Autore Topic: "Disiecta" di Clodiaf0904  (Letto 3524 volte)

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Offline Stefano Toschi

"Disiecta" di Clodiaf0904
« il: Domenica 28 Febbraio 2010, 19:00:04 »
I.
Cos'è la mancanza.
E' sciogliere il filo
dalla speranza?
Ché se lo fai
neanche si crede al nodo,
ormai.

II.
Nel conservare intero
tutto il sè, forse
alla fine
un te.

III.
E a un tratto la luna mi abbaglia,
faro che segna le strade
nell'alta sterpaglia.
Avvisaglia?

IV.
Dispersa apparenza
e riemersa,
questa è mancanza.
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #1 il: Domenica 28 Febbraio 2010, 19:03:03 »
Ci sono negli scritti di Clodia due linee antitetiche, o forse non esattamente antitetiche.
Alcune delle sue poesie sono pervase da una dolce malinconia, da una musicalità spontanea e discreta che ce le rende facili da gustare. Altre, come questa, si presentano, invece, aspre, ostiche, addirittura sgraziate, la densità dei richiami fonici vi si fa eccessiva, addirittura ossessiva. Questo tipo di poesie sono forse il traboccare smisurato di quelle emozioni, di quei pensieri che nelle prime sono centellinati con attenta misura. Eppure proprio poesie come questa si scoprono ricolme di significati, dalla forma al contenuto, che diventano quasi un tutt’uno.

Ad una prima lettura Disiecta si presenta come una serie di pensieri frammentari, ma il filo che li lega si scopre facilmente, la poesia ha, infatti, un andamento circolare: la domanda iniziale: “Cos’è la mancanza”, trova corrispondenza nel verso finale: “questa è mancanza”. La “mancanza” è dunque il filo conduttore che unifica questi pensieri.
Questa circolarità ricorre abbastanza frequentemente nei testi della nostra autrice e, secondo me, ha una certa valenza “claustrofobia”.
Una altra importante chiave interpretativa per la poesia è il titolo.
Disiectus, da disicio, significa sparso, disperso, ma anche dissipato, abbattuto; in prima istanza è da intendersi come neutro plurale e quindi “cose sparse”, ovvero “pensieri sparsi”, a conferma della nostra impressione iniziale e della forma del testo frammentata in quattro parti. Ma più avanti vedremo che assumerà importanza anche l’altro significato.

Nella prima strofa viene suggerito che la mancanza possa essere quella della speranza, questa viene paragonata ad un nodo (il nodo sul filo della speranza) il quale una volta sciolto non lascia traccia di sé, non si direbbe nemmeno che ci sia mai stato. La speranza non pare recuperabile, la solidità, la palpabilità che essa dava all’esistenza è ormai svanita per sempre.
Nella seconda strofa la mancanza assume l’aspetto dei rapporti interpersonali.
Nel conservare intera sé stessa, senza dispersione nella confusione del mondo esterno, con la sua superficialità, con la sua fretta, con le sue maschere sociali e culturali, forse sussiste la possibilità di un rapporto autentico con l’altro.
(continua)
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #2 il: Domenica 28 Febbraio 2010, 19:03:52 »
Nella terza troviamo una luna che “abbaglia” e “segna le strade”
Ma, di norma, è il sole che abbaglia e sono le stelle a segnare la via.
“Luna” suggerisce la notte, la sua luce è misteriosa, le cose che ne sono illuminate rimangono indefinite; la luna è Diana: femminile, vergine, sfuggente, pericolosa, alternativa, strega.
L’ “alta sterpaglia” è il mondo di cui si è parlato prima che adesso è illuminato da una luce nuova, diversa, anzi opposta a quella del giorno.
“Avvisaglia?”: è un segnale, una possibile risposta alla domanda iniziale.
La quarta strofa è, infatti, una sentenza che risponde a quella domanda: “questa è mancanza”.
“Dispersa apparenza e riemersa”: dispersa (disiecta) e riemersa, cioè scomparsa (o piuttosto sparsa) e riapparsa; che cosa? “Apparenza”. Sparsa nel mondo o dissipata per un istante agli occhi dell’autrice (tanto da farle scorgere la sua realtà, o meglio irrealtà), riemersa, poi, di nuovo.
Dunque apparenza=mancanza.
L’insieme di rapporti falsi, inautentici, superficiali, l’indaffararsi intorno alle futili e fugaci occupazioni dell’esistenza, è apparenza e mancanza.
Mancanza di relazione quindi, ma anche più profondamente di senso.
Ne emerge una “claustrofobia dell’apparenza”: apparenza come luogo chiuso, come prigione in cui l’autrice si sente rinchiusa.
Ecco allora il secondo significato di “disiecta”: abbattuta, dissipata.
La sentenza finale è una specie di illuminazione: dissipare l’apparenza per eliminare la mancanza.
Ma fino a che punto il mondo è apparenza?

