Visto che qui viene trattato Carducci, ed in particolare la sua classicità, vorrei proporre un testo tratto dalle "Odi barbare". Qualche parola di premessa: in esse il poeta ripropone la metrica classica quantitativa secondo i modi di quella moderna, accentuativa e sillabica. Il Carducci individua versi italiani ritmicamente equivalenti a quelli classici, dopo aver letto questi ultimi secondo l'accento. Dopodichè riunisce i versi in strofe. Ecco il risultato: strofe alcaica= 2 endecasillabi formati da 1 quinario piano e uno sdrucciolo, 1 novenario e un decasillabo;
elegiaca= distici formati da settenario+ ottonario ( o ottonario+ novenario) e doppio quinario;
saffica= 3 endecasillabi+ 1 quinario;
asclepiadea= 3 asclepiadei minori, formati cioè da 2 quinari sdruccioli, + 1 quinario sdrucciolo;
nella raccolta v'è prevalenza di alcaiche.
Nota: la raccolta segna il passaggio dalla passione civile per l'attualità al mondo del mito.
Ecco un breve poesia che dovrebbe ( spero) esemplificare quanto detto. Il titolo è "Egle". Si tratta di un'ode in distici elegiaci.
Stanno nel grigio verno pur d'edra e di lauro vestite
Ne l'Appia trista le ruinose tombe.
Passan pe 'l ciel turchino che stilla ancor da pioggia
Avanti al sole lucide nubi bianche.
Egle, levato il capo vèr quella serena promessa
Di primavera, guarda le nubi e il sole.
Guarda: e innanzi a la bella sua fronte più ancora che al sole
Ridon le nubi sopra le tombe antiche.