Autore Topic: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.  (Letto 12032 volte)

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Offline Stefano Toschi

L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« il: Mercoledì 25 Giugno 2008, 14:09:51 »
(Ovvero dedicato a Francesco Pozzato, assolutamente con simpatia). ;)

Negli ultimi giorni si è discusso molto in questo forum a proposito dell’uso della metrica e del suo presunto abbandono nella poesia di oggi.
In questo topic voglio mostrare come, sebbene la poesia contemporanea si caratterizzi per l’ampio utilizzo del verso libero, la metrica non sia stata affatto abbandonata.
Ho avuto anche modo di dire che l’utilizzo della metrica non comporta affatto il regresso a una qualche forma di arcaismo o ad una mera imitazione del passato, ritrova invece vitalità e ragion d’essere quando viene interpretata in chiave moderna.
Moltissima poesia recente è scritta in metrica, ma qui voglio soffermarmi sull’uso di una forma chiusa tradizionalissima nella poesia italiana (e non solo): il sonetto.
Proporrò allora alcuni sonetti di poeti contemporanei, operanti tra gli anni ’50 e oggi.
Gli autori che ho scelto sono: Caproni, Zanzotto, Raboni, Valduga e Frasca.

Iniziamo con Giorgio Caproni (1912-1990) che nella parte centrale della sua produzione poetica fa largo uso dell’endecasillabo e del sonetto, prima di passare, in una fase successiva, a versi più essenziali e sintetici.
Il sonetto di seguito presentato, nell’originale, è costituito da un’unica strofa; la suddivisione nelle quattro strofe tradizionali l’ho introdotta io per rendere più agevole l’individuazione della struttura metrica che qui ci interessa.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #1 il: Mercoledì 25 Giugno 2008, 14:10:49 »
Da “Il passaggio di Enea”, 1956.

Alba

Amore mio, nei vapori d’un bar
all’alba, amore mio che inverno
lungo e che brivido attenderti! Qua
dove il marmo nel sangue è gelo, e sa

di rifresco anche l’occhio, ora nell’ermo
rumore oltre la brina io quale tram
odo, che apre e richiude in eterno
le deserte sue porte?… Amore, io ho fermo

il polso: e se il bicchiere entro il fragore
sottile ha un tremitìo tra i denti, è forse
di tali ruote un’eco. Ma tu, amore,

non dirmi, ora che in vece tua già il sole
sgorga, non dirmi che da quelle porte
qui, col tuo passo, già attendo la morte.


Con uno spregiudicato uso di sinalefe e dialefe i versi sono tutti riconducibili all’endecasillabo, le rime sono spesso sostituite da assonanze così abbiamo il seguente schema ABAA BABB CDC CDD dove C e D sono  a loro volta assonanti (c’è una iunctura fonica anche con B, una sorta di assonanza inversa) ma la parte consonate è rispettivamente di una e due lettere.
L’uso spinto dell’enjambement rompe notevolmente la corrispondenza tra verso e sviluppo sintattico della frase così che le assonanze e le rime sembrano quasi scomparire e servono solo a dare un certo ritmo interno al testo.
Il linguaggio, assolutamente moderno e popolare, con solo qualche reminiscenza aulica, è in perfetta sintonia con la situazione descritta: l’attesa della donna amata, una mattina prima dell’alba, appoggiato a freddo marmo di un bar di città, dove l’aprirsi ed il chiudersi della porte di un tram sembra scandire il trascorrere del tempo, e l’attesa dell’amata, che sembra non arrivare mai, finisce col trasfigurarsi in quella ineludibile della morte.

Domani leggeremo un sonetto di Andrea Zanzotto.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Zima

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #2 il: Mercoledì 25 Giugno 2008, 15:16:46 »
splendida poesia.
contemporanea, attualissima, romantica ma non smielata.

una domanda che spesso mi faccio è sull'uso dell'enjambement...
c'è chi ne fa spesso un uso smodato, dividendo cioè i versi senza alcuna logica e anche senza che la poesia sia in metrica.

spesso, utilizzare questo strumento porta ad una lettura poco fluida del testo, in cui, cioè, verso e "significato" (se così possiamo chiamarlo) non vanno di pari passo.

spesso si utilizza per seguire una metrica, e in questo caso trovo abbia un senso.

ma la domanda è:
a cosa serve questa figura retorica? come utilizzarla in maniera tale che non risulti un'insensata stramba suddivisione?  :o
"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.