Come ho già accennato, rime ed assonanze si rincorrono, interne e in fine verso, con una insistenza che piuttosto che suggerire un’armonia, suscita una sensazione ossessiva. Sembrano essere l’icona di quella “apparenza” che soffoca, che imprigiona (“alta sterpaglia”) e che determina la “mancanza”.
Troppo numerose sarebbero le occorrenze a cui fare riferimento, ed ognuno potrà trovarle da sé. Mi limito ad indicare come esempi, l’insistenza della rima in “aglia” nella terza strofa (rafforzata dall’assonanza di “alta” al terzo verso) e, nella quarta, il ritorno della rima iniziale “anza” con tutta una serie di variazioni ed assonanze (“ersa”, “enza”, “esta”).
Una curiosità che voglio segnalare è il completamento delle rime della sestina della prima strofa con la “rima semantica” filo (“sciogliere il”)-nodo (antitetico a sciogliere).
Da notare, infine, che i versi procedono per unità metriche decrescenti, quasi a rannicchiarsi in sé stessi, quasi un rarefarsi del pensiero (strofa I versi 1-4, poi 5-6; intera strofa II; intera strofa III; strofa IV versi 1-2).
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Clodia

  • Visitatore
Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #3 il: Domenica 28 Febbraio 2010, 19:35:26 »
Ammirata dalle capacità esegetiche di Stefano Toschi in primis ringrazio lui di aver fatto oggetto di lettura un mio scritto, in secundis ringrazio anticipatamente chiunque voglia soffermarsi ed eventualmente esprimere un parere.
Io per ora taccio sul significato proposto, come credo sia giusto in questi casi.


P. S. E anche perché, diciamola tutta, sono emozionatissima  ;D

Offline Marina Como

Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #4 il: Domenica 28 Febbraio 2010, 20:32:45 »
 :)  Si, si si! Lo vorrei fare, provare a dare un'altra interpretazione per come la ho letta io. Ma per questioni di tempo... tornerò.
Per ora... una lettura intrigante, questa tua.
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Offline Stefano Toschi

Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #5 il: Martedì 2 Marzo 2010, 17:56:37 »
Dai Marina, dacci la tua interpretazione. :)
Con una opinione sola, come si fa a discutere?
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Marina Como

Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #6 il: Venerdì 5 Marzo 2010, 23:37:27 »
 :D  Urca... ho il tempoooo!
Innanzitutto grazie a Stefano e alla autrice per questa "chicca" di poesia.
Ho cercato di rimuovere il più possibile, dopo averne fatto tesoro  ;D , le acute osservazioni e spiegazioni di Stefano.
Ad una mia prima lettura, tutto mi suggeriva la "mancanza" del sé, ed anche della difficoltà di intrattenere rapporti veri.  E questa perdita, la caduta nella nostra personale ipocrisia,  il sentirsi a volte intrappolati da essa e dalla superficialità.
 Beh. trovo conferme alla prima mia impressione, specialmente dal titolo che ne suggerisce le diverse letture: abbattuta nell'anima, dispersa nel mondo, dissipata dalla superficialità.
La prima strofa: sciogliere un filo significa anche lasciare andare, nel senso di perdere, ma brava l'autrice, posso leggerne anche il significato opposto: sciogliere le briglie, gettarmi sopra la speranza senza vedere i nodi.
Quel "neanche si crede al nodo" anche, assume doppia valenza: si sciolgono i problemi perchè si intravede la speranza; non si hanno mai dubbi, non ci si pongono domande e ci si butta a capofitto nella speranza che basti la superficialità, oserei dire come se aspettando che "il tempo aggiusti tutto".
Ma qualsiasi interpretazione si voglia dare, la seconda quartina esplicita la vera ricchezza: il nostro proprio io, senza compromessi, è l'unico in grado di garantirci una apertura verso l'altro. Ma anche mi ha ricordato molto il sapersi accettare, il volersi bene per prima cosa, che è l'unica garanzia per essere in grado di amare anche un altro.
La terza strofa la trovo molto interessante, ben congeniata nella immagine della luna che "abbaglia". Nel buio, anche una luce fioca può risultare determinante per vedere al di là di tutta la "sterpaglia" che è cresciuta sopra: sopra di noi, sopra i rapporti che pure esistono, sul mondo che sembra essere infestato. Ma il suolo resiste, una lucetta, un avviso, come un display si accende e ci si riconosce, si riconosce l'altro, il mondo.
A conclusione riavvolgendo il discorso, l'autrice esplicita la sua mancanza. Nel momento in cui lasciamo disperdere la superficialità possiamo dire che le cose che credevamo perdute, sono ritrovate. Ma soprattutto che la vera mancanza è il non vedere quello che possediamo. O, se preferite: la mancanza è il rendersi conto di stare ricadendo nella superficialità.
 :D chissà se sia stata la tua luna ad ispirare il "teorema di Edison" di Benedetta!
http://www.scrivere.info/poesia.php?poesia=132553



« Ultima modifica: Sabato 6 Marzo 2010, 21:39:13 da Marina Como »
Se voglio fare la stronza ci riesco bene.  Talmente bene che quasi quasi ci sono. O forse ci sono.  Si, deciso.

Offline Stefano Toschi

Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #7 il: Sabato 6 Marzo 2010, 11:04:48 »
Grazie Marina.
Vediamo se qualcun'altro vuole esprimere le sue impressioni su questa poesia.
Poi magari ci dirà qualcosa l'autrice.
 :)
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Stefano Toschi

Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #8 il: Venerdì 12 Marzo 2010, 16:07:58 »
Ci sono negli scritti di Clodia due linee antitetiche, o forse non esattamente antitetiche.
Alcune delle sue poesie sono pervase da una dolce malinconia, da una musicalità spontanea e discreta che ce le rende facili da gustare. Altre, come questa, si presentano, invece, aspre, ostiche, addirittura sgraziate...

Un esempio di queste poesie pervase da una dolce malinconia, da una musicalità spontanea, "antitetiche" a quella qui commentata, mi pare sia la seguente, che non trovo sul nostro sito, ma essendo con licenza CC riporto:

E tu che piangevi

Profili dorati e gli specchi
La casa di legno,
il frassino biondo

attenta, attenta a non rompere il niente
bambina di pane
- dicevi, dolcissima voce

le scale, appena lì fuori

morivi
ma non mi lasciavi

in piedi
malferma
e tu che piangevi


Clodiaf0904
« Ultima modifica: Venerdì 12 Marzo 2010, 16:10:00 da Stefano Toschi »
"Ogni certezza è nel sogno" (E. Poe)

Offline Ausilia Giordano

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  • Nel sito Scrivere: Le sue poesie
Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #9 il: Martedì 23 Marzo 2010, 22:47:46 »
Grazie Marina.
Vediamo se qualcun'altro vuole esprimere le sue impressioni su questa poesia.
Poi magari ci dirà qualcosa l'autrice.
 :)
   

