E se presentassi così il mio "poema in prosa" di vaga reminiscenza rimbaudiana, sarebbe diverso?
Immagino di sì visto il risultato del post sulla poesia e sulla prosa.
Non so cosa cercare sotto cieli scuri,
un asfalto d’ebano attorce i piedi
e mi trascina giù.
Non ho più verbi da coniugare
e se provo ad esprimere un concetto,
mi s’incastra fra i denti
come paglia.
Se bastassero i miei cento anni
a costruirmi un cuore d’amianto,
avrei da tempo disteso una sdraio
ai confini del pensiero
e sarei rimasto a vegliare
questo vuoto che mi assedia.
Forse è tempo che ritragga le pupille,
che stenda a volo d’aquila sussurri
sulle cime delle notti insonni,
che si posi il gelo sulla fronte innevata
così che, quando chiamerai,
l’eco di un sospiro ti sarà compagna.
Non è mai vano che ti cerchi,
se dal mio cuore s’innalza ancora un gemito,
ma è forse l’ultimo bisbiglio
quello che rantola,
s’incurva,
s’incunea nella mente,
trova terreno fertile nel giorno
e nella notte germoglia a vita nuova.
Cosa ne sai di ciò muore dentro al petto,
quando i silenzi sovrastano
e le mie mani si adagiano pesanti sopra il capo.
E’ solo cenere che avanza,
deserti screpolati d’amarezza,
campi di terracotta
bombardati da speranze decedute di schianto.
Lo so che non è colpa tua
se il limite per x che tende ad infinito
di uno su x è sempre uguale a zero,
è la matematica che lo impone,
il peggio è quando le parole si schiantano,
penetrando sopra già fragili equilibri
in stallo di morte.