Offline Stefano Toschi

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #3 il: Mercoledì 25 Giugno 2008, 17:44:04 »
Credo che l’enjambement nasca nell’ambito della scrittura metrica e proprio in questo ambito abbia una sua particolare ragione d’essere, sia perché libera l’autore da limiti troppo ristretti, sia perché gli dà la possibilità di interpretare le tante potenzialità del metro in modo più originale e personale.
Motivazioni simili possono sussistere anche nel verso libero quando in esso si mantenga una qualche ricerca di un ritmo accentuativo.
Quando, invece, la suddivisione in versi è dettata unicamente da motivi interni al significato del testo, l’enjambement può servire a comunicare al lettore il modo particolare in cui l’autore sente il testo o certi passaggi di questo, ha perciò una motivazione eminentemente soggettiva, se però risulta immotivato e di intralcio alla lettura evidentemente non ha raggiunto lo scopo.
 ::)
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Marina Como

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #4 il: Mercoledì 25 Giugno 2008, 22:18:43 »
...
Quando, invece, la suddivisione in versi è dettata unicamente da motivi interni al significato del testo, l’enjambement può servire a comunicare al lettore il modo particolare in cui l’autore sente il testo o certi passaggi di questo, ha perciò una motivazione eminentemente soggettiva, se però risulta immotivato e di intralcio alla lettura evidentemente non ha raggiunto lo scopo.
 
In versi liberi, scrissi questa mia breve dal titolo sofferenza.

Lenisce il pensier mio
il tuo dolore?

Nel punto il
mio strazio.

mi sono servita dell'enjambement per sottolineare i collegamenti incrociati tra i versi che finiscono ed iniziano con la stessa parola.
"Mio" infatti richiama lo strazio, ovvero: è il pensiero che strazia me; mentre "il" richiama il rigo dove c'è l'unico punto della poesia (escludendo il punto finale), ovvero il punto interrogativo, il non sapere se possa esserti di utilità il dolore condiviso.
Anche quindi in moderno, ritmo sciolto, l'uso dell'enjambement può risultare utile!
 
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Offline Stefano Toschi

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #5 il: Giovedì 26 Giugno 2008, 12:45:04 »
Nella tua poesia l’enjambement (fortissimo visto che divide  l’articolo da aggettivo e sostantivo) è stato attentamente studiato, ha una ragione d’essere sia da un punto di vista visuale (c’è una sorta di simmetria tra “?” e “il”), sia dal punto di vista della struttura con quel richiamo tra i due “mio” che con la “simmetria” precedente forma quasi un chiasmo, sia da un punto di vista del significato: mette in evidenza l’aggettivo “mio” insieme con i sostantivi a cui si riferisce.
Il secondo distico, poi, è un metatesto, una interpretazione del primo e in qualche modo di tutta la poesia e rivela come sua chiave il punto interrogativo: polo semantico (polo semantico… questa mi è proprio piaciuta ;D) di tutto il componimento.
Certo, il rischio è che ad una lettura distratta tutto ciò sfugga.
 ::)
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #6 il: Giovedì 26 Giugno 2008, 12:51:13 »
Rileggendo la poesia di Caproni devo dire che forse la si potrebbe leggere anche come un “sonetto shakespeariano” composto da tre quartine ed un distico finale a rima baciata.

Ma veniamo ad Andrea Zanzotto (1921) uno dei poeti più interessanti del secondo novecento per la sua ricerca linguistica, che lo rende anche uno dei più difficili da leggere.
Nella convinzione che il linguaggio oltre a definire l’Io ed il suo rapporto col mondo ne costituisca anche un condizionamento, la sua indagine è volta alla ricerca di una lingua più autentica ed approda al plurilinguismo, al linguaggio infantile articolato in semplici fonemi e parole inventate, all’accostamento di parole in base alla vicinanza del suono, allo scaturire del senso da questi accostamenti casuali.
In una fase successiva il discorso poetico si fa più articolato e discorsivo fino al recupero di una forma metrica come il sonetto, svolta, comunque, sempre alla luce delle acquisizioni linguistiche precedenti.
Nella raccolta “Il Galateo in Bosco” (1978) una sezione intitolata “Ipersonetto” si compone di quattordici sonetti (come il numero di versi di un sonetto) più uno di premessa e uno di chiusura.
Quello che segue è il decimo.

