Perdonami Stefano, ma mi pare di cogliere una leggera contraddizione in ciò che affermi nei due post.
Se affermi nel primo che “La poesia nasce dal potere magico, evocativo, persino creatore che avevano in origine il canto e la parola, e la poesia è tale nella misura in cui mantiene in qualche maniera questa caratteristica.” … “ma se non c’è questa caratteristica degrada in prosa”.
Sì, dal mio punto di vista, che un altro potrebbe anche non condividere, è così: questa è la mia idea di poesia.
Nel secondo invece mi pare di cogliere una definizione molto più generica: “Così un testo presentato con una suddivisione in versi (voglio essere conservatore) in un sito di poesia deve essere valutato come poesia, perché tale l’autore lo ha sentito e voluto”.
Non credo ci sia contraddizione: “deve essere valutato come poesia”, non “ è poesia”.
Cioè, io prendendo in considerazione quel testo lo giudicherò, lo valuterò (nell’ipotesi sia chiamato a farlo, ma leggendolo non potrei non farlo) come poesia, secondo la mia concezione di poesia, quella che ho spiegato sopra.
Perché come tale l’autore lo ha proposto alla mia attenzione.
Il mio criterio di valutazione sarà diverso da quello con il quale valuterei un testo in prosa.
Alla fine potrò anche dire che quella poesia non mi piace, magari proprio perché non ha le caratteristiche che io mi aspetto da una poesia. Magari secondo il mio modo di intendere la poesia non la considererò nemmeno vera poesia.
Viceversa un testo che mi è proposto in forma di prosa, non in versi, potrà apparirmi altamente poetico. Ma resta pur sempre un testo in prosa.
Insomma, da un punto di vista pratico, credo che nella selezione delle poesie da pubblicare sul sito non sia un buon criterio far riferimento alla forma più o meno vicina alla prosa (fatto salvo il caso in cui un testo non sia esplicitamente in prosa), ma alla qualità più o meno buona della poesia; valutazione, questa, che resta in buona parte soggettiva.
Non so se sono riuscito a spiegarmi… O mi sono intrecciato ancora di più?