Quella frase indica lo spirito col quale la Divina Commedia è stata scritta. La realtà deriva dalle possibilità che essa ha di realizzarsi, e queste molteplici e indefinite possibilità sono contenute nel Principio, centrale e unico, dal quale zampilla la vita. Scopo finale dell'esistenza è il ritorno alla propria origine, attraverso le cicliche modalità a spirale, sulle quali l'universo si regge. Così come gli innumerevoli numeri sono la replicazione di una stessa unità, la quale si moltiplica in forme diverse tra loro, tutti gli elementi che danno forma alla vita e all'esserci sono costituiti dal differenziarsi di quella stessa centralità, che si divide e moltiplica sempre per vie diverse, per donarsi e maturare le potenzialità di questo suo replicare nel relazionarsi delle sue parti che si allontanano, con l'atto del vivere, dal Centro assoluto che è la loro fonte. In questo dividersi dell'unità principiale, si creano le coppie di opposti che ricercano la loro unità primigenia e archetipica, allo stesso scopo che ha il Centro, che è quello di donare possibilità di maturazione della propria, connaturata, possibilità di perfezione. Ciò che ho appena detto non appartiene a una mia idea dell'esistenza, ma rappresenta la conoscenza metafisica e tradizionale che è centrale a tutte le religioni e ne costituisce il vero senso, profondo ed elevato allo stesso tempo, perché è una conoscenza che supera il tempo e non appartiene all'inventiva umana. Dante era un iniziato ai misteri sovra-individuali, e conosceva perfettamente i principi universali ai quali la manifestazione della realtà relativa è sottomessa, secondo il principio primo della Libertà assoluta e priva di costrizioni.