X
                               (Sonetto di furtività e traversie)

Ieri, di maggio freddissimo vento
ondando di erbe in erbe, immoto io vidi,
scolorando erbe de le fronde i fidi
aspetti sconvolgendo il mutamento;

e pur era di luci acri lo stento
fin del folto nei più riposti nidi,
intime angustie strisci sfasci stridi
orgasmi in cieca fuga in cieco avvento -

e imprendibilità, come di plurime
serpi sospinte a traversie, di tossiche
invenzioni onde al niente si va appresso:

così quanto imprendibile a me stesso
a tutto, a tutti, com’è il tutto, io fossi,
furtività per dossi orme echi oscuri.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #7 il: Giovedì 26 Giugno 2008, 12:54:04 »
Lo schema rimico è ABBA ABBA CDE EDC, le rime C e D sono ipermetre, cioè tra parole sdrucciole e parole piane: plùrime-oscùri, tòssiche- fòssi. I versi sono endecasillabi (due sdruccioli), innumerevoli gli accostamenti basati sul suono.
Il significato del testo non è immediato, ma credo si rifaccia all’idea della realtà come fugace proiezione psichica di un Io a sua volta effimero.
Un tema caro all’autore, come in quest’altra sua poesia tratta da “Vocativo” (1957) che, secondo me, può essere un valido commento al sonetto precedente.

Esistere psichicamente

Da questa artificiosa terra-carne
esili acuminati sensi
e sussulti e silenzi,
da questa bava di vicende
- soli che urtarono fili di ciglia
ariste appena sfrangiate pei colli -
da questo lungo attimo
inghiottito da nevi, inghiottito dal vento,
da tutto questo che non fu
primavera non luglio non autunno
ma solo egro spiraglio
ma solo psiche,
da tutto questo che non è nulla
ed è tutto ciò ch'io sono:
tale la verità geme a se stessa,
si vuole pomo che gonfia ed infradicia.
Chiarore acido che tessi
i bruciori d'inferno
degli atomi e il conato
torbido d'alghe e vermi,
chiarore-uovo
che nel morente muco fai parole
e amori.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #8 il: Venerdì 27 Giugno 2008, 12:10:43 »
Giovanni Roboni (1932-2004) si contraddistingue per una scrittura molto discorsiva, quasi prosastica. Ad un certo punto del suo percorso ha sentito l’esigenza di recuperare rime e metrica al fine di una maggiore riconoscibilità della scrittura poetica, quasi una necessità affinchè essa possa continuare ad esistere.

Da “Ogni terzo pensiero” (1993)

Niente può rovinarmela la festa
del mattino, quando il sole che dà
fiato alla sua raucedine ridesta
a dolori e crimini la città

che amo e nel cuore la felicità
d’esserle ancora complice. S’arresta
a questo confine la potestà
di numeri e fantasmi, qui la cresta

sbrindellata alza la vita e tace
l’arcangelo del rimorso. E’ la luce
la mia morfina. Su, mi dico, datti

da fare, mostra di che sei capace,
ficca mani e naso dove riluce
come un tesoro l’ovvietà dei fatti.


Si tratta di un sonetto in endecasillabi con schema rimico ABAB BABA CDE CDE.
L’incedere si mantiene discorsivo, riflessivo, vicino alla prosa, anche qui le rime sembrano quasi scomparire nel procedere della lettura, nessuna forzatura, pur nel solido edificio di una forma metrica rigorosa.
La luce segno dell’attività, della vivacità, proprie alla pur banale vita cittadina, è sentita come un antidoto (anzi una droga) contro il vuoto, il rimorso suscitato da quella stessa vita, che la notte porta con sé.
Una riflessione sull’esistenza, sul senso, sulla morte.

