Autore Topic: Eugenio Montale  (Letto 13086 volte)

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khay

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Eugenio Montale
« il: Lunedì 2 Aprile 2007, 22:52:04 »
HO SCESO, DANDOTI IL BRACCIO...

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tutt'ora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.


[Modificato il titolo del post. I titoli dei post non in tutto maiuscolo, per favore]
« Ultima modifica: Giovedì 5 Aprile 2007, 09:18:21 da Luigi (Webmaster) »

khay

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Re: Eugenio Montale
« Risposta #1 il: Martedì 3 Aprile 2007, 00:46:11 »
Una breve biografia:

Nato a Genova nel 1896, Montale trascorre la giovinezza tra
 la città natale e Monterosso, paese presso La Spezia, dove
la famiglia possiede una casa per le vacanze.
Interrotti gli studi tecnici, si dedica al canto e alla musica,
finchè non viene arruolato per partecipare alla prima guerra
mondiale. Al rientro a Genova, frequenta gli ambienti
letterari, nel 1922 pubblica la raccolta "Accordi" e nel 1925
 la prima edizione di "Ossi di seppia".
Pochi mesi dopo prende posizione contro il fascismo,
sottoscrivendo il manifesto degli Intellettuali Antifascisti
promosso da Benedetto Croce. Trasferitosi a Firenze nel
1927, diventa direttore del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux, ma viene licenziato nel 1938 perchè non iscritto
al partito fascista.
 Nel 1939 esce la raccolta le Occasioni, nel 1956 La bufera.
Nel dopoguerra lavora a Milano al "Corriere della sera".
 Nel 1967 viene nominato senatore a vita e nel 1975 è
insignito del Premio Nobel. Le ultime raccolte sono "Satura",
 "Diario del ''71 e del ''72", "Quaderno di quattro anni".
 Montale occupa un posto preminente nella cultura del ' 900,
 come testimone della crisi di un secolo e interprete originale,
 per sensibilità e scelte stilistiche, della condizione spirituale dell'uomo moderno.
Muore a Milano nel 1981.
(da:Poesia,Antologia illustrata di Elvira Marinelli)
« Ultima modifica: Giovedì 5 Aprile 2007, 09:15:47 da Luigi (Webmaster) »

Offline Maurizio Brancaleoni

Re: Eugenio Montale
« Risposta #2 il: Mercoledì 4 Aprile 2007, 17:52:24 »
MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO

Meriggiare pallido e assorto

presso un rovente muro d'orto,

ascoltare tra i pruni e gli sterpi

schiocchi di merli, frusci di serpi

 

Nelle crepe del suolo o su la veccia

spiar le file di rosse formiche

ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano

a sommo di minuscole biche.

 

Osservare tra frondi il palpitare

lontano di scaglie di mare,

mentre si levano tremoli scricchi

di cicale dai calvi picchi.

 

E andando nel sole che abbaglia

sentire con triste meraviglia

com'è tutta la vita e il suo travaglio

in questo seguitare una muraglia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
« Ultima modifica: Giovedì 5 Aprile 2007, 09:16:07 da Luigi (Webmaster) »
«Nέμεσις δέ μοι εξ ανθρώπων έσσεται (Nèmesis dè moi ex antròpon èssetai), "e io ne avrò biasimo dagli uomini"»
 (Omero, Odissea (2, 136))

Offline Patrizia Chini

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  • Bella: la mia pigotta
  • Nel sito Scrivere: Le sue poesie
Re: Eugenio Montale
« Risposta #3 il: Giovedì 5 Aprile 2007, 02:03:55 »
"Meriggiare pallido e assorto"... la poesia che leggevo e rileggevo tante volte ai tempi della scuola superiore, un istituto magistale che non mi dato più di tanto, ma che ha il merito di avermi fatto conoscere Montale e soprattutto questa poesia.
Quando iniziavo a leggerla mi dava un senso di abbandono, proprio di quelle giornate estive quando il caldo pomeridiano indurrebbe a sdraiarsi all'ombra di un albero, chiudere gli occhi e godere del verso stridulo delle cicale, un po' ipnotico che concilia la "pennichella".
"Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare" ...
...e Vedevo il mare e il suo movimento un po' tremulo che ne spezzetta la superficie e ne fa tantti specchietti che rimandano la luce del sole.
Mi affascinava la chiusa, ci trovavo una certa gratificazione nel leggerla come fosse mia...A quell'età ancora non sapevo quanto fosse  vera la realtà di quei versi eppure la percepivo tutta. Quindi sono grata a chi 'ha pensato di inserirlo nel gruppo di lettura.

Anche l'altra... letta tante volte e ogni volta mi regala sempre la stessa commozione quella che scopriamo quando aiutiamo chi è in difficoltà: riceviamo più di quel che diamo e non sono gli occhi ad avere il privilegio di vedere si può vedere molto di più anche senza.

