Autore Topic: Per saperne di più  (Letto 4135 volte)

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khay

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Per saperne di più
« il: Venerdì 9 Novembre 2007, 07:23:45 »
L'Epinicio.

Componimento poetico tipico della letteratura greca antica, appartenente all’ambito della lirica corale. Era recitato da cori celebrativi per accogliere i vincitori dei giochi panellenici di ritorno dagli agoni. Vi eccelsero poeti come Pindaro, Bacchilide, Simonide che, nei loro epinici, secondo uno schema divenuto poi canonico, mescolarono all’attualità delle vittorie atletiche vicende mitologiche ed elementi gnomico-moraleggianti.



Diehl

Or te io canterò, figlio di Clinia.
Bella è vittoria, ma ancor più bello
- cosa che non toccò ad altri Elleni -
correr col carro primo, poi secondo
ed anche terzo, ed uscirne invitto
per ben due volte e farsi incoronare
d'olivo e farsi proclamare a voce
da un araldo.

-Euripide-




L'Elegia.

Nella poesia latina è una composizione basata metricamente, sul distico elegiaco, cioè su una strofa di due versi: esametro e pentametro.
Se in Grecia aveva un contenuto civile e guerresco, a Roma assunse il carattere di poesia autobiografica, spesso nostalgica e malinconica.


Dalle “Elegie”

Chi fu colui che per primo
Trovò le orribili spade ?
Che feroce, e che uomo
Veramente di ferro !
Nacquero allora per gli uomini
le stragi, allora le guerre,
e si aperse alla morte crudele via più breve.


-Albio Tibullo (Poeta romano, II sec. A.C.)- 

 

khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #1 il: Venerdì 9 Novembre 2007, 23:10:41 »
L'Epigramma.

E'  una iscrizione poetica encomiastica o dedicatoria o più spesso funeraria. Più comunemente viene inteso come epigramma un componimento poetico di vario carattere che si contraddistingue per la sua brevità e icasticità.
Il genere, che si sviluppa attraverso un arco di tempo di circa 10 secoli, nasce in Grecia come epigrafe tombale (epitafio): in origine non è altro che il messaggio che il defunto lascia ai posteri, spesso al semplice passante.
Assurge a genere letterario quando viene messo per iscritto, organizzato in raccolte per la lettura, privata o pubblica.


Liber I, LXIV

Bella es, novimus, et puella, verum est,
et dives, quis enim potest negare?
Sed cum te nimium, Fabulla, laudas,
nec dives neque bella nec puella es.


A Fabulla che si loda troppo

Sei bella, lo sappiamo, e giovane, ed è vero,
e ricca: negarlo infatti chi potrebbe?
Ma quando troppo, o Fabulla, ti lodi,
né ricca, né giovane, né bella sei.)


-Marco Valerio Marziale-

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Liber III, VIII

-Thaida Quintus amat-. -Quam Thaida?-. -Thaida luscam-.
Unum oculum Thais non habet, ille duos.



Contro Quinto, ciecamente innamorato di Taide

Quinto ama Taide. - Quale Taide? -. Taide la guercia.
Taide è cieca d’un occhio, egli di tutti e due.



-Marco Valerio Marziale-


khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #2 il: Domenica 11 Novembre 2007, 09:03:46 »
Il Limerick.

Il limerick è un breve componimento in poesia, tipico della lingua inglese, dalle ferree regole (nonostante le infinite eccezioni), di contenuto puntualmente nonsense e preferibilmente licenzioso, che ha generalmente il proposito di far ridere o quantomeno sorridere.

Un limerick è sempre composto di 5 versi, di cui i primi due e l'ultimo, rimati tra loro, contengono tre piedi e dunque tre accenti ("stress"), il terzo e il quarto, a loro volta rimati tra loro, ne contengono solo due. Le rime seguono dunque lo schema AABBA.
Nel limerick più comune il primo verso deve sempre contenere il protagonista, un aggettivo per lui qualificante e il luogo geografico dove si svolge l'azione, mentre i restanti versi sintetizzeranno l'aneddoto e nell'ultimo verso (solitamente) viene richiamato il protagonista, magari definendolo meglio.
(Wikipedia)

 
Un capitano di Matera
incontrò una pantera
che era tutta nera,
giocò a carte e prese la luna nera:
che sfortuna per quel capitano di Matera.


khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #3 il: Lunedì 12 Novembre 2007, 12:21:11 »
Il Lai.

