Ha colpito anche me, questa poesia, ed intendo darne la personale interpretazione. Se dovessi usare un semplice slogan, per sintetizzarne il senso percepito, ricorrerei al seguente: "ciò che poteva essere e non é stato". Leggo rimpianto, una diffusa e fatale impotenza. Quel "fugge", cara Zima, potrebbe essere il tempo o lo stesso "sguardo", esplicitamente dichiarato successivamente, non necessariamente l'evocazione della morte di un corpo, di una entità fisica. La metafora "ossa che si toccano", intende violentare il lettore, condizionandolo in una spirale di non ritorno e, da questo punto di vista, sono dell'opinione che l'autore non intenda la fine del passaggio terreno, dell'irreversibile distacco di una persona cara o semplicemente consciuta, ma l'epilogo di un'occasione perduta, che lo investe direttamente, senza riserve e ambiguità. "La vernice della sera" é l'esordio del "buio" del giudizio, inteso come tempo di bilancio della propria esistenza. "Le altalene che cigolano", é un'immagine che suggella i desideri e i sogni stravolti, ma il passaggio mirabile é un altro: "...tormenta labbra troppo orgogliose". Qui sta la contraddizione dell'uomo: capire l'ipocrisia dei falsi abbracci o degli inutili conforti (di cui si ha inevitabile bisogno, sapendo che si é soli su questa terra), quale concetto espresso nella chiusa, ma difficilmente coniugabile con l'orgoglio di cui sopra. Intendo dire: ipocrisia contro umiltà, serena accettazione contro il rischio di autocommiserarsi, orgoglio, per l'appunto, contro onestà. E' stato bello rientrare in questa sede di commento serio, approfondito, mi é sembrato rivivere il vecchio GC...(quanto mi manca!). Scusate la nota di rimpianto, quanto meno pertinente al tema. Un bacio a Zima e Marina ed i miei complmenti sinceri a Rimmel. Giunga.