scrivo di getto prima di pentirmi...in effetti so già, me ne pentirò...
prima cosa, per alcuni autori (cattivoni cattivoni e bricconcelli...) il training, ovvero la formazione ( ah ah e poi ancora ahahahah...) dura quasi da sempre, alternata a momenti di concessione di pubblicazione diretta, di cui poi evidentemente la direzione e/o la redazione si è pentita, retrocedendo il cattivone alla condizione di poeta in formazione....ahahahah...scusate rido perchè mi riferisco, a esempio, a uno degli autori più in vista del sito negli anni passati, del quale, sono sicura, non sarà sfuggito ai più, non si legge più nulla (dopo l'ultima battuta d'arresto...)
indi per cui...è tutto a mio avviso opinabile
è sufficiente far comparire la parola "culo" in una poesia (non leggete Rimbaud o potreste scuotervi troppo...) per meritare la retrocessione (solo per i più fortunelli però...)
al contrario si possono tranquillamente pubblicare per direttissima testi (lungi da me chiamarle poesie) pieni di errori grammaticali, uno dei più gettonati: dà, voce del verbo dare, senza accento sulla a, che diventa preposizione: da...
e qui mi fermo, l'elenco è lungo e noioso;
va detto per correttezza, che spesso sono altri autori a "segnalare" tizio o caio alla redazione, che non può far altro che intervenire, così che un regolamento con buone intenzioni, strumentalizzato, richiamato ad hoc, diviene per questi autori un modo per mettere a tacere frustrazioni e invidie, vendette e chissà, velleità di giudice...
aggiungo per migliore informazione, che la decisione di pubblicazione, ovvero l'ultima e unica parola in merito, di un testo al vaglio, è esclusiva della Redazione (di cui non conosciamo la composizione effettiva) e il comitato di lettura non ha alcuna influenza a riguardo. Smentitemi se sbaglio.
Così possiamo, possono, potranno chi per essi, rivolgere a una fantomatica Redazione richieste di eventuali spiegazioni, senza sapere esattamente con chi si sta tentando un dialogo. E va bene così, perchè siamo in casa d'altri, abbiamo sottoscritto un regolamento e se non ci piace nessuno ci obbliga a rimanere....
stempererei il mio intervento, concludendo che mi sono fatta l'idea che il regolamento sia uno strumento più utile a definire una linea editoriale, condivisibile o no, che a indicare la validità di un testo poetico, con buona pace di chi, come me, non ritiene che la discorsività sia "sempre" censurabile. A questo proposito a nulla valgono le tante citazioni, anche di premi nobel come la Szymborswka, o del Rimbaud di prima, visto che la scelta di pubblicazione è fatta su altre basi, direi appunto di linea editoriale, gusto personale, più che su regole universalmente adottabili, così difficili da definire.
Buon proseguimento...grazie per l'ascolto
Angela