Il lai è una forma fissa della poesia del Medioevo.

Si distingue un lai narrativo, antenato del fabliau, e il lai lirico; nel Medioevo, la parola «lai» era usata nel significato di «canto» o di «melodia». Praticato dai trovatori, si diffonde grandemente nel XIV secolo e assume regole precise con Guillaume de Machaut: diviso in due parti di otto versi, ogni ottava è suddivisa anch'essa in due parti che formano un quarto della strofa. Ogni quarto di strofa, a rima baciata, è eterometrico, cioè è costituito da versi di lunghezza differente (di solito sette e quattro sillabe). Il lai cadde in disuso a partire dal XV secolo.
(Wikipedia)


Il Centone.


Dal latino "centone(m)", "panno composto di pezzi di stoffa differenti", poi nel latino tardo "poesia composta con versi di altri poeti". Quindi, per estensione, componimento letterario, in prosa o in versi, realizzato stralciando frammenti da una o più altre opere famose e combinandole insieme. Diffuso anche in età medievale, l'uso dei centoni conosce qualche diffusione nel Rinascimento, soprattutto in poesia (centoni da Virgilio e Dante), ma la centralità dell'imitazione nelle poetiche di questo periodo, l'approccio filologico ai classici, la diffusione di strumenti per la consultazione come indici, tavole, eccetera, lo fa scadere a esercizio scolastico e d'occasione.
(Rai)


Offline Nicomar

Re: Per saperne di più
« Risposta #4 il: Martedì 13 Novembre 2007, 16:57:08 »
Il Lai.


Il Centone.[/color][/b]

Dal latino "centone(m)", "panno composto di pezzi di stoffa differenti", poi nel latino tardo "poesia composta con versi di altri poeti". Quindi, per estensione, componimento letterario, in prosa o in versi, realizzato stralciando frammenti da una o più altre opere famose e combinandole insieme. Diffuso anche in età medievale, l'uso dei centoni conosce qualche diffusione nel Rinascimento, soprattutto in poesia (centoni da Virgilio e Dante), ma la centralità dell'imitazione nelle poetiche di questo periodo, l'approccio filologico ai classici, la diffusione di strumenti per la consultazione come indici, tavole, eccetera, lo fa scadere a esercizio scolastico e d'occasione.
(Rai)


un lavoro straordinario, brava Cristina.
a proposito,
bello il “centone”, potrebbe essere un’idea per qualche interessante esperimento con le poesie del sito.
Potresti provare, chissà?

khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #5 il: Martedì 13 Novembre 2007, 23:45:30 »
un lavoro straordinario, brava Cristina.
a proposito,
bello il “centone”, potrebbe essere un’idea per qualche interessante esperimento con le poesie del sito.
Potresti provare, chissà?


Grazie Nicomar, era una necessità che ho avvertito per me stessa, non conoscendo tutte le forme poetiche... e ho pensato che poteva soddisfare anche la vostra curiosità. Ottima l'idea di comporre un Centone con le poesie del sito, magari si potrebbe provare nel laboratorio, ognuno a modo proprio, estrapolando versi o strofe da varie poesie e riunendoli con senso logico-concettuale e con una struttura armoniosa...  :)

khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #6 il: Mercoledì 14 Novembre 2007, 00:02:31 »
La Filastrocca.


La filastrocca è un tipo di componimento breve con ripetizione di sillabe e parole di estrazione popolare.
Il ritmo della filastrocca è rapido e cadenzato con rime, assonanze e allitterazioni ricorrenti.
Raramente esso raggiunge forme d'arte, anche se alcuni dei suoi procedimenti si possono verificare nella poesia burlesca come quella di Lodovico Leporeo e Olindo Guerrini.
(Wikipedia)

Dopo la pioggia


Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l'arcobaleno:

è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.

È bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.

Però lo si vede - questo è il male -
soltanto dopo il temporale.

Non sarebbe più conveniente
il temporale non farlo per niente?

Un arcobaleno senza tempesta,
questa si che sarebbe una festa.

Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra.

-Gianni Rodari-




khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #7 il: Mercoledì 14 Novembre 2007, 00:06:47 »
L'Ode.

L'ode (dal greco ᾠδή, pronuncia odé, "canto", dal verbo ᾄδω, "cantare"), è un componimento lirico che può essere di contenuto amoroso, civile, patriottico o morale legato a una base musicale e presenta una struttura metrica notevolmente complessa e varia.
Nell'antichità l'ode venne utilizzata dai lirici greci e latini, sia da quelli monodici, come Alceo, Saffo e Anacreonte, che da quelli corali come Bacchilide e Pindaro. Successivamente l'ode, prima fra gli alessandrini e poi fra i latini come Catullo e Orazio, non presenta più caratteristiche musicali pur mantenendo le forme metriche e strofiche della tradizione.
Nella letteratura cristiana  ci sono giunte in una versione siriaca, probabilmente da un originale greco, le Odi di Salomone forse di un autore gnostico che risalgono al II secolo.
Nella letteratura italiana  l'ode non compare nei primi secoli, dove viene preferita la canzone ma solamente nel Cinquecento quando ci fu una particolare attenzione per l'antichità classica.
Nel Cinquecento a fare da modello fu Orazio il cui schema metrico venne imitato per la prima volta da Pietro Bembo negli Asolani in due quartine (ABBA, aBbA). Bernardo Tasso, fratello di Torquato, imitò con frequenza il metro oraziano fuso con il petrarchismo ancora imperante, dando origine a odi con strofe di cinque o sei versi, tutti endecasillabi o settenari secondo lo schema aBb AcC o aBabB.
Nel Seicento si preferì adottare l'ode pindarica che però non ebbe molto successo.
I primi autori di odi pindariche furono nel XVI secolo, Gian Giorgio Trissino, Luigi Alamanni e in seguito Minturno e Chiabrera.
Nel Settecento  l'ode, grazie alla sua struttura più agile, alle strofe più brevi e alla maggiore varietà di versi rispetto alla canzone tradizionale fu accolta oltre che da Parini, anche da Foscolo e da Manzoni.
Intanto era nata già in precedenza la tendenza a riprodurre nelle odi i ritmi della poesia latina e questa tendenza raggiunse il suo massimo nell'Ottocento con le Odi barbare di Giosuè Carducci che tentò di riprodurre, attraverso la metrica barbara le cadenze dei versi latini basati su una metrica quantitativa, quelli della metrica accentuativa italiana.
(Wikipedia)

-segue-
« Ultima modifica: Mercoledì 14 Novembre 2007, 00:19:25 da Cristina Khay »

khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #8 il: Mercoledì 14 Novembre 2007, 00:10:13 »
Ode al giorno felice

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando,dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto,gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto,
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia,il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché si,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te,con la tua bocca,
essere felice.

-Pablo Neruda-

Offline Maurizio Spaccasassi

Re: Per saperne di più
« Risposta #9 il: Giovedì 15 Novembre 2007, 00:07:24 »
Ottimi spunti di lettura,grazie di averli condivisi in tal modo ho colto nuome argomentazioni che non conoscevo.
Complimenti  ;)

khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #10 il: Lunedì 19 Novembre 2007, 12:53:49 »
Il Rondò.

Il rondò (in francese rondeau) è una forma musicale, vocale di origine francese che si affermò nella musica polifonica del XIII secolo attraverso le composizioni di Adam de la Halle e di Jehan de Lescurel. Fra i vari generi fu questo quello prediletto dai compositori di musica profana che nel XV secolo diverrà più importante della ballata.

