Ho letto i versi di Francesco e la polemica che ne è seguita…
Ma… per prima cosa, devo ringraziare tutti della stima nei miei confronti!
Francesco si accinge ad un’impresa d’altri tempi, ad una fatica poetica immane al termine della quale, se davvero giungerà al termine, non potrà che contemplare il suo lavoro con grande soddisfazione personale.
Certo… tra qualche anno, riprendendola in mano, sorriderà di sé stesso: dello spirito che la ispirò, della caparbietà con cui vi si dedicò; ma, forse, riconoscerà anche quanto gli fu utile questo lavoro, per l’abilità tecnica che vi acquisì, per l’esercizio allo studio e alla costanza.
Riguardo a questi versi, Francesco, non posso che ripeterti quanto ti ho già detto a proposito di altre tue poesie dello stesso stile; anzi, la cosa è esaltata dal tema classico, addirittura tradizionale, e quindi di difficile personalizzazione.
Il senso di trovarsi davanti ad un esercizio di imitazione, artisticamente piuttosto sterile è forte.
Il tono oratorio, il lessico arcaicizzante, la sintassi inconsueta, per non dire dell’argomento trattato, appesantiscono la lettura e la rendono difficile per il lettore medio.
Il tuo desiderio di fondare la tua poesia sui classici, anche in polemica con la prassi contemporanea, è senz’altro interessante, tuttavia non può risolversi in una semplice imitazione del passato.
Il tuo cammino è all’inizio e devi ancora trovare la tua strada personale: un’interpretazione originale dell’”istanza classicista”.
Secondo me questo può essere un buon esercizio.
Un buon consiglio mi sembra quello che ti ha dato Assenzio: potresti mirare alla parodia, questo potrebbe rendere il testo più attuale e divertente.
Per rendere l’idea, anche se si tratta di una cosa decisamente diversa (anche nello stile), potresti dare un’occhiata al “Novello Inferno” di Benito Ciarlo.
Qui:
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