Autore Topic: Traduzione "L'infinito" di Leopardi  (Letto 11910 volte)

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Offline paolo corinto tiberio

Re: Traduzione "L'infinito" di Leopardi
« Risposta #30 il: Giovedì 25 Agosto 2011, 01:38:46 »
non so proprio cosa diavolo vi piglia... leggo post pieni di arrabbiature, risentimenti, rancori... sarà l'afa?... non so... >:(
chi ripicca se gli tocchi pirandello, chi s'incazza per il latino, chi mette il muso se lo critichi... chi annuncia chiusure, chi si blinda... oltre il lavorio spietato della redazione del sito volto a censurare qualsiasi cosa appaia loro oscura e pertanto portatrice di chissà quali nefandezze... >:(
lascio pirandello (per carità!) e mi prendo il latino, col rischio di far arrabbiare maggiormente chi già lo è... primo, nessuno sa come la gente romana "pronunciava" le parole: nessuno è arrivato vivo fino a noi per raccontarcelo né ci sono state tramandate cassette audio o dvd di quel periodo... secondo, la storia della lingua letteraria afferma un'evoluzione, cosicché il latino che parlava Ennio o Plauto era formalmente differente dal latino che tuonava Cicerone eppoi Seneca eppoi Marziale... terzo, nel periodo dell'affermazione del cristianesimo la lingua latina aveva cambiato completamente aspetto, anche la letteratura volgeva ormai alle agiografie, agli scritti apologetici, ai salmi e alle omelie... unica eccezione riguardo la Lingua Tertulliano, il quale nella sua notevole arte guardava più all'indietro che davanti... quarto, pensare di rivitalizzare oggi il latino è aver perso completamente la tramontana: una lingua è abito vivente d'una comunità (più o meno grande), cioè deve incarnarsi nell'operaio, nel contadino, nel negoziante, nel bambino e poi al mercato, sul treno, in casa, ovunque... in questo senso una lingua è viva e non un mortorio...  >:(
pertanto, tradurre "seriamente" un testo di leopardi dall'italiano (dall'italiano?... ma quale "italiano"!) in un 'altra lingua significa tralasciare necessariamente il sovrappiù semantico che è l'essenza propria della poesia... e pace! dicono i bravi traduttori, perdo qualcosa ma cerco di rendere la forma o la sostanza o cerco il ritmo, eccetera... una poesia può paragonarsi ad una carta geografica... i geografi (assieme ai marinai) sanno che rendere la superficie curva della terra su di una carta è cosa estremamente difficile... da come proietto posso avere invarianza per esempio riguardo agli angoli formati dai meridiani ma mi si sguastano le superfici, e viceversa... e un buon traduttore "proietta" in un modo, non in tutti i modi contemporaneamente...
nello specifico domando a voi se la traduzione della parola "ermo", ch'è la forma sincopata di "eremo" e che avete commutato con "solitario" ha la stessa valenza semantica della corrispondente parola inglese o fancese o russa... la valenza è diversa  (a dire il vero) anche tra un abitante di recanati che riferisce il colle al monte Tabor e un romagnolo che abita la pianura più piatta e un abitante della terra d'abruzzo, piena di eremitaggi... e il "guardo"?... e "spaura"?... per non parlare del ritmo e della musicalità...  >:(
solo come spazio ludico può caratterizzarsi  e fruttare, anche in termini di conoscenza, questo trend, tutti gli altri modi annegano nel ridicolo...  :D :D :D :D
salvatico è quel che si salva

Offline Michele Tropiano

Re: Traduzione "L'infinito" di Leopardi
« Risposta #31 il: Giovedì 25 Agosto 2011, 01:55:36 »
Tiberio, io sono d'accordo con te in tutto! Ribadisco... il mio è solo un gioco!

P.S. per tradurre "ermo", che era una parola arcaica e poetica già quando il buon Giacomo s'ingegnò di scrivere questi versi, ho usato la forma arcaica nonché poetica del nominativo "desertos" che naturalmente non rende bene il concetto ma quantomeno si avvicina...  ;) ;)
Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non Aquilo inpotens
possit diruere aut innumerabilis
annorum series et fuga temporum.
(Horatio, Carmina III, XXX)

