I problemi che poni sono più d’uno: il rapporto tra satira e religione, il perché certe notizie fanno “più notizia” di altre, le ragioni per le quali alcuni sono spinti a cercare in tradizioni esotiche un riscontro alla propria sensibilità spirituale, mentre, cercando, potrebbero trovarla anche nella tradizione cristiana.
Limitando la mia riflessione alla prima questione, quella posta dal titolo del topic, credo che la satira debba essere graffiante, irriverente, in una certa misura irrispettosa, altrimenti non sarebbe satira.
L’unico limite che la satira può concepire è quello del buon gusto, certo si tratta di un limite indefinito, che ognuno può porre a livelli diversi a seconda della propria sensibilità sull’oggetto della satira stessa.
Vale appena la pena di notare che la sensibilità che abbiamo, mediamente, in occidente nei confronti della religione e quindi della satira di tema religioso è in generale abissalmente lontana da quella che si ha nel resto del mondo. Questo diverso atteggiamento è certamente figlio dell’ “età dei lumi”, la quale è figlia, per quanto ciò possa apparire strano, della tradizione cristiana.
Personalmente non apprezzo i recenti cedimenti all’oscurantismo religioso di importazione che si sono manifestati in Italia ed in Europa, non solo nel campo della satira, ma più in generale della cultura.
Venendo alla poesia in questione (che suppongo sia “il caffè divino” di Nicola Melis) personalmente, pur essendo credente, non l’ho trovata offensiva nei confronti dei Sacramenti o del Ministero Ordinato, diciamo che per me resta entro il limite del buon gusto.
Se posso chiudere con una battuta, comunque, tra un buon Vinsanto toscano e una tazzina di caffè è una bella lotta!