La poesia italiana fa schifo
di Rendo
Secondo me, la poesia italiana contemporanea, fa schifo. E’ priva di rivelazioni, di mondo, di ritmi e forme, di accensioni, di capacità di penetrazione dell’umano fuori dell’umano e dell’umano interno all’umano. E’ priva di idee, di spinta passionale e conoscitiva, di strutture, di capacità di stare all’altezza della narrativa. E’ priva di autori, di menti, di saperi, di capacità di connettere i saperi al mondo e alla letteratura. E’ priva di intensità, di slancio fisico e di ambizione metafisica. E’ totalmente priva di sapienzialità, sia essa laica o spiritualista. E’ priva di spirito. E’ desertificata, annichilita dall’evenienza editoriale, che non è mai stato un problema per la poesia. E’ irriconoscibile, morta alle orecchie, meno morta della critica ma certo più morta della prosa. Non è letteraria e non è vitale. Non è centrale. Fa schifo. A parte alcune eccezioni, i poeti italiani sono l’allucinazione di una nostalgia senza riflessi nel mondo.
Sono serio e non scherzo: non esiste più, la poesia italiana. Possiamo scendere al di sotto di certe soglie di rigore (un rigore che, se è, è totale: non filologico o scientista) e dire che è tutto bello, è tutto vero, c’è speranza, i poeti cosiddetti degli anni Settanta lasciano intravvedere, eccetera. Questo è plausibile, finché si sta facendo divulgazione culturale. Quando però si invocano le ragioni serie e assolute per determinare fino a che punto una scrittura poetica sia necessaria (e sia necessaria la sua pubblicazione, cioè la sua messa in comune), allora si deve elevare quella soglia del rigore – e dire davvero cosa resta. Beninteso: sarà sgradevole, sarà saccente, sarà odioso.
– di Giuseppe Genna, ripreso su “nabanassar” il 7 aprile 2003 da “Clarence” –
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