Quarta parte del commento
“S’innalza ora
l’orchidea nera
unico splendor
in cattedrale di cintola”
Ed eccola, l’orchidea, maledettamente “nera”. E’ una metafora di risoluto avvilimento, presagio di pianto, simbolo di dolore, di mesto compimento, di triste epilogo, forse emblema di un irrecuperabile senso di morte. Non solo “emerge”, si stacca nitida e violenta, sul “prato” del poeta (il suo comparire, da solo, sarebbe già più che inquietante…), ma addirittura rappresenta, monopolizza, incarna, avoca a se ogni possibile splendore!
Quando il male di vivere assale…è difficile per tutti…e si è soprattutto soli a doverlo affrontare.
Non si vede luce, non si ode speranza, non si tocca fiducia…bisogna soltanto reagire con quanto abbiamo “dentro” (quel “dentro” a cui sono particolarmente solidale avendo pubblicato, proprio su “Scrivere”, una poesia con medesimo titolo…letta superbamente dalla cara amica Roberta Calce).
“…a due passi
di fierezza il giglio”
Quale elemento si contrappone al “buio” vissuto dall’autore? Il giglio (bianco, in evidente contrapposizione al male…), la sua prorompente fierezza e nobiltà!
E’ lì, a due passi dal poeta, ma questo non lo sfiora, non ne sente il profumo, non ne gode dei colori. L’ha sbirciato, quasi di soppiatto: l’avverte cinico al cospetto del suo dolore, inopportuno, provocatorio…indegno d’esistere.
E cosa rappresenta quel giglio…se non la stessa festa che s’appresta ad incominciare, i sorrisi, la spensieratezza, la passione, l’amore, l’estasi, il sospiro di una donna (scusate, ma per me le donne sono sacre al pari della poesia…e mai inopportune) sul collo che vorrebbe baciarti?