Offline DarioC 85

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Re: Traduzione "L'infinito" di Leopardi
« Risposta #32 il: Giovedì 25 Agosto 2011, 10:39:18 »
primo, nessuno sa come la gente romana "pronunciava" le parole: nessuno è arrivato vivo fino a noi per raccontarcelo né ci sono state tramandate cassette audio o dvd di quel periodo... secondo, la storia della lingua letteraria afferma un'evoluzione, cosicché il latino che parlava Ennio o Plauto era formalmente differente dal latino che tuonava Cicerone eppoi Seneca eppoi Marziale... terzo, nel periodo dell'affermazione del cristianesimo la lingua latina aveva cambiato completamente aspetto, anche la letteratura volgeva ormai alle agiografie, agli scritti apologetici, ai salmi e alle omelie... unica eccezione riguardo la Lingua Tertulliano, il quale nella sua notevole arte guardava più all'indietro che davanti... quarto, pensare di rivitalizzare oggi il latino è aver perso completamente la tramontana: una lingua è abito vivente d'una comunità (più o meno grande), cioè deve incarnarsi nell'operaio, nel contadino, nel negoziante, nel bambino e poi al mercato, sul treno, in casa, ovunque... in questo senso una lingua è viva e non un mortorio... 
primo:l'italiano o il francese o l'inglese del '400 sono gli stessi che si parlano adesso?L'evoluzione di una lingua è normalissima, ma si parla pur sempre di italiano, francese o inglese...
secondo:se il primo punto è vero, tanto più può valere per il latino...Che la pronuncia di Cesare possa essere stata diversa non significa nulla;c'è una lunga tradizione latinista che ha sviluppato tale lingua, il suo modo di scrittura e la sua pronuncia, e non capisco perché non si debba parlare correttamente di latino
terzo:che una lingua debba essere parlata in una comunità per essere viva è vero...ed infatti la Chiesa Cattolica parla il latino (non tutti, è vero, ma ad es. i Cardinali in Conclave parlano latino e non altre lingue...e per l'esame che abilita alla professione di avvocato per la Sacra Rota è necessario-tra le altre prove-sostenere un colloquio di un'ora interamente in latino...)

Ovviamente non per far polemica, ma per contribuire con qualche dato ad una parte della discussione.
Chiedo scusa a Michele della divagazione, in questo topic-gioco molto divertente ed interessante.

Offline Michele Tropiano

Re: Traduzione "L'infinito" di Leopardi
« Risposta #33 il: Giovedì 25 Agosto 2011, 11:16:53 »
primo:l'italiano o il francese o l'inglese del '400 sono gli stessi che si parlano adesso?L'evoluzione di una lingua è normalissima, ma si parla pur sempre di italiano, francese o inglese...
secondo:se il primo punto è vero, tanto più può valere per il latino...Che la pronuncia di Cesare possa essere stata diversa non significa nulla;c'è una lunga tradizione latinista che ha sviluppato tale lingua, il suo modo di scrittura e la sua pronuncia, e non capisco perché non si debba parlare correttamente di latino
terzo:che una lingua debba essere parlata in una comunità per essere viva è vero...ed infatti la Chiesa Cattolica parla il latino (non tutti, è vero, ma ad es. i Cardinali in Conclave parlano latino e non altre lingue...e per l'esame che abilita alla professione di avvocato per la Sacra Rota è necessario-tra le altre prove-sostenere un colloquio di un'ora interamente in latino...)

Ovviamente non per far polemica, ma per contribuire con qualche dato ad una parte della discussione.
Chiedo scusa a Michele della divagazione, in questo topic-gioco molto divertente ed interessante.
Scusami Dario ma non ho capito la tua obiezione... alla com fine dici le stesse cose di Tiberio con parole diverse...  ??? ???in ogni caso gradirei che chi interviene in questo post sì cimenti anche in una traduzione... se non sai altre lingue, Dario, prova con il tuo dialetto! tanto è un gioco, non stiamo qui a giudicate, è più per mettere alla prova se stessi....
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Re: Traduzione "L'infinito" di Leopardi
« Risposta #34 il: Giovedì 25 Agosto 2011, 13:01:38 »
quoto Tropiano.
vogliamo tradurre, per quanto sia un gioco sciocco, oppure continuare a protestare?
io mi sono divertita nel farlo, ho ritenuto un omaggio gigante a lui, al mitico Giacomino con due gobbette e sono sicura che lui riderebbe moltissimo (per fortuna...vista la vita deprimente che ha fatto) delle nostre sciocche intenzioni.
e magari penserebbe: ma pensa te, che roba in latino, aramaico e giapponese... e io che non avevo niente da fare quel giorno...
insomma, io lo considero un omaggio al suo genio, col mio di piccolissimo genio.
e anche un bel gioco

Offline paolo corinto tiberio

Re: Traduzione "L'infinito" di Leopardi
« Risposta #35 il: Giovedì 25 Agosto 2011, 13:23:23 »
Tiberio, io sono d'accordo con te in tutto! Ribadisco... il mio è solo un gioco!

