Dicevo che questi vizi sono una potenzialità per l'essere umano perché schiudono orizzonti ai quali non può accedere chi prosegue per la retta via. Partendo dal fatto che ogni persona è libera di rifiutare tali vizi, sta di fatto che usufruiamo dell'arte che grandissimamente è sgorgata da essi.
Allora tale arte è da condannare?
Allora tali vizi sono da condannare, sapendo che gran parte di tale inestimabile patrimonio storico, culturale, artistico potrebbe ora non esistere?
La massima espressione dell'arte, ottenuta con ciò che noi chiamiamo vizio, si ha quando si imbocca la strada della perdizione, sapendo che la meta sarà la morte. Non lo dico io, ma parlano le opere d'arte di qualsiasi genere concepite in prospettiva di una morte autoprovocata, di quella meta oscura che è poi il fine di ogni ricerca fondata nel vizio.
Prendiamo l'omicidio, quale potere scatena in un essere umano la consapevolezza di poter decidere sulla vita o sulla morte?
Dalle folle sbavanti delle arene romane in avanti, il potere del sangue è stato irresistibile, anche sull'arte. Uccidere, come fine ultimo della potenza umana, il sostituirsi ad un Dio nel poter togliere una vita. Quale stimolo più grande dell'assassinare?
Il "vizio diventa perdizione" quando si cerca il limite di sé stessi, l'ultimo gradino prima della morta, quel desiderio di onnipotenza nel cercare la morte per poterla sconfiggere, sapendo che è una battaglia persa. Il vero "vizio" deve necessariamente portare alla perdizione, ad una morte che può essere la propria o altrui, ma sempre morte deve essere.
Per ora mi fermi qui, son cotto come una verza, continuo domani. Buonanotte.