DISIECTA

La struttura generale sembra riferirsi e gira, intorno al genere poetico del “Discordo”, in cui la mente del poeta, dislocata dalla realtà per delusioni e disillusioni, approda ad un mondo di confusione mentale da cui sembra non ritrovare “la strada del ritorno”, anche se tanto cercata.
I – Che cos’è che manca: assenza di “elementi di base” che conducono il “filo della vita” e della presa di coscienza. Caduta di un ideale in cui il poeta credeva: ora restano solo  il Vuoto e il Nulla. Se si impegna a ricercare una soluzione, ricade inevitabilmente nel concetto che regge il pensiero filosofico attuale: “La vita è Niente” (morte delle ideologie).
II – Forse è mantenere vivo il concetto del sé (che non è un condizionale “se…”), ma è come un volersi chiudere in se stessi, introspezione esasperata: l’inconscio mostra un “Io” che alla fine non riesce a conservare un rapporto con gli altri, dato l’esagerato tentativo di ripiegamento su se stesso, in quanto il poeta  è impegnato nella conservazione della propria interezza, per timore di dover offrire qualcosa di sé, soffrendo.
III – La mente offuscata dal dubbio e dai timori si ritrova a dover accogliere attimi di lucidità e di riorganizzazione ma è solo un momento (un faro) mentre il “discordo mentale” ha la supremazia sulla volontà e sulla speranza. Ce la potrebbe fare, ma a quale prezzo? Varrebbe la pena di tentare? Vince di nuovo l’insicurezza.
IV – La fiducia in se stesso appare al poeta quale diafana figura, vagante nel buio senza meta ( e riemersa – forse: “è” verbo, dunque si dovrebbe avere: “è riemersa”). La “Fiducia in sé”, la prima tra le “attitudini di base” (J. Piaget) si presenta immatura, priva di fondamenta, per cui crea “insicurezza decisionale” L’autore scopre l’inganno dell’illusione e deve disilludersi, ma la luce della capacità decisionale, come direzione mirata, è assente. Ciao a tutti.         


Clodia

  • Visitatore
Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #10 il: Mercoledì 24 Marzo 2010, 00:46:01 »
Ringrazio infinitamente Stefano, Marina e Ausilia per le loro accurate esegesi.

Passo al tentativo di spiegare il contenuto di questo mio scritto; lo chiamo tentativo perché non mi sembra mai facile (parlo ovviamente per me) razionalizzare ciò che ho "rappresentato".
Sulla forma c'è poco da dire se non ammirare l'analisi di Stefano. Aggiungo solo che le allitterazioni aspre, le rime "ossessive" e la struttura a cerchio sono fenomeni automatici, non decisi a livello cosciente. Derivano dalla mia difficoltà emotiva nel trattare temi che mi coinvolgono. Sicuramente c'è qui qualcosa di claustrofobico, è dovuto al mio "arrovellarmi". Tuttavia nella strofa finale, anche se suona come risposta alla domanda iniziale, in realtà c'è un concetto diverso e più assertivo dell'ipotesi iniziale.

Vado con il contenuto.

I.
Cos'è la mancanza.
E' sciogliere il filo
dalla speranza?
Ché se lo fai
neanche si crede al nodo,
ormai.

La mancanza (di qualcuno, di se stessi o del "senso") si avverte quando non si coltiva speranza (il filo che ci lega alla vita) per il ritrovamento di quello che, appunto, manca. Così, si perde anche la fiducia nell'attaccamento alla vita (il nodo, che come ha detto Stefano è collegato concettualmente al filo).

II.
Nel conservare intero
tutto il sè, forse
alla fine
un te.

Nel mantenersi fedeli a se stessi, invece, quella speranza di trovare un completamento resta intatta. Questa l'unica via: non tradirsi. Non condivido quindi la lettura pessimistica di questo passaggio data da Ausilia, perché è proprio qui che la mia speranza residua fa capolino. In questo passaggio Marina è stata acutissima.


III.
E a un tratto la luna mi abbaglia,
faro che segna le strade
nell'alta sterpaglia.
Avvisaglia?

Strofa "impressionistica" che trae ispirazione dalla natura. L'esegesi datane da Stefano è perfetta: la luna è una luce forte ma non solare, quindi simboleggia la difficoltà della conoscenza. Eppure è incoraggiante, mi illumina il percorso "arido", è un'avvisaglia della verità. La riflessione forse mi porterà a capire da cosa dipende quel mio senso di incompiutezza.

