Successivamente Freud ha introdotto un’altra triade: Io, Es e Super-io. Se l’Io e l’Es si possono approssimativamente (anche se non completamente) identificare con Coscio e Inconscio, il Super-io è una specie di coscienza morale, l’introiezione delle regole, dei doveri e dei divieti che l’educazione familiare e sociale ci hanno imposto.
Poi c’è Jung che ha aggiunto all’Inconscio individuale quello collettivo, il contenuto più importante del quale sarebbe costituito dagli archetipi: delle immagini (o forme) originarie che informerebbero di sé tutta la nostra esperienza, anche le concezioni religiose o filosofiche, e persino le teorie scientifiche.
Ma tornando a noi… Se la poesia ha un rapporto con l’Inconscio, penso che la si possa assimilare al sogno. Le immagini dei sogni rivelano i contenuti dell’Inconscio, ma, generalmente, non in maniera immediata. Esse sono il risultato di un conflitto tra le pulsioni inconsce e le resistenze che ne avevano determinato la rimozione dalla coscienza, sono il risultato di una censura onirica.
Anche la poesia coglie, intuisce la realtà interiore o esteriore per immagini ed in immagini la esprime, il poeta è un sognatore più che un pensatore, ma le immagini dei suoi sogni non sono più lontane dalla realtà o più incapaci di esprimere la verità di quanto lo siano i concetti del pensatore. Soltanto parla un altro linguaggio.
Quello che io contesto all’idea di poesia che mi sembra di aver colto nei discorsi e nei versi di Pietro è che tolta la forma, abbandonatisi ad una spontaneità informe, il contenuto che rimane sia la diretta rivelazione dell’Inconscio. L’Inconscio, invece, si rivela solo nell’immagine e nella sua forma, chè non si dà immagine senza forma, si rivela nascondendovisi. Togliendo la forma si ottiene soltanto un’altra forma oppure rimane il silenzio.