Alla prossima...  :)
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #9 il: Sabato 28 Giugno 2008, 21:24:42 »
Patrizia Valduga (1953) scrive esclusivamente in forme metriche chiuse: sonetti, sestine, ottave, quartine, terzine, spesso con la ricerca di soluzioni particolarmente rare. Il lessico si polarizza sugli opposti estremi di un’aulica letterarietà e di una volgarità comica o oscena.
Il sonetto che segue è uno dei suoi più famosi ed ha certo contribuito alla sua fama di poetessa erotica. Personalmente non è tra quelli che preferisco, ma qui è molto utile allo scopo di mostrare come possa essere interpretata con originalità questa forma metrica.

Da “Medicamenta” (1982)

Vieni, entra e coglimi, saggiami provami....
comprimimi discioglimi tormentami....
infiammami programmami rinnovami.
Accellera...rallenta...disorientami.

Cuocimi bollimi addentami...covami.
Poi fondimi e confondimi...spaventami....
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami...ardimi bruciami arroventami.

Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domami, sgominami poi sgomentami....
dissociami divorami....comprovami.

Legami annegami e infine annientami.
Addormentami e ancora entra...riprovami.
Incoronami. Eternami. Inargentami.


Il testo è tutto composto di imperativi erotici accostati per analogia, antitesi, o per vicinanza fonica. Vale la pena di notare alcuni preziosismi come il chiasmo nel verso “nuocimi, perdimi e trovami, giovami” e gli ossimori in “Stringimi e allentami, calami e aumentami”.
Gli endecasillabi sono tutti sdruccioli, lo schema rimico è ABAB ABAB BBA BAB.
Certo il sonetto trae giovamento da una lettura sensuale, come quella che si può ascoltare al seguente link:
http://www.youtube.com/watch?v=vE4c8JwsXYs
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Zima

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #10 il: Sabato 28 Giugno 2008, 21:29:06 »
certe cose solo in tarda serata, please!  :D :D :D :D :D :D

invece mi ha molto colpito il sonetto di Zanotto che hai proposto...è assssolutamente nelle mie corde!!!  8)
incantata dall'accostamento di parole per il loro suono e per quello che riescono a ricreare in termini di significato.

ad esempio nella prima strofa

"Ieri, di maggio freddissimo vento
ondando di erbe in erbe"

dove il verbo fa pensare sia all'andare, sia al movimento ondoso dei prati quando c'è vento...

« Ultima modifica: Sabato 28 Giugno 2008, 21:31:43 da Zima »
"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.

Offline Silvia Po

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #11 il: Domenica 29 Giugno 2008, 17:32:53 »
In poesia non sempre respiro metrico coincide con respiro sintattico, poi l'enjambement, portando a capo la conclusione del verso, ne mette in particolare risalto le parole che così sono isolate dal periodo a cui appartengono. Penso spesso sia dettato anche dalla volontà di tenere una rima. Queste cose si vedono, per fare un esempio,  anche nelle poesie degli illustri poeti qui inserite.
Ritengo inoltre che nella poesia contemporanea il sonetto persista, ma non nella sua chiusa gabbia di versi (4-4-3-3). é interessante, anche nelle poesie dai versi liberi, contare la misura dei versi, fare attenzione agli accenti, a rime nascoste...tutto qullo che non risponde a una regola non per forza è totalmente alieno dall'ordine, anche perchè la poesia, oltre che di immagini, è fatta di ritmo e di effetti fonetici. Il senso è affidato anche all'aspetto formale! :P
Siamo fatti di libri e di amici- Daniel Pennac

