Autore Topic: "Incubo" di Rocrisa  (Letto 1623 volte)

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alfredo

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"Incubo" di Rocrisa
« il: Venerdì 7 Dicembre 2007, 17:05:58 »
le tue braccia mi stringevano
la tua bocca si insinuava in me
ho provato a spingerti via
ho gridato in quell'oscurità
nella vana speranza
che qualcuno sentisse
il mio grido di dolore...
ma ha fatto eco
un rumore sordo
che mi ha tolto il respiro...
i miei occhi spaventati
sembravano fuggire
da tanto orrore...
ti sentivo sopra di me
il tuo profumo violentarmi le nairci
le tue mani sulla mia bocca
a soffocare ogni tentativo di ribellione
e soddisfatto prendevi ciò
che non ti era stato offerto...
e Io...
protetta dall'oscurità
immaginavo di dormire
e speravo che il mio incubo avesse fine...
E quando con il tuo sorriso malefico
ti sei alzato...
é giunta la mia liberazione..
ma la paura mi teneva
inchiodata al suolo
e la pioggia che mi bagnava
sembrava un atto di purificazione
respiravo di nuovo
sono viva mi sono detta
ma era dentro che
qualcosa non esisteva più...
l'ombra del tuo sorriso
mi ha condannata all'infelicità
la tua violenza mi ha strappato la dolcezza
hai cancellato la mia essenza
ciò che hai creato
non ha più una ragione di vita...

alfredo

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Re: "Incubo" di Rocrisa
« Risposta #1 il: Venerdì 7 Dicembre 2007, 17:07:05 »
Rocrisa è una donna giovane che per vari aspetti vive, come tutti noi, esperienze più o meno simili, gode delle cose belle, soffre di quelle brutte, ma Lei possiede, a differenza di altri, la capacità di porsi di fronte alla vita con uno sguardo tutto suo, personale, che penetra dentro, nei fatti e nelle circostanze, nel pensiero degli uomini, nel mistero delle cose che la circondano.
A digiuno di studi classici, si esprime scegliendo, componendo, accostando frasi e parole in una lingua che diviene nuova perché ricostruita gradualmente e rinnovata per non dire quasi progettata della sua fantasia lessicale e che si innalza a livelli di musica, di illuminazione, di perfezione, di mistero.
Con questa lingua appunto Rocrisa, che è Poeta  vero, autentico, esprime sensazioni, giudizi, pensieri in cui ognuno può rispecchiarsi per almeno un momento della sua esistenza e lo esprime in una forma che affascina.
Ecco perché, fra i vari contemporanei può essere considerata una delle più complete, sia per  varietà delle sue esperienze umane, sia per i vari orizzonti toccati dalla sua poesia, sia perchè leggendo i suoi testi possiamo scoprire i momenti principali della vita di ogni umano, dagli aspetti familiari alla scoperta del mondo naturale, alle esperienze  dei rapporti con gli altri, alla conoscenza del mondo raggiunta attraverso una disanima del suo Io che le dice che in un mondo buio e confuso, la vita può ancora essere vissuta ed per questo aspetto che si è scelto il testo “Incubo” per procedere ad una analisi più o meno opportuna.
Per tutto ciò la necessità di girovagare tra la sua consistente produzione poetica dalla quale, estrapolando le varie  tematiche di cui innanzi si è fatto cenno, che sono stato attratto da alcuni testi che  letti, farebbero pensare in effetti a testi alta,mente autobiografici per l’intensità e l’emotività ch’essi trasmettono ad ogni lettura appassionata.
Il testo principe per il quale è oggetto il presente saggio è per l’appunto “Incubo” che narra una vicenda alquanto amara, una vicenda che, reale e quotidiana, si abbatte come mannaia sulla testa acceppata.
Problematica toccante interessante le cronache per gli aspetti disumani con  la quale viene consumata.
La vicenda di un turpe disegno criminoso portato a compimento con la violenza più inaudita , un crimine autentico ed antico che si tramanda di epoca in epoca, di generazione in generazione.

