sostituisce la necessità di ricordare l’orrore della Shoà.
Quasi come se la memoria di questi fatti fosse da ora in poi il passaggio necessario attraverso cui giungere ad una risposta alla domanda di senso nei confronti dell’esistenza e quindi anche alla possibilità dell’esistenza di Dio.
La necessità del ricordo è certamente la cifra principale di questi versi: non dimenticare per non ripetere, ma anche non dimenticare per trovare un senso, un senso che forse l’autore stesso, alla fine, non è riuscito a trovare.

continua...
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: Se questo è un uomo-Primo Levi
« Risposta #3 il: Giovedì 16 Aprile 2009, 18:54:12 »
La prima parte della poesia contrappone i primi quattro versi, nei quali si delinea la confortevole situazione del lettore, attraverso il verso chiave e di passaggio: “Considerate se questo è un uomo” (duplicato successivamente dall’analogo “Considerate se questa è una donna”), ai versi che seguono nei quali si descrivono crudamente le privazioni, le sofferenze, il degrado vissuti nel lager.
L’insistenza sulle anafore “che” e “senza” determina un ritmo angosciante ed alienante.

Dire che è una bellissima poesia è scontato e forse è poco, è una poesia che scuote e mette a disagio.
Dalla quale sembra rivoltarsi contro il lettore la violenza subita dall’autore, la sua incapacità non dico di perdonare, che probabilmente sarebbe troppo, ma persino di rielaborare psicologicamente il ricordo della tragedia.
Dalla quale, allo stesso tempo, si alza un grido di aiuto, una richiesta di solidarietà, di umanità: di quell’umanità che era stata così violentemente negata.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Gianpiero De Tomi

Re: Se questo è un uomo-Primo Levi
« Risposta #4 il: Domenica 21 Giugno 2009, 15:13:39 »
Si tratta di una poesia molto scomoda.

Talmente scomoda che alcuni scelgono di non ricordare nulla e di non leggere nulla che possa riportare in vita un inferno sulla terra che tutto sommato,non è neppure troppo lontano nella linea del tempo.

Collocare l'autore nel suo periodo storico è la prima cosa che mi hanno insegnato a scuola,perchè è una delle poche maniere per comprendere,seppur parzialmente una poesia cosi tragica e dolorosa.

Chi ha camminato all'interno di un campo di concentramento,non puo' non provare,seppur dopo piu' di 69 anni un senso di oppressione e disgusto,quasi fossero ancora presenti le urla di coloro che vi sono finiti.

"si muore per un sì oppure per un no " dice Primo Levi,ed è quello che succedeva.Inutile dilungarsi,letteratura ed informazioni ne sono arrivate tante sino a noi ,per permetterci di capire cosa significava realmente quel si e no.

La descrizione è concisa,ma cosi reale che non ha bisogno di altro,come pure lo è il monito, alla fine:
 
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi

Chi parla è un uomo che ha provato un orrore impensabile per la maggior parte delle persone ed il suo monito arriva potente e semplice: " non dimenticate " .

Un uomo sopravvissuto all'inferno.