Patty
« Ultima modifica: Giovedì 5 Aprile 2007, 09:16:35 da Luigi (Webmaster) »
P.C.

Offline Zima

Re: Eugenio Montale
« Risposta #4 il: Giovedì 5 Aprile 2007, 23:15:44 »
grazie cristina d aver aperto qst post...adoro montale! quante volte ho letto e riletto queste poesie!!

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.


ricordo la prima volta ke da bambina ho letto questa poesia, immaginando una scena in cui qst scale erano immerse nel vuoto...che strana cosa!

non è forse questa una delle manifestazioni d'amore più grandi ke si possano ricevere?...io lo vedo come l'annullarsi per rivivere nell'altro...
"proverò a spaccare
meridiane di silenzio,
come ghiaccio
sui mattoni della piazza
e sotto i nostri piedi"
r.d.

khay

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Re: Eugenio Montale
« Risposta #5 il: Martedì 10 Aprile 2007, 13:48:14 »
Riprendendo i versi:

“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale"

Montale utilizza con estrema efficacia una figura retorica:
l' iperbole che ha la caratteristica di esagerare la descrizione della realtà usando termini che amplificano o riducono il concetto.

"e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino"

Non poteva essere più desolante quest'immagine...
Il poeta riesce a farci scendere il vuoto del gradino ed il vuoto del suo cuore in un solo verso....proprio insieme a lui...

Qualcuno vuole aiutarmi a commentare i versi successivi?
Proviamo una analisi di gruppo?
« Ultima modifica: Martedì 10 Aprile 2007, 13:52:37 da Cristina Khay »

alexandra

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Re: Eugenio Montale
« Risposta #6 il: Martedì 10 Aprile 2007, 15:06:04 »
"Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio".

Vivere intensamente un sentimento, cambia il nostro relazionarci al tempo, tutto trascorre più velocemente e senza che ci tocchi più di tanto, ma poi quando finisce senza la nostra volontà ci appare nella sua interezza: breve - perchè vissuto pienamente e con felicità, lungo viaggio - forse perchè ha allungato un sogno vano o illuso i sensi!

per quanto riguarda la strutturazione di tale verso la lascio fare a voi, vi comunico solo le emozioni che mi ha provocato!

Offline Stefano Toschi

Re: Eugenio Montale
« Risposta #7 il: Mercoledì 11 Aprile 2007, 15:12:04 »
La prima poesia “Ho sceso, dandoti il braccio…” appartiene alla raccolta “Xenia” (pubblicata in Satura nel 1971), si tratta di un’opera tarda del poeta dedicata alla memoria della moglie. “Meriggiare pallido e assorto” appartiene invece a “Ossi di seppia” del 1925.
Mi sembra interessante confrontare l’asprezza di “Meriggiare” con la dolcezza della prima pur nel permanere di certi temi.
Il discendere “un milione di scale” con “il vuoto ad ogni gradino” ricorda il “seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”, ma il franare inevitabile di quella natura secca e insensata è addolcito dalla presenza della compagna al fianco, seppure solo nel ricordo.
In “Meriggiare” la possibilità di un superamento è data dal “palpitare lontano di scaglie di mare”, nella prima, al di là del vedere, perché le pupille sono comunque “offuscate”, mi colpiscono quei misteriosi versi centrali:
"Il mio dura tutt'ora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede
."
che lasciano balenare la possibilità di qualcosa di assoluto oltre un apparenza effimera.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

khay

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Re: Eugenio Montale
« Risposta #8 il: Mercoledì 11 Aprile 2007, 21:52:14 »
Molto interessante questa tua analisi approfondita e comparativa dei due diversi momenti poetici...
Effettivamente la colonna portante del sentire esistenziale è lo stesso, passato attraverso il filtro delle esperienze nel tempo...
Grazie dell'ulteriore attenzione che mi hai costretto a dedicare ai suoi versi.

 :) Cri  :)

Offline Grandesempre Giorgio

Re: Eugenio Montale
« Risposta #9 il: Lunedì 23 Aprile 2007, 10:54:12 »
"La vita di Eugenio Montale è la vita di un uomo schivo, distaccato e disilluso verso se stesso e la propria stessa esistenza: scrivendo «sempre da povero diavolo e non da uomo di lettere professionale», diviene uno dei massimi rappresentanti della poesia e della cultura contemporanea."

"Montale è considerato dalla critica uno dei maggiori intellettuali italiani antifascisti."
Non smettere mai di cercare ciò che ami, finirai per amare ciò che trovi!

Offline Stefano Toschi

Re: Eugenio Montale
« Risposta #10 il: Venerdì 27 Aprile 2007, 21:37:17 »
LA CASA DEI DOGANIERI

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
 
Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.

Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

(da LE OCCASIONI, 1939)
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: Eugenio Montale
« Risposta #11 il: Venerdì 27 Aprile 2007, 21:40:11 »
Questa poesia, una delle più famose di Montale, propone molti dei temi tipici della sua poetica:
il senso della caducità dell’esistenza che si riflette nel paesaggio aspro, franoso, sconvolto dalla tempesta; la vanità del ricordo come possibile argine alla ineluttabile erosione di ciò che ci è più caro; il baluginare della possibilità di un varco, una via di uscita a questo non senso, associata con il mare e con il rapporto, ormai irrecuperabile, con la donna amata.

Dal punto di vista della metrica le quattro strofe alternativamente di cinque e sei versi sono composte prevalentemente da endecasillabi, vi sono poi numerosi versi di dodici sillabe composti da un settenario e da un quinario. Numerose sono anche le rime e le assonanze irregolarmente distribuite tra i versi.
L’uso di endecasillabi, settenari e quinari, così come di rime ed assonanze irregolari è assai diffuso nella poesia di Montale.

Da notare anche la ripetizione dell’espressione “Tu non ricordi” all’inizio, al centro e alla fine del testo a ribadire che questo rende vano anche il ricordare del poeta “…un filo s’addipana. / Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana / la casa…”.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Marina Como

Re: Eugenio Montale
« Risposta #12 il: Mercoledì 2 Maggio 2007, 16:40:22 »
"Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio".

Vivere intensamente un sentimento, cambia il nostro relazionarci al tempo, tutto trascorre più velocemente e senza che ci tocchi più di tanto, ma poi quando finisce senza la nostra volontà ci appare nella sua interezza: breve - perchè vissuto pienamente e con felicità, lungo viaggio - forse perchè ha allungato un sogno vano o illuso i sensi!

per quanto riguarda la strutturazione di tale verso la lascio fare a voi, vi comunico solo le emozioni che mi ha provocato!
a me il testo parla della brevità della vita, (ed è subito sera) tanto più nel rimpianto di essere consapevoli di averla avuta lunga accanto alla persona amata. ed ora che si è da soli, si capiscono quanto siano superficialità che ci circondano.
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Offline Rb

Re: Eugenio Montale
« Risposta #13 il: Giovedì 24 Maggio 2007, 19:40:52 »

   perchè quando leggo i grandi poeti delle antologie accreditati come universali, finisco per pensare che in fondo le loro poesie sono scontate e banali, che c'è tanta gente senza sponsorizzazione che scrive anche meglio, e che di poesie veramente valide nella vita di un poeta accreditato ce ne sono al massimo due ?
E quando parlo di poeti accreditati intendo il massimo.
Resto sempre in assoluta estasi quando leggo l'Iliade, l'Odissea, l'Eneide, L'Orlando Furioso, la Gerusalemme Liberata, senza contare La Divina Commedia e altro ancora, ma
tra i contemporanei, pochi incidono versi nella mia anima
e di quei pochi
solo pochissimi versi.

Offline Stefano Toschi

Re: Eugenio Montale
« Risposta #14 il: Sabato 26 Maggio 2007, 12:28:46 »
   perchè quando leggo i grandi poeti delle antologie accreditati come universali, finisco per pensare che in fondo le loro poesie sono scontate e banali, che c'è tanta gente senza sponsorizzazione che scrive anche meglio, e che di poesie veramente valide nella vita di un poeta accreditato ce ne sono al massimo due ?
E quando parlo di poeti accreditati intendo il massimo.
Resto sempre in assoluta estasi quando leggo l'Iliade, l'Odissea, l'Eneide, L'Orlando Furioso, la Gerusalemme Liberata, senza contare La Divina Commedia e altro ancora, ma
tra i contemporanei, pochi incidono versi nella mia anima
e di quei pochi
solo pochissimi versi.


Non ti posso dare del tutto torto. Effettivamente quando si vanno a confrontare i grandi poeti del novecento con i grandi classici dei secoli passati, si ha l’impressione che diventino piuttosto piccoli.
Manca quel potente soffio spirituale, quella sensazione di uno squarcio aperto sull’ineffabile che sottende la banalità della vita di tutti i giorni.
Il motivo credo che sia nel fatto che l’arte del novecento si è fatta interprete di una crisi di civiltà, sia nelle forme che nei contenuti, e nel farsi interprete di questa crisi, che è anche del singolo individuo, abbia perso il contatto con la dimensione archetipica dell’arte.
E’ la conseguenza di una scissione tra civiltà e natura, tra ragione e sentimento, tra coscienza e inconscio che deve necessariamente preludere, a mio avviso, ad un recupero dell’unità su un diverso livello ed alla rielaborazione di un espressività artistica che ne sappia esprimere l’armonia, seppure in una dialettica con la inevitabile drammaticità dell’esistenza, come è sempre stato.
Ciao, Stefano.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)