E' inutile nascondere che, almeno nel nostro sito, una poesia "erotica" riceve letture doppie, e talvolta triple, di quelle avute dalle altre poesie dello stesso autore (sta capitando anche a me, che mi considero alquanto scarso in questo genere... ) , e quindi è forse il caso di approfondire ciò che può essere una poesia erotica.
Secondo me, come un confine geografico posto in pianura è quasi invisibile, e si rischia di passare inconsapevolmente in un'altra provincia, in un'altra regione, così il confine poetico tra erotismo e pornografia è estremamente incerto, ed io sono portato a pensare che esista laddove la descrizione di alcuni particolari che possono portare il lettore ad eccitarsi con l'immaginazione (poesia erotica) diventa la chiara descrizione (sia pure con metafore o parole ricercate) di una scena di sesso (poesia pornografica) .
Per rivedere come trattavano l'erotismo i poeti italiani del Novecento, ho ripreso una piccola antologia comprata molti anni fa, "Poesia erotica italiana del Novecento" , a cura di Carlo Villa, ed. Newton Compton, Roma, 1981.
Tra oltre duecento testi, ho scelto, quasi a caso, cinque poesie, fra le meno lunghe e fra quelle scritte da poeti abbastanza
noti: mi piace qui riportarle.
"Pallore lucente" , di Sibilla Aleramo (da "Poesie" , Mondadori, 1929) :
Pallore lucente, nell'aria e su me, e stupore.
Son sola, tu lontano, denudo spalle e seno,
una grande rosa bianca sono,
ti parevo e sono, dolce di sole, che respira.
Null'altro, e dunque comincia primavera.
Vapora ogni ricordo che non sia d'amore.
"Fanciulla nuda" , di Umberto Saba (da "Il canzoniere" , Einaudi, 1961) :
Nuda in piedi, le mani dietro il dorso,
come se in lacci strette
tu gliele avessi. Erette
le mammelle, che ben possono al morso
come ai baci allettar. Salda fanciulla
cui fascia l'amorosa
zona selvetta ombrosa
vago pudore di natura. Nulla
altro non ha nulla. Due ancora tondeggianti
poma con grazie unite
pare chiamino il mite
castigo della fanciullezza. Oh, quanto
vorrebbero per sé ai suoi occhi il lampo
del piacere promesso,
che paradiso è spesso,
e più spesso è l'inferno senza scampo.
"Romane" , di Mario Tobino (da "L'asso di picche-veleno, amore" , Mondadori, 1974) :
Hanno mammelle pesanti,
occhi cisposi di rimmel,
la fica slabbrata.
Tremolazza nel sonno
la pappagorgia.
"Supina" , di Giovanni Raboni (da "Cadenza d'inganno" , Mondadori, 1975) :
Se ti metti supina
diventa, calmandosi, solo dolcezza
il peso del tuo seno. Di colpo non c'è
bisogno di nasconderlo, non si può giocare perché è tenero e spento
e innocente e basta.
E infine "Lascia l'orinatoio" , di Sandro Penna (da "Confuso sogno" , Garzanti, 1980) :
Lascia l'orinatoio il giovanotto
col membro ancora fuori. Negligenza
adorabile in lui che giunto è appena
a un paese di mare a mezza estate.