E' fondamentalmente significativo come, dalla iniziale domanda di Relavius, il discorso si sia spostato sulla necessità/esigenza di distinguere o confrontare due concetti che hanno sempre riscosso attenzione nella storia del pensiero filosofico e scientifico nel quale spesso si sono incrociati fino a coincidere.
I filosofi medievali s'impegnarono a negare l'esistenza del non essere, e di riflesso del vuoto, in quanto questo implicherebbe il fatto che Dio, oltre all'essere, avrebbe creato anche il non essere, e ciò pare paradossale poiché Dio si presenta nelle Scritture come "ciò che è" .
La "negazione del vuoto" è presente anche in epoca moderna sebbene la riscoperta del neoepicureismo fece riproporre nuovamente la possibilità dell'esistenza del vuoto.
Nella filosofia tedesca il "vuoto" viene a coincidere col "nulla" in senso metaforico all'interno del nichilismo che predica la caduta di tutti i valori privi di fondamento ultimo o metafisico - per Schopenhauer e Nietzsche il nulla è appunto il vuoto lasciato dal senso, dal fine, dai valori.
Nel Novecento, tuttavia, si è assistito alla definitiva separazione tra nulla e vuoto. Si criticano i presunti filosofi che utilizzano in modo scorretto dal punto di vista logico e linguistico certi termini. È il caso della parola "nulla", la quale presa in generale non indica nulla in quanto non è un sostantivo vero e proprio, bensì un quantificatore e può essere usato solo relativamente ad un'unità precisa.
Il "vuoto in sé", "assoluto", cioè "spaziale", è una questione fisica tornata in auge a causa della teoria quantistica; dunque il "nulla" può essere circoscritto alla filosofia ed il "vuoto" alla fisica.
A questo punto è lecita una divagazione sulla concezione di “nulla” come correlazione dell'infinito nella sua accezione cosmica ?
Il nulla in quanto tale è indefinibile e non può essere assoggettato a connotazione spaziale o temporale. L'atto stesso di tentarne una definizione lo porrebbe nello stato di definibile e dunque limitabile o assoggettabile ad uno schema per quanto filosofico possa essere.
Posso immaginare un infinito in cui esiste il “vuoto”? O immaginare spazi in cui è solo il nulla ad essere presente? Ma se il nulla è presente in quegli spazi, non sto definendolo in qualche modo dando ad esso una connotazione spaziale? E dunque se riesco a collocarlo in una dimensione spaziale ne sto delineando i contorni, venendo meno all'asserto iniziale di un nulla non assogettabile alle leggi della spazialità ed temporalità.
Dunque il nulla rappresenta l'assenza anche di pensiero (in quanto anche il pensiero è assoggettabile alla spazialità e temporalità) o di qualsivoglia attività. E' un po' come paragonarlo alla morte: fin quando noi esistiamo lei non esiste, in quell'unico brevissimo istante in cui lei esiste, cessiamo di esistere noi.
E' dunque, filosoficamente parlando, la morte il nulla?