IV.
Dispersa apparenza
e riemersa,
questa è mancanza.

Qui ho usato la congiunzione "e" con coscienza: un'apparenza dispersa E riemersa. Il collegamento con il titolo c'è, ha visto giusto Stefano. Come il titolo (il neutro plurale di "disiectum") indica cose sparse, senza un apparente filo logico; così qui indica qualcosa che "è sembrato" (apparenza) - cioè le esperienze finite, disilluse, nella vita di ognuno di noi o almeno di molti di noi -  ma nello stesso momento si è frantumato (o abbattuto, come dice Stefano), è andato perduto; però è stato qualcosa di talmente forte - per un attimo ha dato senso alla vita - che riemerge inesorabilmente davanti a noi ( a me). Ed è questa la vera mancanza, il disagio doloroso: sapere che qualcosa - poi rivelatasi inconsistente - è stata l'unica ad aver dato senso e che quindi non tornerà mai  realmente. Da questo punto di vista mi associo a quel "senso di sfiducia" rilevato da Ausilia, ma non in me bensì in ciò che la mia vita è stata finora anche indipendentemente da me.
Almeno qui, non mi interessava sostenere alcuna morte dell'ideologia e nemmeno  - come hanno detto Stefano e Marina - il senso di straniamento e vacuità dato dalla società contemporanea; qui parlo di me e del senso della mia vita, delle riflessioni che io faccio sul passato e sul presente. Se poi sia condivisibile (e soprattutto comprensibile nella lettura) lascio decidere a tutti quelli che sono passati e passeranno di qui, gettando un occhio  :)
« Ultima modifica: Mercoledì 24 Marzo 2010, 00:56:19 da Clodiaf0904 »

corripio

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Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #11 il: Mercoledì 24 Marzo 2010, 01:16:00 »
Mai vista una spiegazione ed una interpretazione così accurata. La poesia mi piace molto, devo dire che ora che è nuda mi stordisce per quante cose voleva dire... sono così limitato nell'interpretare o forse nel trasporre le sensazioni provate nella lettura...ma non sono un critico letterario. Brava Clodia ed anche Marina e Stefano.

Clodia

  • Visitatore
Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #12 il: Mercoledì 24 Marzo 2010, 09:06:07 »
Dimenticavo: ho notato che Ausilia ha catalogato Disiecta nel genere "discordo", un genere antico e caduto in disuso dopo il XII secolo, metto sotto il link per chi voglia documentarsi

http://it.wikipedia.org/wiki/Discordo_(componimento)

Ecco, non è una catalogazione attinente: il discordo si sostanzia di un dialogo (un contrasto) spesso fra uomo e donna; siamo quindi lontanii da quello che ho scritto io.

Un saluto a tutti.
« Ultima modifica: Mercoledì 24 Marzo 2010, 09:21:55 da Clodiaf0904 »

crepax73

  • Visitatore
Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #13 il: Giovedì 25 Marzo 2010, 12:14:17 »
Volevo fare i complimenti all'autrice per questa poesia.
L'ho commentata ma ammetto pubblicamente di averla fatta leggere ad un gruppo di amici perché secondo me in certi passaggi è geniale.
Visto che l'invidia non è un sentimento che mi appartiene posso tranquillamente dire : "Quanto vorrei averla scritta io..."

Clodia

  • Visitatore
Re: "Disiecta" di Clodiaf0904
« Risposta #14 il: Giovedì 25 Marzo 2010, 16:02:05 »
Volevo fare i complimenti all'autrice per questa poesia.
L'ho commentata ma ammetto pubblicamente di averla fatta leggere ad un gruppo di amici perché secondo me in certi passaggi è geniale.
Visto che l'invidia non è un sentimento che mi appartiene posso tranquillamente dire : "Quanto vorrei averla scritta io..."


...Sono onoratissima  :)