alfredo

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Re: "Incubo" di Rocrisa
« Risposta #2 il: Venerdì 7 Dicembre 2007, 17:08:48 »
Rocrisa ha colto nel segno e nel momento più significativo mettendo in risalto la bestialità e la ferocia del consumo ed il seguito relativo alla persistenza di un trauma d difficile rimozione.
Stupro, suona già male la pronuncia sotto l’aspetto eufonico, infatti “Incubo” lancia i suoi tentacoli immobilizzando la preda inerme che, avviando una timida reazione:
Ho gridato in quell’oscurità
Il mio grido di dolore
, tenta invano di sottrarsi.
L’autrice gradualmente  evoca con lo strazio in animo sconvolto facendo apparire l’orrore vissuto:
I miei occhi spaventati
Sembravano fuggire
E poi ancora:
le tue mani sulla mia bocca
a soffocare
Il tentativo della reazione, di quella forma naturale di ribellione ma la decisione di chiudere gli occhi e aspettare perché la paura era già padrona.
Un testo agghiacciante, vero nel suo copione realizzato con immagini dolenti mentre le mani del barbaro, oramai animale e privo di ragione, erano capaci
di compiere gesti e movimentazioni malefiche sino al termine:
e quando il tuo sorriso malefico
ti sei alzato
La beffa di subire, di quel ritorno, del riecheggiare di quei sorrisi sghignazzanti e di derisione a dimostrazione del soddisfacimento dell’insano.
Ora è sola, nella notte, nell’oscurità dei suoi pensieri e con la paura che rimane bloccata cercando di purificarsi, di lavarsi del marciume con la sana pioggia ma allo stesso modo  pensa di essere stata
Condannata dell’infelicità
Ha cancellato la mia essenza
E ora la ragione di esistere?
Scompare e ben si conoscono gli effetti nel tempo, non auspicabile viverli in modo negativo.
La chiusa del testo, alquanto penosa, dimostra quanto dolore abbia lasciato l’azione così indegna e meschina.
Il soggetto femminile si trincera in una fase prolungata di annebbiamento visivo, tutto ciò che è circondario diventa irreale, spesso è costretto a rivivere gli angosciosi momenti portandosi dietro e nel tempo il marchio dell’infamia ma il giorno in cui si dovesse rendere conto che infamia non è stata, allora quel soggetto potrà rivedere nuovamente il sole e risorgere,
Per dovere di  affinità si citano anche i testi Morso Mortale; Recidi…Recidi;
Prigioniera dei pensieri.


« Ultima modifica: Venerdì 7 Dicembre 2007, 17:11:40 da Alfredo Genovese »

Offline Nicomar

Re: "Incubo" di Rocrisa
« Risposta #3 il: Venerdì 7 Dicembre 2007, 19:13:48 »
Rocrisa oltre ad avere imparato bene “l’arte della critica”, riesce, in maniera direi enfatica, (nel senso migliore del termine) a descrivere in versi momenti di vita quotidiana, costruendo immagini chiare, anche nelle stupende metafore usate, che colgono l’attimo, l’oggetto dell’opera.
Esplora le varie tematiche con una facilità disarmante e nello stesso tempo con una proprietà di scrittura notevole, si riscontra in giro raramente.
Il componimento  in oggetto è un esempio calzante, complimenti ad Alfredo per la scelta della poesia e per il tema, il sociale, a me molto “caro”…

alfredo

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Re: "Incubo" di Rocrisa
« Risposta #4 il: Sabato 8 Dicembre 2007, 19:21:23 »
Leggendo novamente Rocrisa nel suo  ultimo intervento mediante il quale ha lievemente livellato il suo testo, non torno indietro quando affermavo con la certezza di dirlo che questa giovane autrice forse è l'unica ad interpretare in modo egregio e nel personale ciò che non ha nulla a che fare con la propria persona. Il testo in esame, cruento e crudo nella sua logica realtà è come se fosse stato realmente vissuto in prima persona, ecco la grandezza e l'audacia di costei nel farsi leggere così pesantemente tanto da far credere nella sua interpretazione autobiografica. Niente di vero ma tanta vera è questa poesia e le sue parole espresse in rabbiosa volontà di esternare un male che ancora e quotidiano si sviluppa in tutto il pianeta. Lei vive quell'esperienza come fosse stata Lei a subire come vero è l'immaginario espresso. Ogni testo, ogni parola, ogni tematica di Rocrisa merita pertanto essere e con coscienza dibattuto in quanto esprime tutto ciò che una grande poesia deve esprimere. Lode a Te ,quindi, e grazie a te ancora per donarci tanta squisita lettura.

Offline Marina Como

Re: "Incubo" di Rocrisa
« Risposta #5 il: Sabato 8 Dicembre 2007, 21:20:46 »
 :D  grande, Rocrisa, stavo giustappunto scervellandomi, intuendo, cercando... ed il cambio di chiusa me ne ha facilitato l'interpretazione.
Mi piace molto la nuova, in cambio della vecchia: preferisco pensare che non ci lasciamo intaccare dal nulla, che il male non avrà il sopravvento... mentre nella precedente c'era una parte attiva che dava vita a qualcosa, un qualcosa che non meritava di vivere... un qualcosa, appunto che poteva adito a dubbi, supposizioni (per es. :allora abortiamo? per intenderci) mentre il vero coraggio, si ha quando si può mostrare le cicatrici, senza sentirci meno belle.
Anche il linguaggio, riveduto lo vedo sicuramente meno prosaico, eccetto sempre l'ultimo verso delle strofe... e mi piace... mi sembra che sottolinei che stiamo parlando di cronaca, che stiamo raccontando, appunto, fatti reali; che stiamo parlando, raccontando: se ne può e si deve parlare per spezzare quel buio, quell'incubo, quella spaventosa solitudine.
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.