AUTORE:
“Se una cosa imparato ho dal mondo
è questa: schiacciati i migliori son
ingiustamente, come te, o Metrica!”
METRICA:
“Non disperar mio giovane amico!
Sempre ne la memoria de’grandi
poeti avrò nuova linfa vitale,
ché nessun de’moderni sovra Giacomo
e gentili amici suoi a star verrà,
come tu pria vedesti. Notato
certamente hai quel profondo buio:
la discesa della poesia
significa. Ma io, io, ricordati,
sempre nel tuo animo resisterò,
se, come ora, mi sarai fedele.”
AUTORE:
“Chi il virtuoso sentier della Musa
percorre, disgiunto da te non può
star.”
METRICA:
“Sii tu la mia nuova speme.”
AUTORE:
“Impresa ostile mi chiedi, o Metrica!
Ma teco forse all’altezza sarò.”
METRICA:
“Forte il tuo spirto, la mano possente,
ti son le stelle amiche, favorevoli
i grandi del passato che sperano
ne la tua così onesta fatica.”
AUTORE:
“Se meco sono loro, non mi tange
la paura!”
METRICA:
“Questo è il giusto spirto!”
Quivi, una densa nube sì bianca,
venne a star tra di noi e n’apparve
un vecchio e sembrava egli cieco,
ma ciononostante di gran virtù.
Sotto le braccia due monumentali
libri tenea: un del rosso di guerra
fiammeggiava rovente, un vivea
del marin blu e della grande avventura.
In egli vidi ardere il vivo fuoco
della poesia e sì conobbi
l’antico greco patriarca Omero.
OMERO:
“La Metrica non lasciar, figliolo mio.
Ella a grandi cose nella propria
vita conduce: segui il mio esempio.”
AUTORE:
“O sommo Omero, possa tu dall’alto
de’Cieli proteggere la virtù
rara che posseggo, se ella lo è!”
OMERO:
“Io son teco e tu hai gran virtù.
Sii tu a dar alla poesia
classica nuova vita, sii tu
il mio successor!”
AUTORE:
“Certo, lo sarò!”
E detto questo, il saggio sparì,
svanì il sogno, e io mi destai.
Rai dalla finestra, era già mattin.