Il rondò sarà poi ripreso in forma strumentale e verrà utilizzato, in particolare, nel XVIII secolo e nella prima metà del XIX. Il più delle volte, il rondò venne utilizzato quale brano conclusivo di composizioni di varia natura (dalla sonata per strumento solista fino ai brani orchestrali sinfonici). Sono stati, tuttavia, composti anche dei rondò autonomi come ad esempio:

Wolfgang Amadeus Mozart, Rondò in La minore K 511 per pianoforte,
Wolfgang Amadeus Mozart, Rondò in Re maggiore K 485 per pianoforte,
Felix Mendelssohn-Bartholdy, Rondò brillante in Mi bemolle maggiore per pianoforte ed orchestra op. 29.
Dal punto di vista fomale il rondò presenta un episodio che viene mantenuto fisso, o soggetto a lievi modifiche, esposto nella tonalità della tonica. Ad esso si alternano altri episodi presentati in tonalità diverse e di carattere, in genere, differente da quello di base. Schematicamente, il rondò si presenta nella forma: ABACADA......

La forma più semplice di rondò (ABA) viene definita ternaria.

Altre forme di rondò esistenti sono: il rondò a cinque periodi (ABABA) ed il rondò-sonata (ABACABA). Quest'ultima forma viene così definita in quanto presenta i caratteri della forma sonata:

la prima parte (ABA) coincide con l'esposizione la quale, però, si conclude nella tonalità di tonica e non di dominante,
la seconda parte (C) coincide con lo sviluppo,
l'ultima sezione (ABA) coincide con la ripresa.

( Wikipedia)




khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #11 il: Lunedì 19 Novembre 2007, 12:55:15 »
Lo Slam.

La parola slam, nel gergo americano, designa un impatto, una sberla; deriva dall'espressione 'to slam a door', letteralmente 'sbattere una porta'. Questo termine è stato associato ad un genere di poesia orale (sonora e vocale) per il suo potere di catturare lo spettatore e 'schiaffeggiarlo' con le parole, con le immagini, al fine di scuoterlo, di emozionarlo. È un'arte che nasce dalla strada (come il rap ai suoi inizi)e crea un legame tra scrittura e performance, focalizzata sulla parola e realizzata con grande economia di mezzi. È una poesia che mette in arte l'espressione popolare, declamatoria che è praticata nei luoghi pubblici (bar o altri luoghi associativi)sotto forma di testi quasi recitati, a ritmo serrato. Lo slam è considerato da molti come una delle forme più vive e rivoluzionarie della poesia contemporanea, una sorta di movimento a margine dei circuiti artistici tradizionali che, tra le altre cose, stabilisce un nuovo tipo di rapporto tra il poeta e il suo pubblico. Infatti, l'esistenza e il diffondersi dello slam dimostrano come la poesia non sia qualche cosa di vetusto e alieno alla società moderna ma, al contrario, qualcosa di indispensabile e più che mai vivente. Come disse Mark Smith, il 'creatore' dello slam, 'la poesia non è fatta per glorificare il poeta, essa esiste per celebrare la comunità'. I valori fondamentali su cui si basa lo spirito dello slam sono la parola, il pensiero, il dialogo, la polemica e la critica ma al tempo stesso la tolleranza e l'apertura all'altro.

(Wikipedia)



khay

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Re: Per saperne di più
« Risposta #12 il: Lunedì 19 Novembre 2007, 12:56:54 »
Il Sonetto.


Il sonetto è un breve componimento poetico, tipico soprattutto della letteratura italiana.

Nella sua forma tipica, è composto di quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine a rima alternata o incrociata e in due terzine a rima varia.


Molto vario è lo schema ritmico del sonetto, quello originario era composto da rime alterne ABAB.ABAB sia nelle quartine che terzine CDC.DCD, oppure con tre rime ripetute CDE.CDE.
Quello in vigore nel Dolce Stil Novo introduceva nelle quartine la rima incrociata: ABBA/ABBA, forma che in seguito ebbe la prevalenza. Il sonetto è pertanto un genere poetico che ha capacità poliedriche e risponde a funzioni diverse.

(Wikipedia)

Esempio di sonetto con schema: ABBA - ABBA | CDE - EDC:

 
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi non l’ardiscan di guardare.


Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.


Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi non la prova:


e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: sospira.

 
 -Dante Alighieri-