P.S. per tradurre "ermo", che era una parola arcaica e poetica già quando il buon Giacomo s'ingegnò di scrivere questi versi, ho usato la forma arcaica nonché poetica del nominativo "desertos" che naturalmente non rende bene il concetto ma quantomeno si avvicina...  ;) ;)

... e tradurre è proprio cercare di avvicinarsi all'oggetto... e non è che sfugge l'interpretante, ma lo stesso oggetto, che non si lascia mai afferrare... nel tradurre può instaurarsi una comparazione tra due paradigmi contrattuali... perché tra l'essere "inglese" e l'essere "italiano" almeno v'è comunanza del percepito (un'anguria è rossa per entrambi, anche se uno dice "rosso" e l'altro "red")... è da questa possibilità che sono partiti quegli uomini che hanno inteso costruire una Lingua Universale, tale da essere capita da chiunque...  ma avversa tali progetti la natura "contrattuale" del significato... :)
salvatico è quel che si salva

Offline paolo corinto tiberio

Re: Traduzione "L'infinito" di Leopardi
« Risposta #36 il: Giovedì 25 Agosto 2011, 13:39:56 »
primo:l'italiano o il francese o l'inglese del '400 sono gli stessi che si parlano adesso?L'evoluzione di una lingua è normalissima, ma si parla pur sempre di italiano, francese o inglese...
secondo:se il primo punto è vero, tanto più può valere per il latino...Che la pronuncia di Cesare possa essere stata diversa non significa nulla;c'è una lunga tradizione latinista che ha sviluppato tale lingua, il suo modo di scrittura e la sua pronuncia, e non capisco perché non si debba parlare correttamente di latino
terzo:che una lingua debba essere parlata in una comunità per essere viva è vero...ed infatti la Chiesa Cattolica parla il latino (non tutti, è vero, ma ad es. i Cardinali in Conclave parlano latino e non altre lingue...e per l'esame che abilita alla professione di avvocato per la Sacra Rota è necessario-tra le altre prove-sostenere un colloquio di un'ora interamente in latino...)

Ovviamente non per far polemica, ma per contribuire con qualche dato ad una parte della discussione.
Chiedo scusa a Michele della divagazione, in questo topic-gioco molto divertente ed interessante.

io non so quale concetto stai portando avanti... che oggi bisogna o si deve o sarebbe bello parlare latino?... il latino piace anche a me... il problema è invece il senso da dare ad una traduzione di un testo di un poeta dell'800 in latino, non il senso da dare ad una traduzione di un testo latino in italiano... quest'ultimo un senso ce l'ha... mentre quell'altro ce l'ha igualmente ma solo in uno spazio "ludico"
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Offline caligola

Re: Traduzione "L'infinito" di Leopardi
« Risposta #37 il: Lunedì 24 Ottobre 2011, 19:10:20 »
...la definizione di lingua morta è una delle più grosse cretinate mai dette ma purtroppo se ci riferiamo alla capacità di parlare questa lingua con cognizione di causa, allora sì che è bella che defunta...ormai attivamente la usa solo il santo padre la domenica per dire cose che forse nemmeno lui stesso capisce...


Questa allusione al santo padre te la potevi anche risparmiare, è davvero di pessimo gusto.
« Ultima modifica: Lunedì 24 Ottobre 2011, 19:12:23 da caligola »

Offline poeta per te zaza

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Re: Traduzione "L'infinito" di Leopardi
« Risposta #38 il: Lunedì 24 Ottobre 2011, 22:00:13 »
"Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quïete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare."  Giacomo Leopardi.

                                           L’INFINITO nell’anno 2011

Sempre cari ho sentito questo colle

e la siepe che tanto dell’orizzonte esclude.

Ma seduto a mirare sterminati spazi

oltre, e requie profonda e sublimi

silenzi, nell’idea mi figuro

sino a  paura averne,

e come il vento rotola

fra queste fronde, e mormora

d’una sua voce, io le comparo

l’infinito tutto e le morte stagioni,

e la presente e viva, e il suon di lei.

In questa immensità  il mio pensier s'annega

e a inabissarmi godo in questo mar.


poeta per te zaza


di sabbia e catrame è la vita...
o scorre o si lega alle dita...