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L’umiliante nudità cui erano sottoposti, così come il timore di fronte alle grida dei loro aguzzini, assimila i prigionieri ai dannati. Come scrisse dante:
“Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude
Cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che ‘nteser le parole crude.”
Le stesse pene che dovettero sopportare, ricordano quelle della dannata gente. Scrisse Primo Levi:
“spingo vagoni, lavoro di pala, mi fiacco alla pioggia, tremo al vento…”. Queste parole non vi ricordano nulla?
Nei Lager, come nell’Inferno, v’era la confusione babelica delle lingue. Il pane, pensiero fisso, era ripetuto in italiano, tedesco, yiddish, russo, francese, ebraico, ungherese: pane, brot, broit, chleb, pain, lecchem, kenyér .
Primo Levi, durante la prigionia, prova a recitare il canto di Ulisse: cercare di ricordare la Divina Commedia significa sforzarsi di conservare la propria umanità (“fatti non foste a viver come bruti…”, no?). Beh, nei campi di concentramento si viveva come bruti, la semenza umana era calpestata, la virtù e la conoscenza erano l’ultima delle preoccupazioni.
Anche il castigo di Ulisse naufrago (a opera di Dio, che Odisseo aveva sfidato), ricorda il destino dei prigionieri per essersi opposti al nazismo in Europa e, in particolare, il fato degli ebrei: fra le ragioni dell’antisemitismo tedesco c’erano, infatti, l’odio e il timore per l’acutezza intellettuale degli ebrei, un’intelligenza che li avvicina a Ulisse. Il "folle volo" di Ulisse, infine, ricorda anche un altro folle volo, cioè il tentativo di sollevarsi per un momento al di sopra della condizione disumana del Lager con lo sforzo di ricordare la Divina Commedia.
Mi è sembrato un valido argomento di discussione, per questo ho deciso di creare questo topic.
Chi ha qualcosa da dire?
Nicole