L'intrusione, Adelaide, è ben accetta perchè mi da modo di spiegare il mio pensiero fin qui pervenuto evidentemente solo in parte.
Questo topic nasce come un gioco per movimentare un forum che talvolta mi pare un cimitero, e farlo tramite la cultura, la sperimentazione di uno stile a molti sconosciuto, come quello della costruzione metrica, troppo difficile e faticoso per poter essere intrapreso da chiunque.... ecco, allora, che anche nelle mie parole c'era un velo di ironia... che forse non è stato colto?!
nessuno più di un matematico e in generale di chi si occupa di studi scientifici può apprezzare lo sforzo che si nasconde dietro l'armonia della forma metrica, ed io che studio ingegneria e al contempo mi diletto a buttar giù pensieri su un foglio, apprezzo molto. anzi, credo addirittura che studiare la metrica, impossessarsi degli strumenti che essa mette a disposizione, sia un passo verso l'armonia da raggiungere nel verso sciolto. è così difficile armonizzare, ritmare e rendere musicali i versi sciolti, che senza l'ausilio delle conoscenze tecniche fornite dalla metrica, il risultato non può essere garantito.
a questo punto è chiaro che io non ho nulla contro chi scrive in rima, non lo disprezzo e non ritengo questo modo di esprimersi inferiore a nessun altro, anzi, ritengo sia fondamentale la sua conoscenza... per l'applicazione poi, ognuno è libero di esprimersi come meglio crede. ma mi fa sorridere sentire chi pensa che il verso sciolto sia solo "pensieri buttati giù in un momento di particolare disposizione dellanimo, più simili a prosa che a poesia" esente da regole... ebbene è falso, assolutamente falso, e dipende sostanzialmente da chi e come lo fa. mi sembra per lo più il contrario, e cioè che sia chi scrive in cosruzione metrica a disprezzare e ritenere inferiore chi si esprime diversamete...
anche la riuscita di un sonetto o di una qualunque poesia incatenata alla rima e al metro dipende da chi la compone... o sbaglio? non tutti sono ben riusciti, talvolta le rime sono forzate e i versi striduli perchè costretti in una gabbia che era quella sbagliata.