Secondo blocco (o "dei naufragi")
Un lontano veliero
su mari agitati,
le gocce salate
da sorrisi forzati.
Quei pensieri affogavano
nel mare d'illusione,
così vivi e maledetti
profumavano di stupore.
La terza quartina, che commista con straordinaria efficacia l'ipocrisia e la solitudine di certi risi (sorrisi forzati) e pianti (gocce salate) con la metafora del mare, nell'icasticità delle sue immagini riesce a fare a meno di un predicato verbale. Ma la nostalgia non è solo rimpianto, dolore sordo: è tumulto interiore, disillusione rabbiosa. Ed ecco che il mare ora impersona l'anima del poeta, che è naufrago ed oceano ad un tempo - quale peggiore annegamento di quello in se stessi? - ; e il dolore è acuito, inasprito dallo stupore, sadico contrappasso, che resta intatto come il sale sulla piaga.
Terzo blocco (o "della rivelazione")
Anche il senso
ha reso saggio il dolore,
quando il tempo
ha smesso di contare.
Sospettare era impossibile
ciò che oggi dico,
soffro della nostalgia
di quell'oscuro nemico.
Qui l'autore scopre le carte negli ultimi due versi: "soffro della nostalgia / di quell'oscuro nemico": un tono palmare, genuino, persino bimbo, nel senso. Una chiarezza che può infastidire chi sia troppo imbevuto di letteratura: ma del resto anche Saba s'incantò alla rima "fiore / amore, / la più antica difficile del mondo". Il poeta vive questa nostalgia con lo stupore piagante di cui sopra, come una rivelazione a se stesso (sospettare era impossibile), prima che al lettore; rivelazione che gli muove la mano (o meglio che "gli ha mosso la mano", dal momento che quanto sto per segnalare avviene alla penultima quartina) ad un tono oracolare, tremendamente affascinante soprattutto in contrarso con il tono "bimbo" che segue. L'immagine del senso che rende saggio il dolore, anzichè l'inverso, e soprattutto il gelo immobile del tempo, sono l'anamnesi completa della malattia nostalgica, capace di ingurgitare il flusso dei secondi abbrutiti e strascicati ad ore, oltrechè il flusso dei pensieri abbarbicati al marcio di un ricordo, alle spine infette di un non meglio identificabile dolore.
Questo, a mio modo di vedere, è il pensiero di Vondur. E secondo voi?