Offline Stefano Toschi

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #12 il: Giovedì 3 Luglio 2008, 19:34:22 »
Riemergo dall’ondata di caldo soffocante  :( per postare, come promesso  :), il sonetto di Gabriele Frasca (1957).
Con questo autore siamo nell’ambito della così detta “Terza Ondata”: una neo-neo-avanguardia che come le precedenti si pone intenti di contestazione sociale e culturale. L’uso del sonetto, in questo contesto, tende a mostrare il carattere convenzionale delle forme poetiche tradizionali attraverso un sovraccarico ultra-manieristico di elementi. D’altra parte, l’adozione di forme chiuse, suppongo abbia anche il senso di opporsi ad una abbondante vena di facile poesia romanticheggiante o ermeticheggiante.
Comunque in certi casi l’esercizio stilistico raggiunge effetti di grazia ed autenticità, come quello che segue, tratto da “Rive” (2001).
Da notare le frasi che tendono ad essere brevi, quasi un flusso di pensieri, intervallate dal punto fermo dal quale si riparte con la minuscola, forse a sottolineare la continuità di tale flusso.
Ecco il sonetto:

  ecco. la fermo. adesso me la spengo.
sarà un momento. lento. senza vita.
il tempo di riflettere le dita
d'una mano che tiene. che trattengo.
  è un'ombra sola. e in tanto sole vengo
su quella stessa strada che s'avvita.
fra me che resto. e tu che vai smarrita
nella piena di fiume che contengo.
  da cui al sole ancora un poco emerge
una carezza. un'ombra tua che vive
di me. che ho freddo senza la tua mano.
  in questo corso che non scorge rive.
ma solo la corrente che sommerge
anche quel figlio che stringesti invano.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #13 il: Venerdì 4 Luglio 2008, 12:22:56 »
Con somma immodestia e un pizzico di megalomania :angel:, cedo alla tentazione e chiudo con un mio sonetto:

Come il nulla, al cor, niente è sì caro,
che sempre fu, ed è, e ancor sarà,
nella sua placida immobilità
del vano divenire, ognora, ignaro.

Degli eccessi di gioia o dell’amaro
dolore dei viventi, egli non sa;
perfetto nella sua semplicità,
raggio di luce rarefatto e chiaro.

Io mi ci sciolgo come una candela
consunta al fuoco, lenta, in calda cera,
finchè rimane spenta nella sera,

allor che l’imbrunire, piano, vela
del lume gli occhi, e una cortina nera
risolve in nulla tutto quel che v’era.

(Stefano Toschi, Scrivere.info, 2007)


Il commento, però, lo lascio a voi. Da parte mia voglio solo accompagnarlo con una citazione da Schopenhauer:
“Allora, in luogo dell’incessante, agitato impulso; in luogo del perenne passar dal desiderio al timore e dalla gioia al dolore; in luogo della speranza mai appagata e mai spenta, ond’è formato il sogno di vita d’ogni uomo ancor volente: ci appare quella pace che sta più in alto di tutta la ragione, quell’assoluta quiete dell’animo pari alla calma del mare, quel profondo riposo...”
“Quel che rimane dopo la soppressione completa della volontà è invero, per tutti coloro che della volontà ancora son pieni, il nulla. Ma viceversa per gli altri, in cui la volontà si è rivolta da se stessa e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, è – il nulla.”

(da A. Schopenhauer, "Il mondo come volontà e rappresentazione")
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Zima

Re: L'uso del sonetto nella poesia contemporanea.
« Risposta #14 il: Venerdì 4 Luglio 2008, 21:17:53 »
mio caro megalomane, il tuo sonetto mi ha commosso... quasi quanto è capace di fare Schopenhauer, e non so se mi spiego!!!

il nulla è un po' l'essenza del nostro vivere, è quello per cui combattiamo, ed è quello al quale siamo necessariamente destinati.
a volte è così dolce abbandonarcisi, così caldo e protettivo, così bello pensare che nel nulla è contenuto il tutto.


mi ci abbandono a volte nella sera
che sempre arriva placida e sognante
a ricoprir di nero in un istante
tutto ciò che prima colorato era

è culla che mi dondola la luna
e fa dimenticare ogni paura
e che d'agosto dissipa l'arsura
sfilando delicata dalla cruna.

come proserpina del melograno
a chicchi gusterei il dolce sapore
e d'amor mi insanguinerei la mano

perchè il silenzio lecchi le ferite
condensate dal cuore ad ogni goccia
e sciolte poi nel mare d'altre vite.


(zima, 4 luglio 2008)




"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.