Nel web ho trovato questa filastrocca, autore sconosciuto almeno per me, che ben dimostra che in poesia è possibile dire tutto senza usare...tutto
con un pò di fantasia e simpatia
"Tu che una volta eri mio amico,
sta un po' a sentire ciò che ti dico.
Faccia di pecora con gli occhi storti,
fa vomitare la puzza che porti.
Faccia di straccio da spolverare
quello che sei non si può immaginare.
Succhiapantofole, masticavetri,
stammi lontano sessanta metri.
Girati i pollici, sciacquati i denti,
poi la ridico così la risenti.
Stupida cozza, quanto sei brutto,
senti la puzza che c'è dappertutto.
Puzza di puzza che lascia la scia,
topi di fogna che scappano via.
Mela col verme, verme col moccio,
brutto budino bambino bamboccio.
Faccia di fungo morto di sonno,
ciuffo di peli di naso di nonno.
Testa di pietra cotta dal sole,
pochi pensieri e anche meno parole.
Palla di pelle di polli un po' vecchi,
pigna con gli occhi, il naso e gli orecchi.
Sguardo da buco del lavandino,
guardati questo, però da vicino.
Gigio Sandrone, grosso melone,
la tua maestra ci aveva ragione.
Palla pelata con pochi pensieri,
faccia di pezzo di pane di ieri.
Povero uccello, stupido arnese,
poco cervello di maionese.
Strazio del mondo, sonno profondo,
grosso ciccione più largo che tondo.
Quello che dico è vero sputato
se non ci credi guardati specchiato."